Contest di narrazione co-creativa – I puntata: Storie Inconsuete di Lavazza
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Contest di narrazione co-creativa – I puntata: Storie Inconsuete di Lavazza
24/06/2013

Claudia Romano, Network di Brandforum.it
Cosa accade allo storytelling quando l’apporto narrativo proviene dal pubblico? Scopriamolo analizzando casi provenienti dal mercato del caffè.

* b-awarded *

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«…perché le persone non sono numeri, assomigliano più a delle lettere. E quelle lettere vogliono diventare storie» – Stephen Daldry

 

 

 

Premessa

Corporate storytelling, Brand storytelling, Product storytelling, Web storytelling: queste categorie sono sempre più utilizzate nel mondo del marketing e della comunicazione. Diventa fondamentale capire bene quale ruolo riveste, oggi, per le aziende questo tipo di approccio. 

 


Questo approfondimento prende spunto da una ricerca svolta nel mese di marzo 2013 che ha avuto l’obiettivo di indagare le forme di Brand storytelling assunte nel suo contatto con lo spazio metaforico della rete. Per mezzo della narrazione le imprese attraversano il web e ne esplorano le opportunità: la pluralità di forme che essa assume in questo incontro mette a dura prova la tenuta delle definizioni classiche di narrazione e sfida a individuare nuovi criteri e categorie di analisi.

 

 


Non solo, nascono per brand e stakeholders molte opportunità di incontro. Infatti, grazie a nuovi “spazi pubblici” e dispositivi tecnologici le storie possono essere co-create: più vicine ai bisogni, alle emozioni, ai desideri di chi è fan attuale o potenziale di questa o di quell’altra marca.

 


Questo passaggio assume i contorni di una grande sfida che l’impresa deve saper cogliere. La buona gestione della creatività diffusa in rete o della co-creazione, infatti, potrebbe divenire – o forse lo è già − un asset strategico fondamentale per le imprese. Diventa molto rilevante per i brand, grandi e piccoli, abbandonare logiche stantie e dirigersi verso nuovi orizzonti rinunciando alla propria supremazia narrativa.

 


Nella realtà, cosa accade? I brand hanno iniziato a chiedere aiuto ai propri fan, follower per raccontare una storia?
Ci si è accorti che, negli ultimi mesi, sono fioriti diversi contest di narrazione co-creativa. Si è deciso, quindi, di analizzarli da vicino. Per circoscrivere l’indagine ci si è mossi in un campo come il food&beverage e si è eletto come spazio di interesse primario il mercato del caffè (macinato classico, cialde). I brand selezionati sono stati: Lavazza, Bialetti e Vergnano. Questi hanno, nel corso del 2012 – l’ultimo a concludersi nei primi giorni del 2013 è stato Vergnano – lanciato dei contest di narrazione co-creata.
Fin da subito, è risultata chiara la complessità del fenomeno da indagare sia in termini di elementi da considerare sia per l’interdisciplinarietà di tale oggetto. Si è cercato di stabilire, per prima cosa, se il termine storytelling – utilizzato nella presentazione e/o nei regolamenti di tali contest – fosse usato propriamente. Per fare questo è stato necessario capire se le storie contenute all’interno degli spazi predisposti dai brand disponessero di un tessuto narrativo e valoriale. In seconda battuta, ci si è concentrati sulle modalità di gestione di queste iniziative di comunicazione da parte della marca e da parte dell’utente. Per fare ciò si è valutato: il regolamento, le forme di ricompensa, il ruolo dello user, i personaggi/protagonisti, i luoghi deputati alla narrazione, i codici utilizzati, i parametri di notorietà del contenuto. La valutazione finale (e relativo b-awarded consultabile qui, in collaborazione con la Redazione di Brandforum.it), per ogni caso di studio, è stata data facendo una somma complessiva dei punti citati e considerando fondamentale la coerenza tra tutti questi elementi.

 

 

IL CASO LAVAZZA: descrizione progetto

Si è deciso di partire (in questa prima puntata) da Storie Inconsuete di un’Italia Straordinaria di Lavazza. Il noto brand italiano ha inserito il proprio concorso all’interno di una cornice ben più ampia: The Italian Experience, la sua community. Il progetto, come si legge sul sito web del marchio, è pensato come un laboratorio creativo e di intrattenimento. Lavazza ha voluto far raccontare ai suoi lovers insolite esperienze. Lo spazio virtuale dedicato, quindi, è stato pensato come un collettore di profili di eccellenza del nostro Paese. Le categorie prestabilite erano: food&wine, lifestyle&passions, art&culture, fashion&design. Lavazza invitava chiunque volesse diventare uno storyteller a inviare la propria storia. La narrazione poteva avvenire attraverso parole, immagini, video ed essere caricata in una o più categorie tra quelle previste.

 


I premi per i vincitori erano, assolutamente, in linea con la categoria scelta dall’utente. Si poteva partecipare a un tour enogastronomico, a una vacanza in barca a vela, a un workshop di moda a Milano o di fotografia tra le colline toscane.
Infine, nell’ottica di dare maggior diffusione all’evento, lo user poteva condividere il racconto sui principali social media.

