I nuovi territori del lusso – I puntata
Brand life
I nuovi territori del lusso – I puntata
27/06/2012

Dossier in esclusiva a cura di Patrizia Musso e Gabriella Vivaldi, Brandforum.it
Nonostante il periodo di crisi, il mercato del lusso sta mostrando un’ampia capacità di resistenza: le previsioni per il 2012 sono decisamente positive. Sulla scia di ricerche e tendenze in atto, abbiamo individuato 4 nuovi territori per tratteggiare i confini della nuova geografia del lusso a livello globale.

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Premessa
Nonostante il periodo di crisi, il mercato del lusso sta mostrando un’ampia capacità di resistenza: le previsioni per il 2012 sono decisamente positive.


Per quanto riguarda l’Europa, l’industria del lusso fattura oltre 440 miliardi di euro (circa il 3% del pil Ue) ed è in continua crescita (fra 7 e 9 % l’anno), occupando 1,5 milioni di persone.


A livello mondiale, tra gli studi presentati in questi ultimi mesi, le stime di Boston Consulting Group (su un campione di 1.000 persone benestanti presenti in 8 mercati maturi – come Francia, Germania, Italia, Giappone, Sud Corea, Spagna, UK e U.S.-  e nei 4 emergenti  del cosiddetto BRIC – Brasile, Russia, India, Cina) —rivelano che i valori aggregati di spesa annuale nel mercato del lusso si aggirano su 1.400 miliardi di dollari. 


Secondo poi l’indagine di Bain & Company, se è vero che la Cina risulta essere il motore di questa continua progressione dei consumi di beni di lusso nel mondo, non di meno l’India, con una crescita di 15-20% attesa per quest’anno, si sta palesando come la più grande opportunità di sbocco per questo settore. Emerge, poi, tra i nuovi mercati anche l’Africa del Sud che risulta avere una quota di potenziali consumatori di beni di lusso pari a quella della Russia.


Ma quali sono le chiavi di volta che i brand hanno a disposizione per emergere nella crescente complessità che caratterizza il mercato attuale? Da un lato la definizione dei mercati del lusso continua a evolvere, insieme agli scenari  socioculturali, dall’altro i mezzi di comunicazione, complice il mondo digital, stanno ridisegnando velocemente gli stereotipi del lusso e i valori a esso connessi. E ancora: i materiali stessi con cui vengono creati i luxury goods stanno subendo alcune evoluzioni significative.


Stiamo così arrivando a disegnare una nuova geografia del lusso; in questa prima puntata, abbiamo identificato alcune coordinate che vanno a delineare quattro nuovi territori per i brand del settore del lusso.


1. Il nuovo concetto di lusso: da ostentare a sperimentare
Il primo nuovo territorio da tenere in considerazione riguarda la definizione stessa di lusso.

Se un tempo questo termine veniva indiscutibilmente associato all’acquisto di determinati oggetti dai prezzi inarrivabili, come segno di status, oggi è la possibilità di sperimentare un’esperienza di lusso a essere determinante, con servizi che sanno appagare tutti i nostri sensi (ad es. il gusto e l’olfatto ma anche gli occhi con piatti preparati da chef nella propria casa, la mente con un viaggio inusuale magari sulla Luna o con prodotti hi-tech, il corpo con una spa…).


Dati alla mano, quasi il 55% delle spese nel settore del lusso nel mondo si attestano oggi nell’”experiential luxury”, che anno dopo anno ha avuto una crescita più rapida rispetto al segmento dei beni personali (V. grafico http://pinterest.com/pin/110830840800412643/ dati BCG).

Una spinta che secondo BCG è stata determinata da alcuni cambiamenti oggettivi di ordine socio-demografico. I consumatori che nell’economie sviluppate (come Europa, Stati Uniti e Giappone) hanno sperimentato il boom del lusso degli anni ’90 stanno attraversando ora una particolare fase della loro vita, come recita l’indagine: “Non hanno bisogno o vogliono possedere nuove ‘cose’, sono prima di tutto consumatori di offerte d’esperienze di lusso”.


