COCACOLLA Vs COCA COLA
Brand Naming
COCACOLLA Vs COCA COLA
24/04/2012

Fabio Pasquetto, Redazione di Brandforum.it
Qualche mese fa appare on line l’appello di un gruppo di giovani bloggers che solo per una lettera hanno dovuto chiudere il loro sito “Coca Colla”. A esigerlo: la multinazionale Coca-Cola. Cerchiamo di capirne il senso per entrambe le parti in causa.

Il titolo di questo articolo è stato provocatoriamente “invertito” quanto alle parti in causa, per motivi che emergeranno in seguito.

 
Il caso di cui si parla ha fatto molto scalpore soprattutto (e non solo) nel mondo della blogosfera, per semplicità riporto direttamente alcuni passaggi del comunicato stampa ufficiale (cliccare qui) pubblicato a seguito della ingiunzione presentata dalla multinazionale al team di blogger responsabile della usurpazione del nome identificativo di quello che può senza ombra di dubbio essere ritenuto un vero e proprio “totem” nel mondo dei brand, la Coca Cola appunto.

 


Il commento che seguirà ad alcuni tratti del comunicato, lungi dal voler rappresentare un processo alle intenzioni, è solamente una metodologia volta ad individuare alcuni aspetti a mio avviso poco chiari e che quindi come tali saranno commentati.


Nel comunicato si legge “CocaColla.it è un blog che dal 2010 si occupa di arte, design, advertising, lifestyle e trend della rete, dedicato a chi ama l’arte Contemporanea in ogni sua espressione".


Fin qui nulla di apparentemente anomalo, infatti il blog è una tipica forma di comunicazione e di espressione propria della rete che negli ultimi anni ha preso sempre di più piede incrementando la propria presenza sia per contenuto tematico che nei numerosi social network presenti a livello generale (come tanto per citarne due “facebook” e “twitter”). Caratteristica principale è la facilità di formazione e in generale la pressochè totale mancanza di restrizioni per la registrazione e la gestione (i cui amministratori sono per l’appunto in genere i fondatori del blog) , sono quindi delle realtà a torto o a ragione simbolo del principio di libertà di espressione e comunicazione presenti in rete.


Sovente però a questo aspetto della libertà – che pure è sacrosanto – non fa da contraltare un altro aspetto non meno importante che è rappresentato dal senso di “responsabilità” che pure dovrebbe informare secondo coscienza civile e democratica chi fa uso e soprattutto gestisce questa tipologia di mezzi. Il discorso è antico almeno quanto la rete, ovvero internet proprio per la sua conformazione ha rischiato e rischia di presentare o dar luogo ad uno vero e proprio “far-west”, dove l’anarchia la fa da padrona e la sicurezza delle informazioni (anche quelle della sfera privata) sono esposte alla mercè di ogni tipo di minaccia (il caso “wikileaks del noto personaggio Juliane Assange rappresenta un caso emblematico). Ma senza volermi dilungare sull’aspetto pur non secondario della opportunità di regolamentazioni che in questo contesto ci porterebbero troppo distanti, mi limito alle argomentazioni sollevate dai responsabili del noto blog .

 


Proseguendo nella lettura del comunicato si legge : “L’idea di chiamare il blog CocaColla nasce da uno dei nostri primissimi brainstorming, quando pensammo di mettere insieme la colla, elemento fondamentale dell’artistica di base e della street-art, con la Coca-Cola, simbolo della cultura pop, dell’industrializzazione e della pubblicità".


Che la “colla” sia un elemento fondamentale nella espressione della “street art” qualche perplessità la suscita, è vero che ad es. gli “sticker art” sono presenti, ma sono altrettanto presenti –e forse in maniera piu evidente – gli spray, i poster ed anche gli stencyl nonché l’impiego di materiali spesso di riciclo dei rifiuti della società consumistica (lattine, ferro, lucchetti, chiodi ecc).


Quindi che il prodotto del  “brainstorming” abbia condotto creativamente a questo “nesso concettuale” tra  un elemento materiale della street art e il brandname della multinazionale, simbolo della cultura pop, suona poco convincente.


In altre parole può essere la “colla” un elemento così centrale nel contesto della street art da essere “creativamente” associato a “cola” e quindi a “Coca Cola” in maniera originale? E soprattutto dal punto di vista della comunicazione contiene un chiaro riferimento alle tematiche del blog?
Il termine “colla” in italiano ha un chiaro e direi quasi univoco significato, associarlo a “Coca Cola” consegue semplicemente l’effetto di “fare il verso” (come in seguito lo stesso comunicato chiarirà) al famoso Soft-Drink, laddove l’intento di creare un’associazione di idee con la street art si dimostra piuttosto criptico per non dire pretestuoso o addirittura banale.

