Design parlanti: oltre la semplice apparenza
Internal Branding
Design parlanti: oltre la semplice apparenza
30/07/2015

Alessandra Ghezzi, Network di Brandforum.it
Analisi e confronto tra le sedi aziendali di Vitra e Kartell in un’ottica di internal branding per mostrare la vera essenza delle strutture e degli spazi.

Nel mondo contemporaneo, la marca gioca un ruolo fondamentale nell’ambito della comunicazione ed è dunque necessario non limitarsi alla comunicazione esterna ma è essenziale considerare anche quella interna. Grazie all’internal branding (Cfr, Musso P., Internal Branding, Franco Angeli, 2007, Milano link), un approccio che mira ad adottare tecniche e strategie della comunicazione esterna all’interno di un’impresa, è possibile instaurare un dialogo con il pubblico interno all’azienda, considerato non più come un insieme di dipendenti ma di persone.

 

Provvedere al benessere del lavoratore è importante non solo per quest’ultimo, il quale si sente più motivato e incentivato nello svolgere le sue mansioni, ma anche per lo sviluppo dell’azienda stessa. Tra le strategie dell’internal branding viene incluso l’utilizzo strategico delle sedi aziendali, le quali non sono semplici strutture finalizzate alla produzione, ma “spazi parlanti” che comunicano i valori dell’impresa. Come sostiene il noto architetto Renzo Piano: “Bisogna sempre ricordare che fare architettura significa costruire edifici per la gente!”, pertanto, le sedi aziendali si trasformano in spazi da vivere, architetture straordinarie che si distinguono in tutto il mondo per la loro unicità, allontanandosi dall’essere meramente “contenitori di persone”.

 

In questo approfondimento mi sono riproposta di analizzare due brand (appartenenti al settore dell’arredamento e del design) per far emergere il ruolo comunicativo delle sedi aziendali create all’insegna dell’innovazione e della riconoscibilità per tutti i clienti e soprattutto per i dipendenti/persone che vi lavorano.

 

 

Il caso Vitra

Vitra è una rinomata azienda produttrice di mobili già dal 1934, anno della sua fondazione avvenuta per mano di Will Fehlbaum. La sede aziendale, trasferita nel 1950 da Birsfelden a Weil am Rhein, vicino a Basilea, fu distrutta da un incendio nel 1981 e venne successivamente ricostruita da prestigiosi architetti in un modo totalmente innovativo. Grazie alla passione di Rohl Fehlbaum, che aveva ormai preso le redini dell’azienda di famiglia, il disastro fu l’occasione giusta per ridefinire gli spazi e l’identità di Vitra.
Il campus Vitra sorge oggi come un villaggio immerso nel verde che ogni anno attira visitatori curiosi e appassionati di design grazie alle sue architetture straordinarie e uniche.

 

Tuttavia, queste strutture non hanno solo uno scopo estetico, ma in una perfetta ottica di  internal branding comunicano le caratteristiche e i valori principali dell’azienda: innovazione, creatività, tecnologia e funzionalità.
Tra gli edifici più interessanti e rilevanti troviamo gli stabilimenti industriali realizzati dall’architetto Nicholas Grimshaw1 , i quali sono ricoperti di alluminio, un materiale moderno e funzionale che rispecchia lo scopo dell’edificio: la produzione. Mentre una struttura molto particolare e non convenzionale è “La VitraHaus”, progettata da Herzog & de Meuron2  e formata da una serie di lunghe casette impilate e incastrate tra loro, utilizzate per esibire i prodotti e proporre al pubblico modelli di case ideali. Questa costruzione così particolare è anche l’ingresso del Campus Vitra che si manifesta al visitatore come un “Paese delle Meraviglie”.

 

L’azienda possiede anche un museo progettato dal famoso architetto Frank O. Gehry3 , si tratta di un edificio decostruttivista4  che riflette pienamente l’identità di Vitra, poiché con questa corrente spazi e forme vengono rivoluzionati per comporre un’architettura sorprendente.

 

La sede di Vitra si presenta come un “villaggio abitabile”, uno spazio da vivere e non solo come un insieme di architetture che possiedono un valore unicamente estetico. Famosi architetti hanno pensato anche a luoghi fantastici, quali una sala conferenze, una caserma dei pompieri (in memoria dell’antico incendio) e un’enorme cupola illuminata, per ospitare eventi importanti e talvolta esposizioni. Opera di un architetto (Jasper Morrison) sono inoltre le pensiline dell’autobus che si inseriscono armoniosamente nell’ambiente circostante. Anche il noto architetto Renzo Piano5  ha contribuito alla realizzazione di “Diogene”, una piccola casa minimalista ma efficiente e autosufficiente.

