Intervista a Jerome Sicard: l’ “Evangelista” della Brand Protection
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Intervista a Jerome Sicard: l’ “Evangelista” della Brand Protection
13/04/2012

Mario Morales Molfino, per gentile concessione di Marketing Journal
La tutela del marchio è un tema di rilievo, anche on line. Quali risorse hanno a disposizione le imprese per prevenire l’uso fraudolento del marchio online e proteggerne il valore? A colloquio con Jerome Sicard, che ha fatto sua la missione di difendere i grandi brand dalla pirateria commerciale via WEB.

Quando ho incontrato Jerome, conoscendo il suo ruolo di responsabile del colosso MarkMonitor per tutto il Sud Europa, che lo fa rimbalzare dalla Francia all’headquarter di Londra e giù giù per tutta la parte calda dell’Europa, mi aspettavo di accogliere un maturo signore ultra cinquantenne con un pò di cenere sulle tempie e l’aria saccente. Mi sono invece trovato di fronte un poco più che trentenne, serio, ma tutt’altro che serioso e formale. Dopo cinque minuti avevo già percepito che, insieme al piercing, l’occhietto vispo e l’aria spigliata, Jerome possedeva una competenza ed una professionalità che mi hanno colpito. Ma quello che più mi ha affascinato, sono stati i contenuti che mi ha comunicato in questa intervista.

 

Jerome; perché ti definisci l’Evangelista del Brand Protection. Non ti pare un  tantino presuntuoso, al limite del blasfemo?

Non direi. Soprattutto se non carichiamo questa affermazione di connotati religiosi. E’ ovvio che gli evangelisti sono altri, anche se non tutti riconosciuti e MarkMonitor non è una Chiesa, ma una moderna ed innovativa organizzazione che opera in tutto il mondo e soprattutto è assolutamente unica. Nel mio caso e rispetto alla mia attività, il parallelismo è perfetto. Passo infatti la vita a raccontare l’impegno di MARKMONITOR nella missione di difendere i grandi brand dalla pirateria commerciale via WEB. Un fenomeno davvero nuovo e quasi misterioso. Enorme nei numeri e quasi per nulla conosciuto, se non dalle sue vittime.


Allora; veniamo al dunque e raccontaci un po’ meglio l’attività di MarkMonitor nella Brand Protection.


MarkMonitor Brand Protection tutela gli investimenti di marketing, la fiducia dei clienti e il loro fatturato aiutando le imprese a prevenire l'uso fraudolento del marchio online. Sfruttando l'accesso a fonti di dati online più vasto del settore e utilizzando tecnologia di rilevamento brevettata per monitorare costantemente sempre più canali internet rispetto alle altre soluzioni, protegge il valore del marchio, il traffico web, gli investimenti di marketing, il fatturato e la reputazione da una vasta gamma di abusi: scamming, canali non autorizzati, vendite contraffatte, false e del mercato grigio, falsa associazione, cybersquatting e altre minacce online.
I titolari dei marchi possono rilevare rapidamente gli abusi nel momento in cui avvengono per poter intervenire tempestivamente con meccanismi automatizzati, ad esempio cancellazioni di aste o scambi, disattivazione di pagamenti, lettere di cessazione e avvisi di rimozione di siti agli Internet Service Provider. Dimostrando un impegno attivo e concreto nella difesa dei marchi; riducendo cosi il rischio di attacchi futuri.


Realizzare marchi globali costa milioni; tuttavia le aziende che ne detengono la proprietà sono estremamente vulnerabili agli attacchi online, che possono seriamente minare gli investimenti, mettendo a repentaglio la reputazione del marchio, la fiducia dei clienti e il fatturato.


Questi attacchi, anche grazie alla libertà globalizzata della Rete,  fanno uso non autorizzato dei marchi registrati in false pubblicità a pagamento, URL, siti web ingannevoli e spam per deviare il traffico su siti concorrenti o addirittura illeciti. Lo scam pay-per-clic e la manipolazione dei motori di ricerca (detta anche Black Hat SEO) consentono ai malintenzionati di dichiararsi illegittimamente affiliati e associare marchi legittimi a prodotti discutibili e pilotando i consumatori su acquisti di prodotti non autorizzati, piratati e spesso contraffatti.