 

1. Il tessuto narrativo

Ciò che emerge leggendo i contenuti del concorso è che, nonostante alcune possibili perplessità iniziali, si possa parlare abbastanza propriamente di storytelling: le storie postate, è pur vero, non sono grandi narrazioni ma nella maggioranza dei casi è possibile riscontrare un tessuto narrativo (inizio, sviluppo e fine). Le 1500 battute prestabilite lasciano modo all’utente di scrivere, sicuramente, liberamente (a differenza dei casi Vergnano, Bialetti che vedremo nella seconda puntata).
Il tessuto valoriale, strettamente legato a quello narrativo, è forte e molto coerente sia con quanto dichiarato dal brand nel regolamento sia con l’atmosfera che si respira all’interno di The Italian Experience. È primaria, infatti, la celebrazione dell’italianità ma allo stesso tempo è rappresentato il valore dello scambio culturale, della contaminazione tra popoli (in linea anche con le precedenti iniziative di comunicazione presenti nella community). Dunque, questi due pilastri narrativi si fondono e si rafforzano a vicenda in ogni contenuto analizzato.

 

2. Partecipazione

Nella totalità dei casi analizzati, lo user sembra accettare volentieri l’invito offerto dal brand. Ma diversi racconti non sono altro che preziose vetrine espositive: gli storyteller sembrano molto avvezzi all’utilizzo di nuovi media per autopromuoversi, per raccontare il proprio prodotto, le proprie esperienze. Le narrazioni sono costellate di collegamenti ipertestuali a blog, siti, pagine Facebook degli utenti stessi. Quello che si intuisce è che la leva che spinge questi individui a partecipare al concorso non è solo il premio o l’amore per la marca ma, piuttosto, la voglia di parlare di sé: un profondo narcisismo unito a logiche di self-marketing. L’utente entra prepotentemente nei suoi racconti come personaggio/protagonista. Ci sono casi in cui lo stesso narratore pubblica fino a cinque contenuti propri su categorie diverse.
Il concorso risulta il più “partecipato” (tra i 3 casi indagati) sia in termini di storie uplodate sia in termini di notorietà (Visualizzazioni, Like, Tweet e Commenti). È importante notare che Lavazza è l’unico brand a fornire tutti questi dati ai lettori (i dati sono disponibili per ogni storia, uno accanto all’altro).

 

3. Promozione del brand

Lavazza sembra, in questo contesto, voler assumere il ruolo di talent scout. Questa iniziativa potrebbe essere associata a un’operazione di endorsement. Nonostante ciò, l’obiettivo del brand sembrerebbe un po’ appannato dalla voglia degli utenti di autocelebrarsi come descritto al punto precedente. Il regolamento, in questo caso, sarebbe da rendere più stringente per evitare eccessive “presenze”. Il concorso, infatti, dovrebbe avere anche lo scopo di intrattenere il pubblico che entra nella community per leggere (e non solo per scrivere). Dunque, se da un lato Lavazza regala questo “spazio espositivo” a coloro che hanno Storie Inconsuete da raccontare, dall’altro dovrebbe anche pensare a coloro che vogliono restare solo semplici spettatori.

 

4. Multimedialità

Per questo concorso vi era la possibilità di produrre non solo contenuti di tipo testuale, ma anche multimediali. Una scelta che è risultata vincente: ogni storia è composta da due possibili codici, per esempio: fotografie per il corpo della narrazione e testo per la didascalia, oppure, testo e fotografie di contorno e, ancora, video e testo a supporto. Come per il testo, per ogni altro tipo di contenuto − sia fotografico che video − vi erano limiti da rispettare (da una a cinque immagini; un video da 30 MB).
Da questo punto di vista l’intrattenimento viene, favorevolmente, influenzato dalla multimedialità del contest. Questo è vero sia in termini di spinta alla creatività degli utenti-narratori sia in termini di coinvolgimento per gli utenti-spettatori.
Nonostante la ricchezza di mezzi utilizzati, la usability non risulta essere eccellente.

 

5. Coerenza tra elementi

Fin dal titolo, Storie Inconsuete di un’Italia Straordinaria, si può capire a quali individui vuole rivolgersi il brand: il prosumer che Lavazza vuole intercettare, divertire è sicuramente un pubblico cha ama l’italianità, giovane e con la voglia di aprirsi al mondo. Ecco, allora, l’identificazione di uno spazio perfetto per accogliere il concorso: la community The Italian Experience. Anche i valori che il brand propone tradizionalmente sono allineati con quelli che si vogliono far percepire allo user tramite questa iniziativa. Come già detto, le storie rispettano e arricchiscono quanto chiesto, in tal senso, dalla marca.
Inoltre, i tempi previsti per creare, caricare e far votare le proprie storie sembrano conformi alla complessità del progetto: attivo da aprile ad agosto 2012.
Infine, i canali social e i collegamenti ipertestuali (di cui sono costellate le storie) rendono questa iniziativa un possibile, potente strumento per rendere la narrazione partecipativa e migliorare l’awareness di tutti i soggetti coinvolti.

 

 

 

Claudia Romano, si è laureata in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse all’Università Cattolica di Milano. Negli ultimi mesi, ha concentrato tutte le sue attenzioni sulla narrazione d’impresa diventando grande fan del web storytelling.
Animata dalla filosofia: think global, act local e appassionata di digital marketing ha scelto – dopo aver osservato quanto accade oltreoceano − di affrontare la dimensione della provincia per far apprezzare la web-culture anche ai più scettici.
Crede fermamente che la contaminazione tra stili e culture porti con sé preziosi stimoli e nuove idee per questo ha intrapreso esperienze formative e lavorative di diverso tipo. Una costante: la sua passione per tutto ciò che è comunicazione. E-mail: craidualc@gmail.com
 

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