 


Non solo i visitatori ma anche e soprattutto i dipendenti si trovano immersi in uno spazio accogliente, creativo e funzionale.  Proprio relativamente al lavoro d’ufficio, l’azienda è convinta che l’ambiente favorisca la produttività e per questa ragione predilige un modello di lavoro che va oltre l’idea di club – vale a dire un ufficio in cui non ci sono postazioni fisse, ma spazi flessibili che rispondono alle diverse esigenze dei dipendenti per incrementare la creatività e di conseguenza il rendimento – e adotta il concetto di “impresa estesa”6,  ossia un villaggio dagli spazi versatili, privo di confini con il mondo esterno e contraddistinto da una grade libertà di movimento e numerosi servizi.

 

 

Vitra, Citizen Office

 


Il “Citizen Office” di Vitra è infatti un ufficio in cui i dipendenti possono scegliere liberamente di lavorare individualmente o in team durante i vari momenti della giornata. Le private boxes sono ad esempio piccoli uffici di forma quadrata, incastonati in una parete e insonorizzati in modo che ognuno possa concentrarsi sul proprio lavoro individuale. Mentre lo scambio di idee avviene in un’area relax, su dei divani oppure nel patio all’esterno per favorire l’ispirazione e la collaborazione tra colleghi. Sono inoltre presenti delle silence rooms, nelle quali è vietato introdurre cellulari e computer, che servono per staccare dal lavoro e riposarsi. I valori di Vitra vengono ripresi anche all’interno, dove troviamo un vero e proprio villaggio aziendale, anzi una città libera di muoversi, di pensare e di creare.

 


Il caso Kartell
Il secondo caso che ho deciso di analizzare è invece Kartell, un’azienda che si occupa di arredamento e design, fondata nel 1949 dall’ingegnere chimico Giulio Castelli e alla cui guida troviamo oggi il genero Claudio Luti. Kartell è un’impresa familiare che si è sviluppata a livello internazionale portando il Made in Italy in tutto il mondo. L’azienda tratta una vasta gamma di prodotti unici ed eccezionali, dai mobili agli accessori per la casa, realizzati da designers famosi, come Antonio Citterio, Ferruccio Laviani e Jean-Marie Massaud.

 


La sede a Noviglio (in provincia di Milano) è circondata da un grande terreno con spazi verdi, dunque, come Vitra, l’impresa non sorge tra altre imponenti costruzioni, bensì in una zona più periferica quasi defilata.
Tra i valori cardine di Kartell, i quali vengono espressi dall’architettura dell’azienda, troviamo proprio la trasparenza, insieme a innovazione, tecnologia, qualità e funzionalità7 .

 


Diversamente da Vitra, Kartell non è composta da un insieme di edifici differenti, ma da strutture rettangolari sostanzialmente identiche, formate da una base scura con diverse finestre, sormontata da una parte più aggettante di colore rosso che porta la scritta Kartell.
Il colore acceso degli edifici ricorda gli oggetti in plastica realizzati dall’azienda che ne sono diventati simbolo distintivo. Kartell fu infatti una delle prime imprese a servirsi di questo materiale innovativo e resistente per creare prodotti eccezionali; rosso è anche il colore che ricorre nel logo aziendale. Tutti questi elementi contribuiscono nella definizione della brand identity dell’azienda rendendola immediatamente riconoscibile.

 


Le trasparenze dei vetri, invece, enfatizzano la comunicazione con l’ambiente esterno e richiamano l’utilizzo del policarbonato, impiegato nel 1999 dal designer Philippe Starck per costruire “La Marie”, la prima sedia al mondo prodotta con questo materiale rivoluzionario. L’architettura dell’azienda è dunque coerente con oggetti creati e venduti in tutto il mondo.

