Risulta ormai cruciale, per le aziende, essere in grado di attrarre e trattenere i giovani talenti: ecco alcune riflessioni sulle strategie da adottare in ottica di Employer Branding.
Nel frenetico mercato del lavoro odierno, sempre più mutevole, competitivo e globale, il vero motore della crescita per le organizzazioni è rappresentato dal capitale umano. Pertanto, diventa cruciale, per le aziende, essere in grado di attrarre e trattenere i talenti. È per questa ragione, infatti, che è necessario riflettere sull’importanza dell’Employer Branding, una strategia fondamentale per tutte le realtà aziendali interessate a costruire e a mantenere un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo (al proposito, si veda il volume Brand Renaissance, FrancoAngeli, 2020).
GenZers, Centennials, Zoomers: queste sono solo alcune delle numerose definizioni utilizzate per definire la generazione dei nati tra il 1995 e il 2010, la prima che, a cavallo tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo millennio, non ha mai sperimentato un mondo precedente alla nascita e alla diffusione di Internet.
Approfondire la conoscenza di questa generazione, esplorandone i desideri, il modo di pensare, così come quello di relazionarsi con gli altri e con la tecnologia, consente non solo di avere una visione più chiara di quella che sarà l’influenza che i GenZers eserciteranno nei prossimi anni sul mondo del lavoro, ma aiuta anche a identificare pattern e a conoscere le motivazioni che ne guidano le scelte, rendendoli sempre più protagonisti e al centro delle strategie aziendali.
Charles Fombrun, fondatore e presidente del Reputation Institute, multinazionale specializzata nella misurazione e nella gestione della corporate reputation, la descrive come una rappresentazione percettiva delle azioni passate e delle prospettive future di un’azienda, che ne qualificano l’attrattività per gli stakeholders rispetto ad altri concorrenti.
Corporate reputation ed Employer Branding sono però due facce della medesima medaglia: similmente alla prima, infatti, il termine Employer Branding indica l’idea che le persone hanno di un’organizzazione come datore di lavoro valido e attrattivo. La percezione di un’organizzazione di successo, capace di adottare comportamenti positivi indipendentemente dalle logiche di profitto, rappresenterebbe un punto a favore della stessa, influendo positivamente sulla sua attrattività come datore di lavoro.
Esisterebbe, dunque, una connessione tra la reputazione di cui gode l’azienda e l’appeal attrattivo nei confronti dei potenziali dipendenti: riflettendo in ottica resource-based, infatti, la reputazione e, di riflesso, il brand, possono essere considerati come una fonte strategica di differenziazione per le aziende. Un’azienda desiderosa di posizionarsi in maniera distintiva nella mente dei possibili candidati o dei propri dipendenti dovrebbe allora concentrare le proprie risorse e la propria attenzione sugli aspetti che la contraddistinguono e la differenziano rispetto ai concorrenti, mettendo così in risalto i valori di cui si fa portavoce. Per questo motivo, negli ultimi anni le principali leve sulle quali le aziende stanno concentrando le proprie energie riguardano soprattutto i fattori intangibili che, a differenza di quelli tangibili, sono difficilmente imitabili e acquisibili.
Preso atto dei cambiamenti sempre più incalzanti dettati dalla digitalizzazione, certamente velocizzati dalla pandemia e da ciò che essa ha comportato per il mondo del lavoro, nonché dalle aspettative e dalle esigenze della Generazione Z, l’interrogativo che sorge è il seguente: in che modo le aziende possono adottare delle strategie di Employer Branding che, sfruttando le tecnologie digitali, possano rispondere alle caratteristiche degli Zoomers in maniera efficace? È possibile, inoltre, gestire l’Employer Value Proposition delle aziende per catturare l’attenzione delle nuove generazioni, senza però compromettere la trasparenza delle organizzazioni?
Se è pur vero che le aziende oggi devono essere in grado di “vendersi” in un modo accattivante e interessante, la fedeltà ai valori e alla cultura restano elementi imprescindibili senza il quale nessuna strategia di Employer Branding potrebbe mai avere successo in una prospettiva di medio-lungo periodo.