 

Proseguendo nelle conclusioni si legge :

“Per noi in questo nome c’era tutto quello che volevamo comunicare: tutte le nostre passioni, tutti gli argomenti che di lì a poco sarebbero diventati i temi del nostro lavoro quotidiano di ricerca e produzione di contenuti. Un nome facile da ricordare e irriverente che fa il verso proprio al soft drink più famoso al mondo".

 

Ed eccoci giunti quindi alle conclusione ovvero all’intento neanche troppo celato di far leva su un nome piu famoso al mondo (e quindi facile da ricordare) facendogli il verso, questa è una vera e propria “ammissione di colpa” se così vogliamo chiamarla per semplicità, ovvero aggiungendo una “innocente letterina” ad uno dei due componenti identificativi del noto brandname mantenendo la sostanziale identità dello stesso, ma non in funzione di ricollegarlo alla “street art” per il nesso concettuale di “colla”, ma semplicemente sfruttando la potenza comunicativa di tale brandname che la oggi multinazionale (ma più di un secolo fa un comune “farmacista”) hanno creato e faticosamente e costantemente sviluppato e consolidato nel tempo.

 

Fin troppo scontati i riferimenti quindi a “Davide” e “Golia” invocati sarcasticamente dagli interessati e da alcuni organi di stampa, il caso denota invece un problema di percezione di se stessi (mi riferisco ai blogger) nonché problemi di apparente ignoranza delle normative vigenti. 

Sottolineo “apparente” in quanto sempre nel comunicato stampa si legge “Immaginavamo che prima o poi qualcosa sarebbe potuto accadere, quindi non appena abbiamo ricevuto le lettere abbiamo contattato uno specialista in diritto industriale e in proprietà intellettuale”.

 

Ma allora viene da chiedersi perché, nonostante la accennata “consapevolezza” di andare incontro a dei rischi, I titolari dell’iniziativa,  persone che si definiscono creativi,  non abbiano rinunciato ab origine all’adozione del nome incriminato che tra l’altro non eccelle per originalità?

Anche qui le risposte possono essere molteplici, la più ovvia – perlomeno per I blogger –  è quella di voler rappresentare una sorta di “sfida” e quindi si sarebbe portati a vederli come dei “cavalieri senza paura” da cui il riferimento a Davide contro il gigante Golia.

 

L’opinione del sottoscritto è però ben diversa, infatti a dispetto delle “dimensioni” dei due contendenti – correttamente paragonate ai due personaggi Davide e Golia – nasce proprio il sospetto che l’effetto di far scomodare il gigante fosse proprio quello che avevano in mente gli organizzatori, ovvero quello di far parlare di sé e, quindi, di percorrere una scorciatoia verso la notorietà. Una scorciatoia insidiosa certo, ma con il rischio del tutto calcolato, dal momento che in questo caso la componente del “danno all’immagine” per la multinazionale rappresentava una fattispecie ancora “acerba”, troppo acerba anche per la Coca Cola stessa che da parte sua si è limitata a fare la voce grossa, ben consapevole anche dei rischi che un danno all’immagine avrebbe potuto comportare qualora avesse agito in un “eccesso di legittima difesa”, atteggiamento pragmatico e comprensibile del resto dal momento che tutto sommato la dimensione e l’importanza del blog erano del tutto trascurabili.

 

Per terminare queste riflessioni, che una politica di tal genere possa far conseguire risultati duraturi nel tempo agli organizzatori del blog ho miei fondati dubbi, occorre ben altro che un espediente di tal genere (poiché di questo si tratta, di espedienti). E la riflessione non può che essere più in generale amara, dal momento che così non si rende giustizia a chi – anche tra i blogger – svolge il proprio lavoro seriamente e con impegno. Con ciò non intendo affatto dire che vi sia stato un intento di nuocere alla reputazione della multinazionale, solamente forse una eccessiva leggerezza e mancanza di lungimiranza, chiamiamoli pure quindi con benevolenza “errori di gioventù” sui quali tuttavia I giovani blogger dovrebbero riflettere.

 

   

 

 

 

A cura di

Fabio Pasquetto

E' stato titolare di IPGRADE S.r.l, società  specializzata in Intellectual Property, esperto di naming.

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