Il risultato? Un ritorno sull'investimento marketing sarà negativo. Miliardi di fatturato andranno persi. I legittimi titolari dei marchi vedranno aumentare i costi di garanzia, assistenza e altro. E, se ignorati, bastano pochi attacchi online per rovinare per sempre l'integrità di un marchio.
Con MarkMonitor le aziende possono ridurre questi seri impatti negativi. Questa soluzione esclusiva e brevettata (Software-as-a-Service) controlla infatti la più ampia gamma di proprietà internet e usa sofisticati algoritmi di rilevamento, tra cui rilevamento di immagini, riconoscimento grafico e tecnologia di scoring per scansionare milioni di pagine web, social media, messaggerie, siti di eCommerce e aste online, identificando tempestivamente il potenziale abuso del marchio.
MarkMonitor Brand Protection segnala immediatamente l'abuso dei marchi online, quindi attiva automaticamente le misure d'intervento per arrestare l'abuso. Le funzioni di collaborazione consentono alle diverse unità aziendali (ufficio marketing, legale, ecc.) di svolgere il proprio ruolo nell'impostare le priorità di prevenzione, rilevamento e intervento. Il tutto con provata efficienza ed efficacia. Inoltre, le solide capacità di rilevamento, intervento e prevenzione di questa soluzione consentono alle aziende di ridurre notevolmente i pericoli dello scam pay-per-clic, dei canali non autorizzati, dei prodotti potenzialmente contraffatti o piratati, delle vendite del mercato grigio, dell'abuso dei marchi e altre forme di abuso.

 

E’ un fiume in piena Jerome, mentre tenta di “evangelizzarmi” e devo dire che ci sta proprio riuscendo…E’ chiaro e preciso e, dopo una breve presentazione personale, capisco anche perché parla così fluentemente l’italiano: è di origini francesi e alla sua età ha già girato molti continenti. Pignolo come un francese e aperto come un uomo del mondo. Jerome; puoi fare qualche esempio pratico, in quale settore specifico é strategico il ruolo della Brand Protection?

 

Va bene Mario. Entriamo nel merito e mettiamo il coltello nella piaga. Ad esempio nel campo dell’abbigliamento sportivo, dove i brand sono potenti e globalizzati. Da un rapporto (un’edizione speciale del Brandjacking Index®, incentrata sulle vendite di capi di abbigliamento sportivo online) si rivela che i contraffattori sospetti attirano almeno 56 milioni di visite l’anno e vendono circa 1,2 milioni di magliette attraverso i siti e-commerce e di compravendita business-to-business (B2B) l’anno. Per realizzare il rapporto, MarkMonitor ha analizzato cinque dei principali marchi sportivi, incluse federazioni di lega USA e internazionali, per stabilire chi ha usato questi marchi nel commercio online e nella promozione di capi di abbigliamento sportivo di dubbia provenienza. L’analisi è stata condotta durante il quarto trimestre del 2010 e ha interessato canali di promozione e distribuzione online, inclusi rivenditori business-to-business (B2B) di merci all’ingrosso e siti business-to-consumer (B2C), compresi siti e-commerce, insieme a circa 300 combinazioni di parole chiave coperte dal marchio che innescano inserzioni di ricerca a pagamento nei principali motori di ricerca.
I truffatori online vedono una straordinaria opportunità nella passione e nella lealtà di milioni di tifosi, approfittando sia dei marchi che dei fan online. Questi truffatori competono con  inserzionisti online legittimi e con siti e-commerce, facendo lievitare i costi per i marchi e confondendo i fan. Lo studio ha identificato più di 1.300 siti web e-commerce che vendono magliette di origine discutibile  con uno o più marchi compresi nello studio. I siti attirano più di 56 milioni di visite l’anno e vendono, si stima, 800.000 articoli l’anno. La grande maggioranza di questi siti era collegata a soggetti registranti o società di registrazione di domini cinesi.
Lo studio ha anche  evidenziato anche più di 4.000 individui, fornitori non autorizzati che offrono merci contraffatte su siti di compravendita B2B. Questa catena di fornitura comprende fornitori con sede soprattutto in Asia e che si stima vendano 300.000 magliette l’anno.
Oltre alla loro abilità distributiva, questi truffatori dimostrano un alto livello di sofisticazione nel promuovere i loro siti e nell’attirare traffico. Nel corso dello studio, abbiamo esaminato circa 480.000 inserzioni di ricerca a pagamento, innescate da più di 280 combinazioni di parole chiave e scoperto che circa il 28% di queste inserzioni promuovevano merci sospette, attirando circa 11 milioni di visite l’anno.
In pratica, i contraffattori fanno concorrenza agli inserzionisti legittimi per promuovere le loro merci, facendo lievitare i prezzi e offrendo di più degli inserzionisti legittimi per conquistare posizioni privilegiate. Di conseguenza, gli inserzionisti legittimi devono pagare di più per le loro parole chiave di ricerca coperte dal marchio e fare concorrenza ai contraffattori per il traffico che cerca i loro marchi. Gli investimenti che le aziende fanno nei loro marchi sono particolarmente efficaci nell’indirizzare il traffico, visto che il 20% di tutte le ricerche sono per termini coperti dal marchio, stando a un recente studio di comScore e Yahoo Search Marketing (Overture).
 