 

 

Analogamente a Vitra, anche Kartell possiede un museo, la cui estetica è simile a quella della sede di Noviglio, sebbene abbia più vetrate. All’ingresso troviamo due grandi cespugli a forma di vaso e sgabello, i quali simboleggiano gli oggetti realizzati in azienda e sembrano voler affermare che, anche partendo da materiali semplici, Kartell è in grado di creare prodotti straordinari e geniali, come ha saputo fare con la plastica.
Anche Vitra ha nel suo villaggio una scultura, chiamata “Balacing Tools”, composta da tre strumenti (martello, cacciavite e tenaglia) essenziali nel mondo del design per concretizzare un’idea o un progetto. Cespugli e attrezzi contribuiscono a comunicare caratteristiche che sono comuni alle due imprese come ad esempio creatività e novità.

 

Museo Kartell

 

All’interno, il “Kartell museo” è disposto su più piani e contiene oggetti, fotografie e disegni che raccontano la storia dell’azienda, l’evolversi dei materiali e delle tecnologie; la sede organizza, invece, eventi e mostre per attrarre e conquistare il pubblico. L’apertura di musei aziendali ha come obiettivo la diluizione dei tempi, la quale offre l’opportunità di ripensare alle proprie tradizioni e al proprio heritage per poter guardare più lucidamente verso il futuro dell’impresa. In quest’ottica slow viene celebrata la cultura e allo stesso tempo vengono riaffermati i valori e l’autenticità del brand, che si rafforza e acquista prestigio.

 

 

Considerazioni conclusive
Entrambi gli esempi analizzati ci permettono di comprendere come gli “spazi parlanti8  delle aziende siano in grado di comunicare valori importanti, messaggi e storie che riguardano l’identità aziendale come anche i progetti futuri. Inoltre, le imprese tendono a favorire l’interazione con il mondo esterno, con il visitatore e il cliente per promuovere il proprio brand  presso potenziali consumatori integrandoli nell’azienda e facendoli sentire parte di essa.
Tuttavia, desiderano altresì dare importanza ai dipendenti/persona, offrire a questi ultimi nuovi spazi abitabili in cui lavorare e trasmettere loro la cultura, i valori e la vita dell’azienda stessa anche attraverso le strutture, in modo da coinvolgerli e farli sentire a casa.
Due esempi di realtà aziendali che hanno fatto dell’internal branding un loro punto di forza, la valorizzazione del dipendente/persona attraverso gli spazi sapientemente costruiti.

 

 

Alessandra Ghezzi, studentessa del corso di STORIA E LINGUAGGI DELLA PUBBLICITA' (prof P. Musso) presso la Facoltà di Scienze Linguistiche dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

 

Note:

1 Nichloas Grimshaw è un architetto britannico noto per molti progetti tra cui L’Eden Project in Cornovaglia.
2 Herzog & de Meuron sono due architetti famosi per l’espansione dell’Allianz Arena di Monaco e per il progetto alla Tate Modern a Londra.
3 Frank Gehry è un architetto canadese, tra i massimi esponenti della corrente del decostruttivismo e tra le sue creazioni: il museo Guggenheim di Bilbao, la Disney Concert Hall a Los Angeles e la recente fondazione Louis Vuitton a Parigi.
4  decostruttivismo (o decostruzionismo) Corrente architettonica impostasi all'attenzione internazionale alla fine degli anni Ottanta del 20° secolo. Il d. si ricollega alle sperimentazioni del costruttivismo russo nel rifiuto netto della purezza formale della tradizione modernista: si disegnano allora edifici dalle geometrie instabili, scomponendo e disarticolando le forme e gli spazi, compenetrando interno ed esterno degli ambienti, sfruttando tutte le potenzialità di torsione e piegamento di materiali edili tecnologicamente avanzati come vetro, acciaio, cemento armato. (Enciclopedia Treccani)
5  Renzo Piano è un architetto italiano di fama internazionale, tra i suoi lavori ricordiamo il Centre Georges Pompidou in collaborazione con Richard Rogers a Parigi, gli edifici a Potsdamer Platz a Berlino, la sede del New York Times a New York e lo Shard London Bridge (La Scheggia) a Londra.

6 Cfr, Musso P., Internal Branding, Franco Angeli, 2007, Milano, p. 110-111.
7  Lo stesso fondatore Castelli afferma: “Era mia intenzione produrre oggetti che avessero caratteristiche innovative, intese come applicazione di nuove tecnologie produttive, rivolte all’economia del materiale e all’efficienza del processo” (sito ufficiale Kartell).

8 Cfr. Musso P. Internal Branding, Franco Angeli, 2007, Milano, p. 113-114.

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