Anche i “piccoli” possono: marketing low cost e fantasia al servizio del nuovo brand “VANDALO”
Brand in Italy
Anche i “piccoli” possono: marketing low cost e fantasia al servizio del nuovo brand “VANDALO”
11/08/2015

Adriano Manzoni, Consulente Marketing, Guest di Brandforum
Storia, a lieto fine, di un piccolo brand italiano che ha fatto della strategia il suo punto di partenza, passando per il crowdfunding, una designer, un commerciale…

Tutto è iniziato circa un anno e mezzo fa: all’inizio sembrava una storia già vista, purtroppo molte volte, dove una bella iniziativa/idea relativa a un prodotto innovativo rischiava di perdersi come molte altre. In poche parole un’iniziativa “vecchio stile” molto legata alla media imprenditoria italiana degli anni 60/80 dove prima si realizzava un buon prodotto, poi si pensava dove e a chi venderlo.


Ma torniamo all’inizio. Un imprenditore lombardo con alle spalle un’esperienza pluridecennale in materie plastiche e viniliche per la produzione e ideazione di oggettistica di design conto terzi, ma con molta creatività, realizza alcuni prototipi di un nuovo occhiale da sole. Non proprio un oggetto di per se nuovo nella sua essenza e tantomeno sconosciuto al pubblico, dove la proposta, sia brandizzata che non, sembra occupare quasi tutti gli spazi di mercato sia come fasce di prezzo sia come canali di vendita. Insomma un settore “bello pieno” dove potrebbe sembrare estremamente difficile collocare una novità.

 

 

 


L’occhiale del nostro imprenditore, però, si presenta con caratteristiche costruttive fino oggi uniche: realizzato in EVA (Etil Vinil Acetato, espanso a cellulazione chiusa di alta qualità) senza alcuna parte in materiale rigido e senza alcuna cerniera di unione tra la “montatura ottica” e le stanghette; un occhiale che si può benissimo piegare in due e mettere in tasca senza correre alcun pericolo di rottura. Diversi i segni che lo rendono un prodotto particolare: il peso si aggira intorno ai 11/15g (a seconda dei modelli), la montatura a due colori contrapposti (fronte e retro) gli consente con un semplice gesto di diventare double face; non ultimo l’essere galleggiante.


Tralasciamo volutamente altre descrizioni più dettagliate dell’aspetto tecnico-costruttivo del prodotto per passare un po’ più velocemente alla descrizione di ciò che più ci interessa: l’azione di indagine, ricerca, sviluppo di un “marketing low cost” che è stata sviluppata intorno a questo prodotto e dei risultati che ne sono conseguiti.
Il nostro imprenditore in un incontro del tutto occasionale li mostra a una designer, come dimostrazione di ciò che può essere realizzato con l’EVA, il materiale che lui utilizza per altre decine di prodotti. La designer ne rimane affascinata ma allo stesso tempo gli pone alcune domande, da professionista un po’ più sensibile alla “comunicazione”, tra cui: hai individuato o almeno ipotizzato un target di riferimento? Hai pensato a che tipo di posizionamento vorresti dare o che ha il tuo prodotto? Hai individuato quale canale di vendita ti può sembrare più appropriato? Hai individuato un “name” e un’immagine appropriata? E così via.


Tutte le risposte date dall’imprenditore sono risultate frutto più di “esperienza” e “istinto imprenditoriale” che non il risultato di un’analisi o di una ricerca. Da tutto ciò nasce un “dibattito costruttivo” tra i nostri due protagonisti in cui vengono rappresentate due posizione divergenti: una dell’imprenditore “vecchia scuola” che avrebbe voluto affrontare il mercato, o meglio, alcuni canali di vendita a lui facilmente raggiungibili, proponendo il prodotto così com’era nato, con l’unico valore aggiunto della “novità”; l’altra posizione era quella della designer che consigliava di reperire prima alcuni dati derivati da una serie di indagini “di mercato” per poter, se possibile, adattare sia il prodotto che la sua “immagine”, in quel momento inesistente, per approcciare mercato e canali di vendita in modo e con strumenti idealmente più idonei per non correre il rischio di “bruciare” quello che anche a lei sembrava essere un ottimo prodotto.