Per essere implementata, infatti, essa richiede un ripensamento dell’organizzazione nella sua interezza, la valorizzazione delle persone che ne fanno parte e la capacità di saperle ingaggiare, trattenere e motivare secondo una logica win-win, che sappia portare beneficio e guardare agli interessi di entrambe le parti coinvolte.
Comprendere quale sia il modo giusto di intercettarle e di comunicare diventa, dunque, il punto chiave attorno al quale costruire la strategia: trattandosi di una generazione “always on”, immersa in un circuito informativo incessante che coinvolge ogni aspetto della persona, la comunicazione dovrebbe assumere una forma prettamente visiva, capace di toccare le corde emotive di coloro ai quali è rivolta e stimolandone il riconoscimento.
Durante lo sviluppo di una strategia di Employer Branding, che ha il compito di comunicare con chiarezza l’identità, gli obiettivi e la mission aziendale, l’uso dei social media è un’arma a doppio taglio che può determinare il successo o il fallimento dell’Employer Brand di un’organizzazione.
Da astratte e irraggiungibili, le organizzazioni si configurano oggi come entità di pari livello rispetto ai collaboratori, motivo cui diventa sempre più importante per le aziende presidiare le piattaforme in un’ottica relazionale, abbandonando i freddi toni istituzionali.
Parlando in primis di target interno, l’opinione dei dipendenti è estremamente importante nel momento in cui si sta cercando di gestire la reputazione dell’azienda, trattandosi di una voce privilegiata, capace di condividere con il mondo esterno informazioni preziose per il mercato e, in particolar modo, per i potenziali candidati.
La decisione di esporsi sui social media, dunque, non è facile né esente da rischi: da un lato, infatti, questo consente alle aziende di comunicare con gli stakeholders, mostrando loro come l’azienda lavori internamente, ma, dall’altro, lascia le organizzazioni più vulnerabili ed esposte all’opinione pubblica.
La presenza di recensioni e commenti facilmente fruibili da parte di chiunque navighi in rete può essere determinante per l’immagine e la reputazione aziendale, motivo per cui è necessario adottare una strategia tesa a garantire la massima coerenza tra quanto comunicato e quanto, invece, accade quotidianamente tra le mura aziendali.
Per far fronte a questa sfida, le aziende non possono più limitarsi a portare avanti iniziative di Employer Branding sui canali tradizionali, ma sempre più stanno considerevolmente affidandosi anche ai social media, combinandoli ai sistemi di recensione da parte dei propri dipendenti, ritenuti più efficaci e concreti dei job board, portali dedicati all’inserimento di annunci di lavoro.
Immagine 1 – I canali d’informazione sulle aziende (Fonte: nostra elaborazione)
LinkedIn, in particolar modo, può essere utilizzato per promuoverne l’immagine sul mercato: pubblicare un’inserzione di lavoro sul proprio profilo aziendale, ad esempio, offre l’opportunità al candidato non solo di consultare l’offerta e di raccogliere informazioni sull’organizzazione, ma anche di trovare persone, all’interno dei propri collegamenti (ma non necessariamente), che lavorano al suo interno. Così facendo, i lavoratori stessi si propongono come Brand Ambassador, raccontando il proprio vissuto, l’ambiente di lavoro e, ultima ma non per importanza, l’Employer Value Proposition, ovvero la proposta, comprensiva di vantaggi tangibili e intangibili, che rende unica l’azienda agli occhi dei potenziali employees.
Nati e cresciuti nell’era digitale e caratterizzati da una prospettiva sempre più globale e inclusiva, i GenZers stanno ponendo al centro della propria ricerca di realizzazione professionale valori come la flessibilità, il benessere e l’equilibrio tra vita personale e carriera. Di conseguenza, la retribuzione non è più sufficiente; le aziende devono impegnarsi per instaurare una cultura capace di suscitare l’entusiasmo delle persone verso il proprio lavoro.