Un’indagine di Unity Marketing rileva come i contemporanei consumatori del lusso siano, in effetti, alla ricerca di un appagamento più in linea con la soddisfazione personale, che gratifichi anche a livello sociale con la condivisione di esperienze intense con i propri cari (amici e parenti): “I’m less materialistic now. My family is the most important thing to me”. E il concetto del lusso di un tempo fatica a sopravvivere anche nei paesi del cosiddetto BRIC: sono i valori della famiglia, del sano benessere a primeggiare.


Si può allora parlare di “experiential luxury” su due fronti
lato consumatore, si tratta di “vivere la marca” attraverso nuovi luxury places sapientemente brandizzati e ad alto impatto emotivo, in grado di fornire esperienze (e prodotti) unici;
lato brand, si tratta di testare, con coerenza e credibilità, nuovi territori di business.

 

Sul primo versante, un esempio recente è rappresentato da IWC Schaffhausen, noto produttore svizzero di orologi, che ha inaugurato il suo flagship store a New York. I 3.000 mq di spazio, su due livelli, includono un club con poltrone di pelle capitonnè e un simulatore di volo che trasporta i consumatori direttamente nel contesto d’uso di riferimento dei prodotti di questo brand.
Il negozio è suddiviso per rispondere a 6 diverse tipologie di target, ciascuna delle quali corrispondente al lifestyle di una precisa collezione di orologi. Così, gli appassionati di volo possono provare (per $39,000) il simulatore di volo nell’area dedicata alla collezione Pilot. Vicino al modello sportivo Ingenieur si ritrova la bici da corsa Storck, mentre un paio di occhiali da sole IWC in edizione limitata accompagna la collezione Da Vinci. I modelli della linea Portofino, invece, sono disposti fra lussuosi elementi di gusto italiano: i mocassini Santoni, cornici in pelle e i bianchi armadi di una volta. Come ha dichiarato Georges Kern, CEO dell’azienda “l’apertura di questa boutique a New York segna una pietra importante per  IWC Schaffhausen; essa non solo riflette il successo del brand ma offre un tributo alle nostre radici americane”. Il fondatore di IWC, Florentine Ariosto Jones, crebbe infatti a Boston 140 anni fa.

 

Sul secondo versante, è interessante notare l’attuale strategia del gruppo LVMH, guidato ormai da tempo da Bernard Arnault, che ha al suo interno più di 60 diversi marchi di lusso appartenenti a vari settori tra cui Wines & Spirits, Fashion & Leather Goods, Perfumes & Cosmetics, Watches & Jewelry (v. http://pinterest.com/pin/110830840800412660/).
Il noto marchio si sta aprendo al settore del turismo di lusso con varie soluzioni di business.
In primo luogo, con proposte alberghiere elitarie altamente brandizzate.
Ecco, allora, la creazione del “seasonal hotel” nella Maison Blanche, una grande tenuta in Place des Lices a Saint Tropez,: il White 1921, che ricorda nel suo naming un’annata speciale dello champagne Moët & Chandon. L’albergo è decisamente di piccole dimensioni, solo 8 stanze, ma offre esperienze di lusso con suites esclusive e un innovativo garden bar disegnato dall’architetto Jean-Michel Wilmotte. L’albergo rimarrà aperto solo fino al prossimo 7 ottobre, con l’obiettivo di diventare una destinazione stagionale “obbligatoria” per una élite di consumatori in cerca di una storia da raccontare e di una prestigiosa vacanza da sperimentare.

Sulla stessa scia si posiziona il lussuoso rifugio di montagna Le Cheval Blanc, a Courchevel (nelle Trois Vallées francesi) che a sua volta riprende il naming da uno dei vini bordolesi più preziosi della “scuderia” del Gruppo. A rimarcare l’esclusività del rifugio servizi e accessori unici, oltre all’allestimento ideato dalla nota interior designer Sybille de Margerie che ha scelto alcuni scatti fotografici di Karl Lagerfeld (realizzati sul luogo) per abbellire le pareti. Come ha dichiarato Philippe Gorgaud, hotel manager: «Per noi il lusso è un'esperienza naturale. La recessione, nelle nostre stanze, non è entrata».


In secondo luogo, con la creazione di singolari temporary store LVMH in location del travel che risultano gradite ai consumatori del brand.
La prima esperienza è quella attivata a Mykonos, in particolare nell’Enoplon Dynameon, arteria dello shopping di lusso dell’isola.

 

L’impatto e la visibilità di questi nuovi territori (sia di location, sia di business) vengono ovviamente rinforzati dall’esperienza diretta del consumatore che dà il via a un naturale passaparola fra pari.