Il problema dell’imprenditore era quanto mai pratico: quanto dover investire in quelle azioni minime di marketing  per poter ottenere almeno delle indicazioni, se non delle risposte certe, per potersi poi muovere in un modo adeguato. Ovviamente lo sviluppo corretto e “istituzionalizzato” di una strategia di marketing, per quanto minima, avrebbe richiesto comunque, dal suo punto di vista, investimenti per lui importanti.


La designer si propone a questo punto di trovare alcune soluzioni a basso costo che possano fornire comunque alcune indicazioni di “mercato” utili riguardo al nuovo prodotto. Da l’idea di utilizzare una piattaforma di crowdfunding, in modo un po’ anomalo, come strumento per capire l’interesse verso il prodotto.
Sulla piattaforma vengono perciò presentati una decina di prototipi con varie combinazioni di colori, una richiesta di raggiungimento di budget limitato per una pre-produzione, e cinque pacchetti d’investimento corrispondenti alla fornitura da 1 a 10 occhiali con possibilità di scelta dei colori.


Da sottolineare che il prodotto è stato presentato “no name”, descrivendone minuziosamente le caratteristiche, ma senza la creazione di un’immagine a esso dedicata perché l’intenzione era di non influenzare l’acquirente ne precludersi la possibilità di creare un’immagine ad hoc prima di avere a disposizione alcune indicazioni sui “dati di partecipazione/adesione” al progetto.


L’operazione di crowdfunding ha dato indicazioni interessanti e quanto mai soddisfacenti anche considerando che volutamente non è stata accompagnata da nessuna azione di “ufficio stampa”.


Dei pacchetti offerta corrispondenti a: 1, 3, 5 e 10 paia di occhiali, i più selezionati sono risultati essere quelli da 3 e 5 paia. Questo ha evidenziato come la variabile costo non ha inciso particolarmente sul desiderio di avere più di un occhiale dalla diversa combinazione dei colori.
Delle 10 variabili di combinazioni cromatiche presentate 4 sono risultate di poco interesse ed è stata evidenziata una forte preferenza per stanghetta bianche rispetto a quelle colorate.


Ad ogni adesione veniva gentilmente richiesto, specificando senza nessun obbligo ne vincolo contrattuale, se potevano indicare sesso, età, professione, ambito in cui avrebbero indossato l’occhiale e alcune altre semplici specifiche. Le risposte, per quanto non attendibili al 100%, hanno lasciato particolarmente sorpresi sia la designer che l’imprenditore. Nelle loro aspettative si erano prefigurati un target di persone molto giovani 15/20 anni, tendenzialmente di sesso maschile, e un utilizzo dell’occhiale principalmente in un ambito ludico/sportivo, date le sue caratteristiche di leggerezza, infrangibilità, e galleggiamento.


Il target per età è risultato essere molto più ampio del previsto e un po’ più maturo (tendenzialmente dai 20 ai 40 anni e oltre), con una leggera maggioranza di sesso femminile, con una posizione socio economica e culturale medio alta (indicazione rilevata dalle risposte sulla professione e sul titolo di studio).
Terminati i 60 giorni di permanenza sulla piattaforma crowdfunding, e rispettate le promesse di consegna, la designer e l’imprenditore si sono trovati a dover analizzare i dati ricavati e a rivedere quell’idea iniziale che avevano del “loro” prodotto.


Con la collaborazione di alcuni consulenti, e sulla base dei dati acquisiti, hanno ridisegnato il “vissuto” del loro prodotto, inizialmente ipotizzato unicamente come semplice occhiale da sole di tipo sportivo per un pubblico giovane/giovanissimo, a quello che è risultato essere più un occhiale “modaiolo-di tendenza” molto vicino a un “accessorio moda”.
Questa spostamento però implicava automaticamente alcune prese di posizione molto nette per poter essere prima presentato e poi accettato dal mercato.
Innanzitutto il nuovo occhiale doveva “dotarsi” di un’identità, un’immagine, che tenesse sempre conto delle sue caratteristiche tecniche, ma in modo non più così vincolante e restrittivo.


Per cui per prima cosa la ricerca di un “name” che potesse col tempo diventare un brand “contenitore” pronto ad accogliere altri modelli di occhiali e nell’eventualità anche altri prodotti.


Con il brand ci sarebbe stato da perfezionare anche un packaging adeguato e la realizzazione di una serie di immagini fotografiche che ne raccontassero istantaneamente il suo posizionamento.


