Che cosa accomuna il caffé Illy e la Mini Bmw, il pane acquistato da Princi e la vodka Belvedere, un paio di jeans della Diesel e un gioiello Breil Stones? Sono tutti prodotti ai quali è possibile applicare l’etichetta di lusso accessibile. E’ un fenomeno nuovo, emerso all’inizio del nuovo millennio, dopo lo scoppio della bolla speculativa di internet: le speranze fino a quel momento riposte nelle nuove tecnologie (software, biotecnologie, telecomunicazioni) si sono all’improvviso riversate su settori più tangibili e più tradizionali, che includono l’arredamento e le applicazioni per la casa, l’abbigliamento, il cibo e le bevande.
Luxury for the masses
In questo contesto hanno visto la luce quelli che potremmo definire come new luxury goods, secondo la fortuna accezione proposta da Michael Silverstein e Neil Fiske, entrambi provenienti dal Boston Consulting Group e autori del best seller Trading up. La rivoluzione del lusso accessibile. A differenza dei beni del vecchio lusso (es.: Chanel, Rolls Royce, Luis Vuitton), legati al concetto di consumo vistoso, territorio esclusivo di un’elite di consumatori agiati alla ricerca di opportunità per spendere denaro in eccesso, i beni del neo-lusso (es.: Diesel, Starbucks, Aveda, Bmw) possono generare elevati volumi di vendita, nonostante i prezzi più alti rispetto agli altri prodotti della medesima categoria merceologica. Non a caso, i ricercatori di marketing hanno coniato per questo trend le etichette di massclusivity e di masstige, ovvero ‘esclusività e prestigio di massa’. Infatti, benchè i new luxury goods costino dal 20 al 200 per cento in più rispetto ai concorrenti, restano alla portata di una larga fetta di consumatori, disposti a fare trading up, cioè a ‘sovra-investire’ in prodotti dai superiori benefici funzionali, tecnici ed emotivi, finanziandosi con l’acquisto di beni a prezzo minimo in categorie che non rivestono un’importanza particolare. Detto in altri termini: su in cima a comprare cioccolatini nella pasticceria più bella della città ; già in basso a comprare detersivo e carta igienica al discount.
Una danza instabile: tra low cost e marche premium
Il risultato è una danza instabile, quasi schizofrenica, per cui ci si trova ad appendere il completo di Armani in un armadio acquistato all’Ikea, o a viaggiare in utilitaria indossando un abito griffato. Eppure sono proprio comportamenti di questo tipo che spiegano l’apparente paradosso della crescita parallela del low cost e delle marche premium. Un esempio per tutti è il contemporaneo successo di Zara e di Dolce&Gabbana.
Non si tratta di un fenomeno effimero o di un moda passeggera, ma di una tendenza che ha profonde radici a livello socio-economico. Tra i fattori decisivi si segnalano la maggior ricchezza disponibile per ampie fasce della popolazione, il livello di istruzione più elevato, accompagnato da una crescente consapevolezza nelle scelte di consumo, il cambiamento nella struttura della famiglia, con aumento dei single, dei divorziati e dei DINK(1) (Double Income, No Kids, ovvero le coppie con doppio reddito e niente figli), il maggior numero di donne che lavorano e che hanno più influenza sulle decisioni di spesa.
Il fenomeno è favorito inoltre dalla globalizzazione, che riduce le distanze tra i consumatori, permettendo di conoscere ed apprezzare stili di vita e prodotti di diversa provenienza, che diventano accessibili in tutti i mercati: un esempio è Trader Joe’s, azienda americana del neo-lusso, specializzata nella distribuzione di alimenti biologici e di introvabili ‘chicche’ per buongustai. Ogni negozio si propone come uno store of stories, ove la presentazione dei prodotti è accompagnata dal ‘racconto’ delle loro origini e delle loro peculiarità : fare la spesa diventa un’esperienza avventurosa, ricca di scoperte e di sorprese.
