Digital Marketing: moda di passaggio o nuova frontiera? La nostra intervista a Giovanni Covassi
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Digital Marketing: moda di passaggio o nuova frontiera? La nostra intervista a Giovanni Covassi
27/10/2010

A cura di Elisabetta Sala e Rebecca Rabozzi, Redazione brandforum.it
All’interno degli eventi della Settimana della Comunicazione, il convegno “Tutti Pazzi per il Digital Marketing” esplora nuove frontiere comunicative. Tra i relatori intervenuti, abbiamo intervistato Giovanni Covassi, professore dell’Università Cattolica di Milano ed esperto di marketing e nuove tecnologie.

27 settembre- 3 ottobre. Milano si trasforma nel palcoscenico di un evento a cielo aperto: un’intera settimana dedicata al mondo della comunicazione, intesa nella sua accezione più ampia e variegata. Tra gli eventi satellite di questa settimana, ricca di appuntamenti, la prima edizione di un convegno totalmente dedicato al digital marketing. Promosso da ASAM (Associazione per gli Studi Aziendali e Manageriali dell’Università Cattolica) in collaborazione con Gruppo Nestlè Italia e Fleishman- Hillard Italia, l’evento ha saputo coinvolgere vari docenti e professionisti attorno a un tema sicuramente allettante, certamente nuovo e, di conseguenza, indubbiamente controverso. Una tendenza ben esplicitata dal titolo, con un doppio senso volutamente provocatorio: “Tutti pazzi per il digital marketing”.
Tra i vari relatori intervenuti al convegno, rubiamo qualche minuto al termine della giornata per chiacchierare con Giovanni Covassi, professore dell’Università Cattolica di Milano e consulente esperto di marketing e nuove tecnologie. Scopriamo, così, molti spunti di riflessione e un’interessante passione per le citazioni.

 

Professor Covassi, quali sono, quindi, queste grandi possibilità offerte dal digital marketing ? ( n.b. “The unlimited possibilities of Digital Marketing” è il titolo del suo intervento)

Se un’azienda è realmente interessata a entrare in contatto con i suoi clienti e i suoi consumatori, Internet è, di fatto, l’unica strada possibile. C’è sempre una nuova frontiera da raggiungere. La questione reale è, invece, quanto si voglia mettersi in gioco, la riposta che si dà a una semplice domanda: “ha senso rischiare, provare ad andare oltre oppure no?”
La storia di Internet è una storia scritta da chi ha avuto successo, ma noi non sappiamo quanti altri Page e Brin hanno provato a creare un motore di ricerca. Oggi, ad esempio, tutti conoscono i loro nomi perché ce l’hanno fatta, perché hanno saputo trovare la giusta combinazione nel momento adatto: non soltanto lo sviluppo dell’algoritmo, ma anche i fondi e il corretto modello di business.
É vero, quindi, che le opportunità sono per chi le va a cercare. Al contrario, se restiamo fermi sicuramente subiamo.

 

Si tratta di decidere se “conquistare” o “essere conquistati”?

La prima decisione da prendere è circa l’atteggiamento che si vuole avere di fronte a un mondo che sicuramente sta cambiando. Uscendo dalla metafora della “frontiera”, preferirei piuttosto parlare di “attori” e di “comparse”. Un ruolo, infatti, all’interno di questi meccanismi siamo tutti chiamati a ricoprirlo. Se il ruolo giocato è attivo, o meglio ancora proattivo, ci possono essere dei ritorni molto interessanti. Non a caso, qualcuno diceva che il miglior modo per prevedere il futuro è inventarselo…

 

Non preoccuparti di cosa sta per fare qualcun altro.
Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo.
(Alan Kay, informatico statunitense)

 


Come si fa a “inventare il futuro”?

Io vivo nel marketing e la regola fondamentale del marketing è l’ascolto del cliente. Ma vale anche un’altra regola: è l’offerta che crea la domanda. In altre prole, è possibile, ad esempio, avvertire l’esigenza della telefonia mobile, ma non è possibile entrare in un negozio e chiedere un cellulare finché il cellulare non esiste. L’innovazione nasce nel momento in cui c’è qualcuno che coglie un’esigenza latente e prova a rispondere. A forza di provare, come dicevamo, c’è chi ci riesce. Ma c’è anche chi perde.
Proprio perché vincere piace a tutti ma rischiare non piace a nessuno, un primo approccio può essere la logica dei piccoli passi. Quindi valutare molto sinceramente la situazione e chiedersi: “Cosa sono disposto a perdere?”
Un altra possibilità, ne ha parlato anche questo pomeriggio Fausto Balducci di 3M Italia, è quello di avere un management illuminato alle spalle. Allora si può fare innovazione.
Infine una terza via (non credo proprio ce ne siano molte altre) è quella di non avere alternative. Se, per esempio, il nostro business sta finendo o vediamo segnali di grossa crisi, siamo costretti a cambiare, semplicemente perché il vecchio sistema non funziona più. Arrivare ad una situazione di questo tipo è, tuttavia, estremamente pericoloso. Si tratta, infatti, di un caso estremo, in cui a volte effettivamente si viene spinti a fare un salto che permette di uscire dalla crisi. Altre volte, invece, non ce la si fa o si hanno delle conseguenze negative.
Se non siamo costretti né illuminati, mi sento di dire che l’unica alternativa razionale è provare.
Per esempio, quando insegno nei corsi chiedo sempre quanti siano iscritti a Facebook e invito tutti a farlo. Non perché io sia particolarmente pro Facebook, ma perché sono convinto che è attraverso la sperimentazione che si possa conoscere veramente. Se oggi si prova Facebook, piuttosto che qualsiasi altra esperienza online, domani si potrà dire “ so come funziona, so quali sono i limiti”. Bisogna provare.
Accumulare esperienze, per gli ottimisti, o accumulare errori, per i pessimisti, è l’unica strada possibile. Quanto più sbagliamo in piccolo, tanti più i passi successivi potranno essere condotti in maniera più sicura.