Nel frattempo al nostro imprenditore e alla nostra designer si è aggiunta una terza posizione rappresentata da un commerciale già operante nel settore abbigliamento/moda.


Così si è andata formando una prima vera struttura operativa con tre referenti responsabili delle tre aree fondamentali per un’impresa. L’imprenditore sarebbe rimasto responsabile dello sviluppo tecnico del prodotto e della sua produzione, la designer responsabile dello sviluppo immagine e comunicazione, il commerciale responsabile dell’individuazione dei canali di vendita.


Proprio grazie al supporto del commerciale è stata portata alla luce una problematica riguardante la “vendita”. Sarebbe stato difficile per qualsiasi rappresentante riuscire a vendere un unico modello di prodotto, seppur declinato in 4 o 5 diverse combinazioni cromatiche. Sono stati così realizzati altri 2 modelli di occhiali, sempre con gli stessi materiali, in modo da poter presentare una serie più completa declinata diverse versioni cromatiche.
Intanto era stato individuato il nome del brand: “Vandalo”, il cui marchio rappresenta la testa di un cavallo. Il percorso e le motivazioni che hanno portato alla scelta di questo nome richiederebbero un’appendice a parte.


A questo punto l’originalità dell’occhiale richiedeva un packaging altrettanto originale e che si distinguesse dai classici astucci o sacchettini. Ancora una volta la creatività del nostro imprenditore ha sformato il bozzolo che, riveduto e corretto dalla designer, ha dato la luce a un slim-pack molto originale e accattivante che vede l’occhiale immerso nel suo stesso materiale di produzione (seppur di una consistenza più morbida per facilitarne l’estrazione).
Lo slittamento di posizionamento del prodotto da “occhiale sportivo” a “accessorio moda” ha portato lo staff “Vandalo” a cercare una rete di distribuzione che si rivolgesse a boutique di abbigliamento di fascia medio alta tralasciando volutamente tutta la distribuzione in negozi di ottica.


Non avendo a disposizione un ingente budget per la comunicazione “Vandalo” ha puntato all’inizio sul passaparola “qualificato” riuscendo a inserire il suo prodotto in pochi ma selezionati fashion store e in alcuni showroom all’estero tra cui Santa Monica (California), Sydney (Australia), argomenti che hanno consentito ai commerciali un lavoro un po’ più facile sui nuovi punti vendita contattati.


Inoltre “Vandalo” ha puntato molto sulla sua presenza, anche se in secondo piano, in qualità di sponsor o partner in avvenimenti mondani o sportivi, come gare internazionali di golf, rally automobilistici, gare nautiche ecc. ecc., utilizzando poi i social network e il suo sito per amplificarne la presenza e il richiamo. Ad oggi “Vandalo” viaggia in buone acque, ha ancora tante miglia da fare prima di raggiungere mete importanti, ma la rotta è stata tracciata ed è già programmata la presentazione di nuovi prodotti, e non solo occhiali, per la stagione autunnale 2015/16.


Ma la cosa importante da sottolineare qui è lo “scampato pericolo” di aver visto un altro buon prodotto bruciato per una sottovalutazione del marketing inteso nel suo significato più ampio: progettazione, strategia.
L’esperienza qui raccontata potrebbe sembrare un po’ una favola a lieto fine dove anche la fortuna può aver influito su alcuni eventi, ma vuol evidenziare che alla base di tutto è necessaria una buona analisi e progettazione iniziale, individuazione del percorso e degli obiettivi da conseguire.
Investire inizialmente risorse per individuare una strategia e costruire un progetto a medio termine, fissando una serie di step-by-step inseriti in uno sviluppo più ampio, e non solo guardare alla “contingenza” quotidiana vale sempre la pena. “Vandalo” ne è una buona dimostrazione.

 

 

Adriano Manzoni, Da quasi trent’anni nel settore della comunicazione, inizia la sua attività occupandosi principalmente di exhibition design e design istituzionale. E’ stato per diversi anni Art Director di alcune riviste di settore legate all’impresa; dal 2002 l’attività svolta è orientata all’analisi e all’ideazione di strategie comunicazionali trasversali.

 

 

A cura di

Adriano Manzoni

Da quasi trent’anni nel settore della comunicazione, per diversi anni Art Director di alcune riviste di settore legate all’impresa. Dal 2002 consulente di marketing.

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