Più specificamente, si potrebbero considerare i prodotti del neo-lusso come gli eredi della rivoluzione della qualità verificatasi negli anni Ottanta, con la differenza che oggi offrire qualità è considerato un must, un requisito imprescindibile e non più una competenza distintiva. In questo senso, i beni del neo-lusso offrono al consumatore una scala di benefici particolarmente ampia, sia a livello tecnico, per le peculiarità del processo produttivo, del design, dei materiali, sia a livello funzionale, per le prestazioni di altissimo livello che assicurano tangibili differenze di rendimento rispetto ai prodotti tradizionali, sia a livello emotivo, per la loro capacità di dare risposta anche ai bisogni e ai desideri più nascosti.
Il linguaggio delle emozioni
Vale infatti la pena sottolineare che questi beni rispondono innanzitutto a nuovi bisogni emozionali, propri di una clientela più esigente e sofisticata rispetto al passato: la cura di sé, ossia il desiderio di avere del tempo da dedicare a se stessi, per rigenerarsi e autogratificarsi; il rapporto con gli altri, ossia l’esigenza di coltivare le relazioni con il proprio partner, con gli amici e con la famiglia; l’esplorazione, cioè il piacere di avventurarsi nel mondo, affrontando nuove esperienze e superando i propri limiti; lo stile personale, cioè la volontà di sentirsi unici, attraverso una sofisticata combinazione di scelte d’acquisto, con le quali dimostrare il proprio successo nella vita, esprimere la propria personalità e manifestare i propri valori.
Questi a ben vedere sono i temi dell’ultimo film di Ridley Scott, Un’ottima annata: la scoperta di uno spazio significativo da dedicare a se stessi, per curare i propri hobby, per impegnarsi in uno sport, per vivere in famiglia e con gli amici.
L’avvento della kitchen plaza
Non a caso, il fenomeno del neo-lusso investe in misura considerevole la cucina, che torna ad essere il cuore della casa e lo spazio principale dedicato alla relazione con gli altri. Francesco Morace(2) parla a questo proposito di ‘avvento della kitchen plaza’: la cucina come crocevia di tutte le funzioni abitative, spazio di vita più ricco e più importante della casa. Un luogo magico e simbolico, dove l’alta tecnologia e la polisensorialità si danno convegno, rispondendo alla domanda di intensità percettiva e di emozionalità , oltre che di funzionalità , nella relazione con l’oggetto d’uso quotidiano. Contrariamente ad ogni previsione, marche come Miele, Viking, Whirlpool, Franke sono riuscite in questi anni a trasformare gli elettrodomestici inseriti in questo ambiente in veri e propri oggetti da esposizione, simboli di raffinatezza, autorealizzazione, intelligenza e autenticità , beni capaci di entrare in connessione emotiva con i loro proprietari.
Relax e piccoli assaggi
La sfida del lusso accessibile investe da ultimo il retail: MPreis è una catena austriaca di generi alimentari, che ha dato ampio risalto alle sollecitazioni emotive e sensoriali. Non più anonime superfici espositive: il supermercato di Wattens, progettato da Dominique Perrault, è un grande corpo di vetro fluttuante, che di notte si illumina dall’interno, proiettando i contorni dei prodotti come ombre cinesi. Gli interni coloratissimi sono accesi dalla luce del sole e dai panorami che si aprono sull’ambiente circostante. Un’area caffé si offre per momenti di relax e piccoli assaggi.
E in Italia? Finora il fenomeno aveva riguardato le marche degli stilisti. Oppure casi singoli (Cargo, Corso Como, Fiorucci, Hi-Tech): esperienze isolate e difficilmente replicabili. Ma ora anche grandi catene come Coin e Rinascente si avvicinano a questo trend. Trasformando i propri punti vendita: non più ‘negozi’, ma spazi d’incontro e di relazione, ricchi di sollecitazioni e di idee, da condividere e da esplorare. Luci, suoni, colori, profumi, atmosfere rendono lo shopping una vera e propria ‘festa’ per tutti i cinque sensi.
(1) F. Bonazzi, Dink, Roma, Castelvecchi, 2001.
(2) F. Morace, Living Trends. I 5 scenari e la 10 tendenze della domesticità e dell’abitare, Milano, Scheiwiller, 2006, pp. 17-20.
www.agoodyeardvd.com
www.traderjoes.com
www.mpreis.at,