Slow spot digitali per il lusso: il caso Castello Cavalcanti by Prada
Brand life
Slow spot digitali per il lusso: il caso Castello Cavalcanti by Prada
24/07/2015

Eleonora Soldano, Network di Brandforum.it
Castello Cavalcanti, il nuovo digital slow spot di Prada, in collaborazione con il regista Wes Anderson e il fotografo Darius Khondj.

Premesse

La necessità di arrivare al pubblico in modo originale e al passo con i tempi e il fenomeno dei cortometraggi digitali brandizzati sembra una possibile risposta.

Non si può, d’altronde, ignorare la crescente alfabetizzazione digitale, che porta un numero sempre maggiore di persone a una fruizione online. Non si può nemmeno sottostimare oggi la centralità dello strumento video, soprattutto in ambito digitale, altamente efficace in quanto attiva diverse leve: quella narrativa (storytelling), quella temporale (serialità), ma anche quella relazionale, vista la sua capacità di far “conversare” emittente e ricevente. Infine, non da meno, quella estetica.

Il cortometraggio digitale brandizzato nasce principalmente nel settore dei grandi brand di lusso e, cosa fondamentale, si propone in chiave slow. Certo, parlare di lentezza nel mondo di internet sembra un controsenso, ma lo slow web sta prendendo sempre più piede negli ultimi anni in varie forme, ad esempio con la serialità transmediale, i social film, i documentary web e per l’appunto anche attraverso gli slow spot digitali.

Quello che importa è diluire i tempi di contatto con un continuo rimando, un legame temporale duraturo con il consumatore; il potere della narrazione non va sotto valutato: è il modo più efficace per comunicare un messaggio perché dà un’esperienza diretta, trasmette emozioni e permette un coinvolgimento più profondo oltre a una maggiore comprensione e memorizzazione. 

L’online diventa un terreno d’ibridazione e incontro, creando un forte legame brand-consumatore. Quest’ultimo infatti può condividere, viralizzare, “fare proprio” il contenuto, tramite innovativi e sorprendenti linguaggi espressivi.  Pubblico più ampio, più giovane, una nuova consapevolezza: la vecchia amata televisione non basta più, chi l’avrebbe mai detto?

Per il grande brand di lusso la sfida è: come allargare i proprio confini senza perdere desiderabilità e impatto?

Nell’utilizzo del cortometraggio il grande brand di lusso si pone 3 obiettivi fondamentali: in primis dare più corpo alla promessa di marca, comunicando i valori, l’immagine e lo stile di vita associato al brand; in seguito dare un’esperienza di marca, intrattenendo, creando un senso di community; infine dare forza alla marca cioè ottenere visibilità in nuovi territori.

Per questi motivi nel cortometraggio risulta di enorme importanza la scelta dell’autore; è, infatti,  frequentissima la partnership con famosi registri cinematografici, per veicolare un senso di unicità, una sorta di vera e propria opera d’arte. Non meno importante è la scelta del genere, che aiuta la creazione di una particolare atmosfera espressiva e aiuta inoltre il ricevente nella decodifica del messaggio.

 

Lo slow spot by Prada: Castello Cavalcanti

Durante il Festival Internazionale del Film di Roma 2013, Prada presenta la sua ultima collaborazione in campo cinematografico: il cortometraggio Castello Cavalcanti, che rientra nel progetto Prada Classic, finalizzato a spostare lo stile di Prada verso i campi adiacenti del cinema, dell’arte e dell’architettura per le nuove collezioni.

Castello Cavalcanti può vantare la regia di Wes Anderson e la direzione della fotografia di Darius Khondji. Per Prada, Anderson aveva già diretto gli spot/corti per il lancio del profumo Candy.  E la maison ha spesso reso omaggio al regista portando il suo mondo nelle proprie collezioni e nelle proprie sfilate, per esempio proponendo dei completi ispirati a Margot, il personaggio di Gwyneth Paltrow ne I Tenenbaum.

La scena è ben definita: Italia settembre 1955, nel pieno della Molte Miglia, Castello Cavalcanti è una cittadina sulla costa. L’ambiente, riconoscibile, è quello di una tipica piazza italiana, è sera, e sono presenti giovani con la coppola siciliana, anziani che giocano a carte e donne che fanno la maglia, con loro l’immancabile prete.

Al momento del passaggio delle auto tutti hanno la propria bandierina per accogliere i piloti, ma a sconvolgere il normale passaggio è Jack Cavalcanti, interpretato da Jason Schwartzmann, che arriva su un’auto rosso fuoco e sfortunatamente va a schiantarsi addosso alla statua di Gesù al centro della piazza.

Questo avvenimento, apparentemente casuale, farà scoprire al pilota che i suoi antenati venivano proprio da lì. L’atmosfera che ne risulta è molto ironica, non manca lo stereotipo italiano degli spaghetti, ovviamente richiesti dal pilota. La telecamera, con movimenti disinvolti, si divincola curiosamente all’interno del set.

Il fantastico uso dei colori contraddistingue l’occhio dell’artista-regista e del direttore della fotografia: colori accesi brillanti che illuminano e dipingono lo sfondo, una scena tipica dei film anni ‘50 che siamo invece abituati a pensare in bianco e nero. I rumori della piazza si mescolano al tema musicale di Carlo Rustichelli per Signore & signori, e proiettano gli spettatori nel clima nostalgico dell’epoca; insieme ad una serie di citazioni che rimandano a Federico Fellini, con Amarcord e La Dolce Vita, a De Sica e a Pasolini e anche a Pietro Germi: un vero omaggio al cinema italiano.