 

Si tratta di costruire un percorso..

Più che altro si tratta di costruire una mappa: se so dove andare, magari non faccio il percorso ottimale, ma identifico una direzione e la mantengo. Viceversa, se sono indeciso, se non ho un’idea chiara o se la cambio troppo facilmente, potrei giungere alla conclusione che la mia è una strada sbagliata, ma solo perché ho continuato a girare in tondo.
Un altro vantaggio enorme del mondo digitale è la possibilità, per orientarsi, di attuare una strategia che io definisco della “copia intelligente”, una strada fattibile ma che forse è anche l’unica percorribile: invece di re-inventare l’acqua calda, posso navigare in Internet e cercare di capire cos’hanno fatto gli altri. E questi “altri” potrebbero essere in Nuova Zelanda, in Canada oppure al piano di sotto di casa mia: perché ciò che conta non è chi o dove, ma sperimentare! Se lo diceva Einstein…

 

Imparare è un’esperienza;
tutto il resto è solo informazione.
(Albert
Einstein)

 


Ma l’Italia secondo lei è pronta? Le aziende italiane sperimentano?

Sì, no, non lo so. Sicuramente vige la regola del timore nei confronti del nuovo. Tuttavia, finché si tratta di un timore che fa meditare sulla strada migliore da percorrere, è un timore sano e positivo. Al contrario, se questa resistenza al nuovo impedisce alle persone di interagire, di provare e di sperimentare, allora il timore diventa un elemento bloccante, e quindi negativo per lo sviluppo.
Sicuramente l’Italia non è il Paese più facile dove fare innovazione, perché l’idea di impresa e di imprenditorialità è molto diversa rispetto a quella di altri paesi. Inoltre, è vero anche che Internet, e più in generale tutte le esperienze legate all’online e l’intero mondo digitale, vivono di grandi numeri. Se consideriamo la situazione italiana rispetto a quella americana, ci rendiamo conto subito che siamo in una dimensione diversa, con altri numeri, altri finanziamenti e altre logiche. Per questo diventa difficile dire, in generale, se le aziende italiane effettivamente provino o meno a sperimentare in ambito digitale. Secondo me, comunque, la risposta non può che essere sì. Sostanzialmente perché sarebbe un peccato non provare a farlo e dunque preferisco rimanere cautamente ottimista.
Di fatto, in una situazione di questo tipo, dipende tutto molto dalla realtà contingente, da una valutazione di quale possa essere effettivamente la soluzione migliore.

 

E la sua esperienza in merito qual è stata?

Da un lato si avverte un problema formativo. Data la rapidità con cui si sviluppano le nuove tecnologie, moltiplicando e cambiando le opportunità di marketing per l’azienda, oggi servono delle competenze che dal mondo universitario difficilmente potranno uscire in tempi rapidi. Bisogna perciò creare nuovi percorsi formativi, tra cui, ad esempio, l’ipotesi di sviluppare dei progetti pilota all’interno delle aziende interessate potrebbe essere un buon compromesso tra apertura all’innovazione e contenimento delle risorse impiegate.
Dall’altro, è sempre importante guardare le cose da diversi punti di vista. Ho provato più volte a partecipare a progetti di sviluppo, dove la logica diventa quella della consulenza. L’intento è di avere qualcuno dall’esterno capace di portare un valore aggiunto, un modo diverso di pensare. Qui è d’obbligo la citazione di Robin Williams in “L’attimo fuggente”: salire ogni tanto sulla scrivania può essere utile per vedere le cose da un’angolazione diversa.

 

Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti?
Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva. (Prof. Keating)

 

Visto che finora abbiamo parlato solo del meglio, qual è invece il peggio del digital marketing?
Non esserci.

 

Quindi il digital marketing è veramente una frontiera da esplorare?
Direi che possiamo senz’altro concludere così.

 


Terminata la Settimana della Comunicazione, interamente dedicata a workshop, tavole rotonde, approfondimenti, convegni ed eventi, rimane, in attesa della prossima edizione, la piacevole sensazione di aver raccolto stimoli, scosse e riflessioni. Un guardare alle marche forse non con occhi, ma sicuramente con lenti nuove, perché (e l’ennesima citazione è un omaggio a uno dei manifesti della settimana) “Una volta qui era tutta campagna. Ora è anche virali, eventi, social network.”

Allegati

A cura di

Rebecca Rabozzi

Redattore Senior
Collabora con Brandforum.it dal 2009

Docente di Content Marketing, Digital Communication & Social Selling e cultore della materia per il corso di "Storia e linguaggi della pubblicità" della Prof.ssa Patrizia Musso presso l'Università Cattolica di Milano, dopo una lunga esperienza in agenzie pubblicitarie di calibro internazionale (tra cui Dentsu Aegis Network e Publicis Groupe), attualmente si occupa di Retail Marketing.

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