 

2) La nuova comunicazione del lusso: da status al valore delle radici
Un secondo territorio del lusso è costituito dalla scelta di modalità comunicative altamente differenzianti, tese ad allontanare i messaggi dei brand di questo settore da tutto ciò che richiama i concetti di status, con relativi toni imperativi ed eccessivamente spettacolari.


Nuovi valori diventano così centrali nella comunicazione del lusso, come ad esempio il patrimonio storico, il valore della cultura e delle radici, il peso del know-how, l’importanza della semplicità, il tutto alla ricerca di maggiore autenticità.


La necessità di virare su questi core concept è duplice: da un lato si racconta l’heritage del brand alla nuova clientela dei mercati emergenti, che hanno fame di “cultura” sui brand di lusso occidentale; dall’altro, in un periodo di incertezza come quello attuale, si rassicura la clientela dei mercati maturi rimarcando l’autenticità e il peso delle radici storiche del brand.

 

In entrambi i casi, viene messa in primo piano la reale competenza del brand del lusso, dando luogo a un territorio di comunicazione che ha indubbiamente il suo peso anche in un’ottica di value for money.


Temi questi che contribuiscono a fare chiarezza in un mercato complesso, dove sono diversi gli attori che si auto-dichiarano “lusso” senza esserlo realmente. Un fattore che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti nelle prossime puntate del nostro dossier.

 

3) I prodotti di lusso: dal consolidato ai materiali innovativi
Il terzo territorio del lusso riguarda i prodotti in sé.

Il mercato del lusso ha provato varie strade per assicurarsi su questo delicato  versante creativo ed ideativo una certa stabilità durante la recente crisi. Trai i soggetti che hanno maggiormente dimostrato abilità nel riposizionarsi utilizzando risorse all’interno del proprio business di riferimento ci sono la gioielleria di lusso, lo sport, il design e la moda.


Un primo caso interessante è quello di Tiffany che, in occasione del suo 175esimo anniversario, ha lanciato una collezione di gioielli utilizzando un “nuovo” metallo chiamato Rubedo (in latino significa rosso), proprio per il suo colore rossiccio dato dalla combinazione di oro, argento e bronzo. La collezione, in vendita solo per l’anno 2012, si presenta con l’incisione “Charles Lewis Tiffany 1837”, nome del fondatore e l’anno in cui è stato inaugurato il primo negozio Tiffany. L’implementazione di materiali nuovi o il restyling di materiali già esistenti ma utilizzati in maniera inaspettata è una strategia che non solo posiziona il brand come innovatore ma crea nel consumatore un legame emozionale che fortifica il suo attacamento al brand.


Un esempio eclatante dal mondo dello sport è quello di Zai, noto produttore di sci in Svizzera, che utilizza per la creazione dei suoi prodotti materiali inusuali quali pietra, legno, fibre di carbonio, sintetiche (come il dyneema) e naturali. Unendo un’elevata qualità tecnica di produzione con materiali insoliti, Zai offre un’esperienza innovativa che appaga il consumatore alla ricerca di un prodotto sportivo unico.


Il settore del design non è da meno. Sono sempre più numerose le aziende che cercano di diversificare la loro offerta tramite nuovi materiali o tecnologie. Un esempio significativo è quello di Altreforme, parte del Fontana group, che utilizza fogli di alluminio, solitamente tipici del settore industriale,  dando vita ad arredi raffinati e dalla forte personalità. La leggerezza e malleabilità di questo materiale garantisce la realizzazione di pezzi di arredamento di alta gamma.


Anche il mondo della moda ha allargato i suoi orizzonti con il ricorso a materiali che vanno ben oltre l’usuale. Dopo una serie di passerelle dai toni un po’ cupi che tratteggiavano il senso di incertezza presente fra designer, buyers e consumatori, il mondo del fashion ha mostrato di saper risollevare stili e mettere in scena innovativi percorsi. Il trend emerso è l’uso di materiali innovativi che dimostrano l’importanza di offrire al consumatore qualcosa di veramente unico, tale da attivare un legame emotivo con il brand di riferimento. Badgley Mischka ha provato così con il tweed con fibre metalliche, Amy Smilovic per Tibi con gomma e plastica rivestita di poliuretano made in Italy, Iris van Harpen ha fatto ricorso a strips metallici e in rodoide (un materiale plastico a base di acetato di cellulosa), mentre Prabal Gurung ha utilizzato neoprene (una gomma sintetica) combinato con vernice nera. E ancora, mettendo alla prova l’abilità artigiana delle sue sarte, Alexander Wang ha utilizzato per la stagione autunnale un tweed laminato, lana merino laccata, pelli scamosciate cerate e tessuti a maglia jacquard "termo retratti". Soluzioni che hanno generato grande entusiasmo da parte di critici e appassionati di moda.


