Althea Spa riparte dalle Giornate della Trasparenza e punta sul proprio marchio
Brand in Italy
Althea Spa riparte dalle Giornate della Trasparenza e punta sul proprio marchio
13/01/2014

Paola Tanzi, network di Brandforum.it, Univ. degli Studi di Parma
La nota casa di sughi pronti apre le porte della sua fabbrica: un’idea ripresa dalla tradizione avviata dai fratelli Bertozzi negli anni Cinquanta, per allacciare un rapporto di fedeltà con i propri consumatori. Ecco il racconto della nostra visita.

Premessa

La nota casa di sughi pronti per la pasta è tornata alla Giornata della Trasparenza. Un modo antico, ripreso dalla tradizione avviata dai fratelli Bertozzi negli anni Cinquanta, per allacciare un rapporto di fedeltà poco dopo l’introduzione sul mercato dei nuovi sughi a marchio Althea.

 

Sì, perché nota terzista mondiale, la casa di Parma da tempo era assente con il proprio nome dalle scaffalature commerciali. E dal 2012 si ripresenta con una linea completa di prodotti a proprio nome che non ha mancato di destare l’interesse del mercato.

 

La Giornata della Trasparenza è l’occasione per far entrare il pubblico nelle sale di produzione, visionando dal vivo quanto l’azienda va esprimendo nella pubblicità: la tradizione della ricetta e l’innovazione della tecnica.

È un ritorno al passato, come hanno svelato in casa Althea, a quella casetta trasparente in cui si intravedeva il lavoro casalingo della massaia nel 1957 lanciato dai fratelli Amilcare e Carlo Bertozzi in occasione del 25esimo anniversario della ditta. Di quell’anno anche il celebre vasetto di vetro: un invito a guardare il prodotto sugli scaffali, anche in questo caso all’insegna della trasparenza.

 

La visita

 

La visita è iniziata per una quindicina di curiosi, qualcuno già cliente, ma molti non ancora, che hanno accolto l’invito lanciato da facebook con un aperitivo di presentazione circondato dai vasetti di sughi ordinati in scaffalature espositive. A fare gli onori di casa Simone Carotenuto, figlio e nipote dei due fratelli che, nel 1997, partendo dalla Delfino Spa di Acerra, sbarcarono a Parma con l’intento di proseguire la tradizione dei sughi all’italiana.

 

La creazione del nuovo stabilimento, i cui 87 mila metri quadrati sono inaugurati nel 2004, è l’inizio di un mercato in continua ascesa.

 

La visita prosegue tra i dati record del 2012  snocciolati ai visitatori nella sala riunione con un video in cui qualità ed innovazione sono la chiave di volta del successo di un’azienda familiare italiana: 71,6 milioni di fatturato, 100 milioni di pezzi destinati a tutti i mercati mondiali per la preparazione stimata di ben 300 milioni di piatti. Ed un controllo qualità di primo ordine a cui l’azienda tiene molto: 745 mila  controlli l’anno in laboratorio, 35.200 controlli annui per l’accettazione delle materie prima, controlli interni ed esterni, anche da parte dei  clienti, in maggioranza esteri, e dei reparti di controllo sanitario statale. Ed 1 solo reclamo ogni 4 milioni di pezzi venduti.

 

Con questa introduzione, accompagnata da un interessante filmato storico  ricostruito attraverso il materiale ritrovato nell’archivio della sede e visibile anche sul sito dell’azienda, inizia la visita nella «cucina d’Italia». Vestiti di tutto punto, con cuffietta, camici e protettori per scarpe, i visitatori iniziano la visita al reparto produzione. Dalla preparazione degli ingredienti alla  realizzazione della ricetta, in una cucina “formato” gigante.

 

I sughi caldi vengono poi preparati per l’imbottigliamento nei tradizionali contenitori in vetro. La linea produttrice è lunghissima e sottoposti a controlli qualità con macchinari specifici costantemente monitorati nella corretta funzionalità. Il percorso è spiegato ai visitatori passo dopo passo.