Nel corso di un’analisi condotta ad hoc, si è dipinto un quadro ricco di sfumature e dettagli, che aiuta a comprendere meglio gli elementi che stanno ridefinendo in modo sostanziale la natura stessa del lavoro.
L’individuazione di nuove modalità di lavoro, spesso basate su una maggiore autonomia e fiducia nei confronti dei dipendenti, ha portato alla luce la necessità di abbracciare una mentalità aperta al cambiamento: lo scenario dello Smart Working ha infatti dimostrato non solo la sua efficacia operativa, ma anche la sua capacità di rispondere alle esigenze di una generazione che predilige la possibilità di lavorare in contesti in grado di favorire la creatività e la produttività.
La ricerca del benessere, sia fisico che mentale, è emersa come una priorità irrinunciabile nella progettazione di un ambiente lavorativo sostenibile: i soggetti intervistati hanno enfatizzato la necessità di un’azienda che si preoccupi del loro stato di salute a 360 gradi, promuovendo iniziative che consentano loro di affrontare le sfide quotidiane con vitalità e rinnovato slancio; questo non solo sottolinea l’importanza di una cultura aziendale incentrata sul wellbeing, ma ribadisce l’esistenza di una profonda trasformazione culturale nella percezione del lavoro, dove il successo non è più misurato solo in termini di risultati, ma anche attraverso il benessere e la felicità.
Le aspettative di flessibilità e di opportunità di crescita professionale sono ulteriori elementi emersi in fase di ricerca: la Generazione Z è guidata da una visione della carriera che va oltre la tradizionale scalata gerarchica, in favore di percorsi che consentono l’esplorazione di diverse aree di interesse e una crescita in continua evoluzione.
Immagine 2 – I fattori di attrattività per la Generazione Z (Fonte: nostra elaborazione).
Questa mentalità apre nuove strade per le organizzazioni, spingendole a riconsiderare i modelli di sviluppo professionale e a creare opportunità per la formazione continua e la trasversalità delle competenze.
In sintesi, è possibile affermare che la Generazione Z rappresenti una forza catalizzatrice nel ridefinire le modalità con cui il mondo del lavoro si sviluppa e si adatta alla contemporaneità: la visione audace e orientata al futuro, unita alla sete di innovazione e cambiamento, stanno guidando l’evoluzione di un ambiente lavorativo sempre più sfaccettato e inclusivo.
Le organizzazioni che riescono a costruire una forte reputazione come Best Employer of Choice possono beneficiare di una maggiore attrattività per i giovani talenti, migliorando così la qualità della loro forza lavoro e acquisendo un vantaggio competitivo significativo. Affinché questo accada, è fondamentale che esse siano autentiche nei messaggi che trasmettono e che si impegnino a mantenere le promesse fatte, perché solo così facendo potranno instaurare una relazione di fiducia con i potenziali dipendenti e con i giovani che desiderano intraprendere una carriera all’interno dell’organizzazione.
All’interno di questo scenario, l’Employer Branding si è rivelato un elemento chiave per l’attrazione e il mantenimento dei talenti. Tuttavia, l’aspetto distintivo che può trasformare un’azienda in un’entità umana e autentica, suscitando interesse all’esterno, risiede nell’approccio centrato sulle persone.
Una strategia che pone al centro le persone che compongono l’organizzazione va oltre la semplice immagine superficiale; si tratta, piuttosto, di un impegno per raccontare storie autentiche, per svelare i volti di chi lavora dietro le quinte e per far emergere le voci che compongono il coro dell’azienda: questo non solo umanizza l’azienda agli occhi del pubblico, ma consente di creare un legame emotivo capace di andare oltre ai prodotti o ai servizi offerti, attraendo i talenti che condividono i valori e la cultura dell’azienda.
Attraverso queste narrazioni autentiche, è possibile intravedere un’opportunità straordinaria per le organizzazioni di adattarsi e prosperare in un mondo in costante mutamento, creando una connessione significativa con la Generazione Z e costruendo insieme il tessuto del lavoro del domani.