Questi sono solo alcuni esempi di come la creatività si stia muovendo in questi settori. A ben vedere, l’uso di materiali innovativi è rintracciabile anche nei mercati dell’home décor di lusso e in quello delle automobili. La scelta di questi materiali avanzati permette ai designer di giocare con trame, tessuti e fibre, donando un sofisticato e inusuale look ai loro prodotti.


Selezionati per le loro applicazioni innovative capaci di generare look complessi, questi materiali offrono in ogni caso e in vari settori un vantaggio non trascurabile: scoraggiano le imitazioni*.

 


4) Il lusso: dal vero lusso al fake
Un ultimo territorio da presidiare con attenzione riguarda la contraffazione e le relative strategie poste in essere per il suo controllo e soprattutto soppressione.


I prodotti di lusso contraffatti sono facili da trovare, poco costosi e il più delle volte così perfetti da rendere difficile l’individuarli. Così tanto che a Shanghai e in molte altre aree metropolitane i giovani consumatori del lusso adorano mischiare originale e imitazione (dai vestiti agli accessori), divertendosi a scommettere su chi identifica per primo il prodotto falso.


Ma non solo la Cina è afflitta da questo problema, molte tipologie di consumatori, in diversi paesi ne sono colpiti. Il problema principale è identificare chi sia in torto: i consumatori o i distributori?


I governi stanno collaborando sempre più con i brand del lusso per combattere contro produttori, distributori e venditori di beni contraffatti, ma non tutti i paesi stanno lavorano alla stessa velocità. La Francia, ad esempio, ha in essere una legge che può mandare qualsiasi utilizzatore in galera se trovato con prodotti falsi, mentre altri paesi come l’Italia, la Spagna e gli Stati Uniti non hanno ancora approvato una legge simile.


La via più utile per combattere questo tema delicato per i brand è di lavorare a stretto contatto con i governi e con le autorità per stabilire una legislazione che includa sanzioni, ma anche per ricordare il valore del “trademark”.


L’educazione dei consumatori è altrettanto importante in questa battaglia dato che sono loro il target principale della catena di produzione dei falsi. Insegnare e mostrare, ad esempio tramite campagne advertising e guerilla PR, cosa realmente si nasconda dietro la “creazione di un falso” può diventare una strategia efficace per sottolineare ancora di più il valore del brand, spingendo a consumare e quindi investire nel prodotto originale.

Una soluzione in questo “percorso di educazione al brand” potrebbe essere anche quella di coinvolgere testimonial di spicco, per evitare, come recentemente successo a Bangkok, che una star internazionale del calibro di Lady Gaga possa postare in un twitt la sua intenzione di comprare un orologio falso approfittando del suo tour nel Paese. La reazione delle autorità Thailandesi al proposito è stata pronta per ristabilire la buona immagine del territorio.

 


Considerazioni conclusive
Vista la complessità degli attuali territori del lusso diviene fondamentale mettere a fuoco al meglio le tendenze in atto, sia per chi già opera nel settore sia per coloro che sono interessati a costruire la propria professionalità futura in questo mondo così articolato.

A questo proposito, Marie-Pierre Schickel , direttore del Master in Marketing of Luxury Goods (v. http://www.domusacademy.com/lp/luxury/), non ha dubbi: “Per cogliere e sfruttare pienamente le opportunità derivanti da queste recenti evoluzioni, le aziende del lusso, grande o piccole, hanno bisogno di evolversi e di ripensare i loro modelli di business, al fine di servire un consumatore sempre più esigente. E hanno bisogno di reclutare manager con il giusto mix di competenze”. Da queste considerazioni è nato il suo progetto di Master ad hoc su questo mondo perché “l’acquisizione di una competenza professionale eclettica, che coniughi capacità manageriali, organizzative, creatività e multidisciplinarità è la chiave di successo per operare in un settore altamente competitivo come quello dei beni di lusso”.