Un altro esempio nell’universo turismo. Un settore in continua crescita, anche grazie alle Rete Internet. I marchi alberghieri rischiano di fatto che il proprio traffico di ricerca venga intercettato da agenzie di viaggio online (OTA) e potenzialmente dirottato sulle proprietà della concorrenza. Di conseguenza i marchi alberghieri perdono clienti ed introiti a vantaggio della concorrenza oppure pagano commissioni inutili. I viaggi e il commercio online stanno crescendo in maniera esponenziale e per gli hotel è il momento giusto per sviluppare ulteriormente le proprie strategie di marketing online proteggendo il flusso dei click. L’expertise nel commercio online del settore alberghiero dimostra come il traffico online e i relativi introiti e rapporti con i clienti possano venire persi facilmente in assenza di un programma di protezione del marchio.
Abbiamo condotto un’analisi nei primi mesi del 2011 su cinque marchi alberghieri internazionali, inclusi marchi economy, della fascia media di mercato e lusso, e ha interessato siti di commercio online, marketplace per gli utenti e campagne e-mail che promuovono marchi alberghieri. Lo studio ha anche analizzato più di 1,3 milioni di annunci di ricerca innescati da quasi 4000 combinazioni di parole chiave che includevano quei marchi e ha calcolato il flusso di traffico generato per sviluppare le stime.
Lo studio ha individuato più di 1750 OTA che hanno acquistato parole chiave utilizzando uno o più dei cinque marchi monitorati. Tale investimento nel marketing dei motori di ricerca ha avuto come risultato il dirottamento del traffico verso beni della concorrenza costando al settore alberghiero 1,9 miliardi di dollari in introiti persi e 270 milioni di dollari in pagamenti di commissioni inutili.
Secondo l’Internet Advertising Bureau (IAB) ogni anno il settore dei viaggi spende 1,8 miliardi di dollari in pubblicità online di cui il 46% è assegnato alla pubblicità di ricerca. Nel 2010 Forrester Research ha stimato che il 40% delle prenotazioni di viaggi è stato effettuato online e un altro quarto delle prenotazioni complessive è stato influenzato dalle ricerche online.

Un’altra forma di brandjacking individuata dallo studio è il cybersquatting, una tecnica che usa illegalmente il sistema di registrazione del nome di un dominio registrando nomi che comprendono i marchi non di proprietà della persona che effettua la registrazione. Lo studio ha individuato oltre 2100 domini colpiti dal cybersquatting utilizzando i cinque marchi analizzati. Questi domini hanno generato oltre 57 milioni di visite all’anno che potrebbero invece interessare i siti ufficiali degli hotel. La maggior parte dei domini è monetizzata tramite schemi pay-per-click (PPC) che offrono solamente un insieme di link PPC.


Chiuderei con gli esempi, raccontandovi la storia delle vendite sospette nel campo dei farmaci dimagranti promossi online. Un campo nel quale i pirati della Rete operano con danni incalcolabili, non solo per i marchi, ma anche per i consumatori che corrono seri rischi per la propria salute.
Oggi, nel settore dei farmaci per dimagrire si registra una crescita allarmante di pratiche illecite per cui si possono acquistare pillole dimagranti online senza la necessaria prescrizione medica. Noi abbiamo analizzato 358 siti Web di commercio elettronico che ricevono più di 67 milioni di visite l’anno e vendono o indirizzano i consumatori ad altri siti che distribuiscono pillole dietetiche nel Regno Unito. I risultati mostrano come una percentuale incredibile di questi siti, ben il 93%, vende e distribuisce farmaci senza prescrizione medica, una pratica illegale nel Regno Unito. Di questo 93%, un 22% richiede solo una “consultazione online” per poter acquistare tali farmaci, che non sostituisce il requisito legale di una prescrizione né garantisce la disponibilità di informazioni accurate.
L’entità del problema è stata rilevata dalle indagini di MarkMonitor, dalle quali è emerso che solo due dei 358 siti sono autorizzati a rivendere pillole dietetiche con una prescrizione medica ai consumatori britannici.
Vendere farmaci senza prescrizioni valide è un’attività redditizia e assistiamo a una proliferazione di pratiche sospette di questo tipo online. Le statistiche parlano chiaro – un numero crescente di siti Web al di fuori di ogni controllo fornisce enormi quantità di pillole dimagranti a consumatori ignari. Con l’obesità che affligge ora un adulto su quattro nel Regno Unito, sempre più gente guarda a nuovi modi per perdere peso facilmente e rapidamente e si rivolge a Internet per trovare la soluzione. Questo pubblico in cattività costituisce una grande opportunità di affari per i truffatori che operano su Internet.

 

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