Schwartzman, ha l’onore di essere vestito da Prada, indossa una tuta da pilota color giallo scintillante dall’aria molto vintage con la scritta J. Cavalcanti sotto il taschino, e la scritta Prada Racing sulla schiena, rigorosamente in rosso. Il marchio Prada è quindi visibile ma non risulta invadente nella scena e non disturba la visione, trova invece abilmente spazio come sponsor del pilota e dell’auto.

Inizialmente dispiaciuto dall’incidente il pilota, dopo aver scoperto di essere capitato nel paese dei suoi antenati, ammette: “In un certo senso sono contento di aver avuto questo incidente. Deve essere un avvertimento.” Nulla accade per caso quindi; il fatalismo di Anderson.

Il protagonista si ritrova a suo agio in quel piccolo contesto, rivolge uno sguardo garbato alla cameriera, persone sconosciute si mostrano gentili con lui,  Si percepiscono subito la semplicità, la cortesia e l’ospitalità del luogo, le barriere linguistiche non sono un problema, riesce a sentirsi a casa.

Castello Cavalcanti ricorda la campagna di Dolce&Gabbana con la tipica famiglia italiana del sud, ci riporta alle sensazioni ed emozioni della migliore tradizione italiana, a quei piccoli piaceri che rendono o forse rendevano l’Italia, un grande, ricco e accogliente paese.

Castello Cavalcanti suona come un inno all’Italian way of life e Prada come sponsor discreto di questa iniziativa culturale. Gli spettatori vivono un’esperienza coinvolgente che li trascina dentro un nuova visione del brand e li avvicina alla maison e ai suoi prodotti.

Esprimere dei valori invece che dare solo risposte a dei bisogni materiali può contribuire alla creazione e all’affermazione di veri e propri stili di vita. Prada vuole concentrarsi sulla sua origine, ci restituisce una memoria storica che ci fa sorridere e che forse ci lascia anche un po’ di malinconia: è una casa di moda italiana, e ne va fiera.

Anderson è come se volesse farci vedere il nostro paese con occhi diversi, Prada vuole trasmetterci il suo stile e i suoi valori, che, grazie a questo corto, posso arrivare a un pubblico vastissimo, perfino a quello meno “competente” (tutto il video è in inglese) e ricordare così al mondo intero come l’Italia non vada considerata e giudicata solo in base ai suoi aspetti negativi, ma quanto invece sia un paese culturalmente e storicamente ricco, degno di attenzione e rispetto.

Castello Cavalcanti dura (solo) 8 minuti e lascia gli spettatori con la curiosità di come sarebbe potuta proseguire la storia. Il finale non c’è.

Notiamo un cambio di rotta rispetto al precedente corto rientrante sempre nel progetto Prada Classic: “A Therapy” frutto della collaborazione di Prada con il grande regista Roman Polanski nel 2012, con protagonisti Helena Bonham-Carter e Ben Kingsley.

Il video racconta di uno psichiatra, Ben Kingsley, che riceve la sua paziente, Helena Bonham Carter, completamente vestita Prada (anche se solo un occhio attento nota il marchio all’interno delle scarpe e sulla stanghetta degli occhiali); durante la seduta, mentre la signora parla dei suoi problemi, lo sguardo dello psichiatra si posa sulla pelliccia di lei e subito se ne innamora: non solo distoglie l’attenzione dalla sua paziente ma sotto l’ipnosi di quella pelliccia si trova spinto a toccarla ed a indossarla. 

La scena si chiude con la scritta “Prada Suits Everyone”. Prada in questo caso non si concentra sulle radici della maison ma punta al prodotto, un capo desiderato non solo dalle donne ma anche dagli uomini che ne apprezzano le qualità uniche, che contraddistinguono il marchio Prada. L’intento comunicativo della maison non rinuncia a mantenere la chiave ironica, per porre l’accento su una grande forza di marca volendo però, in qualche modo, arrivare a tutti; una sorta di “lusso democratico”? Sì, ecco perché diventare slow, ma pur sempre mantenendo i propri connotati di esclusività

“Un gioco, un pensiero, che si è realizzato grazie all'amicizia e al rispetto reciproco.  Quando mi hanno chiesto di girare un cortometraggio per Prada, non pensavo di poter essere realmente me stesso, ma la verità è che la totale libertà che mi è stata concessa mi ha dato l'occasione di riunire sul set il mio gruppo di lavoro preferito e di divertirmi con loro.
La possibilità di ragionare su quello che oggi rappresenta il mondo della moda, e il fatto che sia accompagnato da così tanti stereotipi, è affascinante e allo stesso tempo leggermente inquietante, ma sicuramente non è qualcosa che si possa ignorare.
E' decisamente confortante sapere che ci sono ancora luoghi aperti all'ironia e all'intelligenza, e sicuramente Prada è uno di questi.”

Roman Polanski

Fonte notizie e dati: http://www.prada.com/

———————-

Eleonora Soldano, studentessa del corso di STORIA E LINGUAGGI DELLA PUBBLICITA' (prof P Musso) presso la Facoltà di Scienze Linguistiche dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

A cura di

Ti potrebbe interessare anche...

Recensione del libro del sociologo Luca Ricolfi, La società signorile di massa, Milano, La nave di Teseo editore, 2019

Mirko Olivieri, Junior Editor di Brandforum.it

Quali dinamiche comunicative scendono in campo quando si tratta di coinvolgere la Generazione Z? Intervista a Francesco Marinelli, Editor in Chief di Scuola Zoo