Il nostro Dossier continuerà nelle prossime settimane per approfondire i topic dell’attuale mondo del lusso e le sue continue evoluzioni, attraverso l’analisi di casi nazionali e internazionali emblematici.

 

PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI (aggiornato il 24 luglio 2012)

Puntata II -"Dossier- Il Reloading del lusso" cliccare qui

Puntata III – "Dossier – Il lusso digitale" cliccare qui


—-
*Ref. article “Material Catwalk”, Matter Magazine 9.1 The Design Issue, 2012 Material ConneXion

A cura di

Patrizia Musso

Fondatrice di brandforum nel 2000

Direttore Responsabile del sito dal 2001

Professore incaricato del corso annuale di Storia e linguaggi della pubblicità (Facoltà di Scienze Linguistiche, indirizzo in Lingue, comunicazione e media) presso l'Università Cattolica di Milano dove insegna sin dal 1997 (temi: Comunicazione d'impresa interna ed esterna, corsi di laurea Triennali e Magistrali, Fac. Scienze Linguistiche, Fac.Sociologia, Fac. di Economia e Commercio). Presso il medesimo Ateneo sin dal 1993 svolge altresì attività  di ricerca. Dal 2009 insegna altresì Forme e strategie della comunicazione digitale presso il Master in 'Comunicazione, marketing digitale e pubblicità  interattiva' promosso in collaborazione con IAB Italia.

Dal 2014 è Direttore Didattico del Master in Account & Sales Management, Università Cattolica di Milano.

Dal 1998 al 2017 ha collaborato con varie Università ed Enti di formazione ( docenza di Promozione della marca all'Università  IULM di Milano, docenza di Brand communication presso Master IED - area Comunicazione, Marketing & Pubblicità (sede Milano), docenza di Branding e Fenomenologia dei media presso la sede IED di Torino).

Vanta altresì una consolidata esperienza nel settore della consulenza strategica applicata alla comunicazione di marca e d'impresa (esterna e interna) e in quello della formazione aziendale. Dal 1998 al 2004 è stata ricercatore e senior trainer presso la società internazionale Arkema con sede a Parigi di Andrea Semprini, occupandosi di formazione strategica e di ricerche semiotiche applicate al brand  (tra i clienti Barilla, MaxMara, Manzoni ADV).

Dal 2005 opera come free-lance per realtà aziendali prestigiose, collaborando al contempo su specifici progetti di consulenza e formazione strategica con quotati enti e società del settore. Ha collaborato in varie occasioni con l'istituto di ricerca S3Studium come esperto in una serie di indagini Delphi, tra cui 2010: IL VOLTO DELL’ITALIA. Come evolverà il valore intangibile del “made in Italy” e della “Marca Italia” (Coordinamento scientifico Domenico De Masi e Innocenzo Cipolletta, ottobre 2006).

Dal 1993 è autrice di numerosi volumi e saggi dedicati alla comunicazione d'impresa e alla brand communication, tra i più recenti: 
nel gennaio 2017 ha pubblicato la nuova edizione aggiornata e ampliata Slow brand. Vincere imparando a correre più lentamente

Nel 2018, con Alessandra Olietti, ha scritto il volume per FrancoAngeli Turismo digitale. In viaggio tra i click

Nel 2020, con Maria Luisa Bionda, ha curato il volume per FrancoAngeli Brand Renaissance. Nuove tecniche per rivoluzionare la comunicazione organizzativa

Da gennaio 2014 a settembre 2015 è stata membro dell'Advisory Board dell'OBE - Osservatorio Branded Entertainment.

Dal 2017 è Direttore Scientifico di OBE, e cura la rubrica sul Branded Entertainment sulla testata NC-Nuova Comunicazione

Dal 2016 è membro del Council SuperBrands Italia

Nel giugno 2015 ha dato vita alla I edizione dell'evento Slow Brand Festival, in collaborazione con l'Associazione Vivere con Lentezza e la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Dal giugno 2018 l'evento si tiene con la collaborazione anche di ALMED - Alta Scuola in Media, Comuncazione e Spettacolo - dell'Università Cattolica di Milano.

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