 

Per chi non ha mai visitato una catena produttiva la visione che si presenta agli occhi dai punti più alti dell’immensa struttura è senza pari. Pochissimo il lavoro manuale: eppure gli operai ci sono ed è merito loro se tutto procede per il meglio. I vasetti vengono lavati e sterilizzati, riempiti, messi sotto vuoto, etichettati. Quindi imballati e riposti nel magazzino completamente automatizzato: dall’alto si vedono i trasloelevatori muoversi sui binari posizionando la merce in ordine cronologico.

 

Ed infine la visita ai laboratori, il cuore pulsante del settore qualità della fabbrica, con controlli quotidiani (più volte al giorno) che vanno ad incrociarsi con quelli dei laboratori esterni per una maggiore efficacia dei controlli. Un percorso basato sulla qualità della produzione e del prodotto, messo in tavola poco dopo, in un pranzo in cui i sughi ed i pesti di casa Althea hanno saputo dare il meglio di sé con ben nove differenti tipologie di piatti. Con la possibilità di replicare a casa, con la confezione omaggio di sughi a marchio Althea, nel chiaro intento di acquisire nuovi clienti: perché alla fine i commenti dei visitatori sono stati più che positivi avendo trovato una produzione che rispecchia quella della tradizione casalinga.

 

 

La comunicazione di Althea

 

I più si sono ricordati di Althea durante i giorni vibranti del caso Barilla. La società di viale delle Esposizioni, che da tempo aveva presentato al mercato un pacchetto di spot promozionali il cui messaggio stava nell’apertura alle nuove tipologia familiari dell’era contemporanea, rispolverò le tematiche, cavalcando l’onda del dibattito, ma non sempre gestendo al meglio la comunicazione sui social. Perché è vero che i quei giorni la pagina Facebook di Althea Spa ottenne un gran numero di fans, parafrasando la frase del competitor “Dove c’è famiglia, c’è Althea”, ma è anche vero che in taluni casi i post non erano propriamente a favore della campagna arrivando ad essere anche denigranti nei confronti della società produttrice.

 

Una migliore gestione dei social, con utilizzo della funzione “nascondi” avrebbe senza dubbio limitato le offese mantenendo pulito il tono della discussione. Ma tant’è. In casa Althea sono soddisfatti del successo ottenuto dimostrato dai 52 mila “like”.

 

Resta il fatto che l’azienda della zona fieristica parmigiana ha una comunicazione non certo costante, ma comunque oscillante tra l’innovazione e la tradizione.

 

Seguendo il motto della produzione alimentare. Ripropone cavalli di battaglia storici attualizzandoli e si rende partecipe al sociale toccando nervi scoperti nell’attenzione di  massa: dalle battaglie del Fai, che va condividendo, alla più nuova campagna AltheaKiss, in sostegno ai bimbi del Kenya in collaborazione con Amref che in soli venti giorni ha raggiunto circa 2 mila foto di baci su Instagram ed altrettanti piatti offerti ai piccoli africani.

 

E se la pagina social di Facebook è più o meno aggiornata, il sito internet  www.altheaspa.it è fermo al maggio 2012, come dimostra la calendarizzazione eventi messo proprio in home page. Un immobilismo che costa caro a livello di posizionamento Seo sui maggiori motori di ricerca: se su Google la rivale Barilla è in un’ottima seconda posizione della prima pagina, Althea non appare nemmeno alla decima digitando “sughi per la pasta” nel motore di ricerca.  Una penalizzazione di presenza non piccola se si pensa che, comunque, Althea Spa è la prima produttrice mondiale di sughi pronti per pasta.

 

Pare quindi che a livello comunicativo l’azienda punti tutto sui social, tralasciando il sito. Anche la Giornata della Trasparenza è stata proiettata solo su Facebook, tralasciando persino la presenza su riviste e pubblicazioni di settore: una limitazione per un’azienda che guarda al mondiale.

 


Paola Tanzi. Giornalista  e ricercatrice storica. Studentessa del Corso “Storytelling e social Media Marketing” (Profssa Maura Franchi) presso il Master in Web Communication e Social Media all’Università degli Studi di Parma (a.a. 2013/2014). E-mail: tanzipaola@alice.it

 

 

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