J’adore Dior: il profumo che rinuncia al testimonial
Brand life
J’adore Dior: il profumo che rinuncia al testimonial
11/02/2013

Alessandra Olietti, Redattore Junior, Brandforum.it
La nuova campagna di Dior, apparsa solo sul web, stupisce per la sua scelta inconsueta di rinunciare al testimonial per pubblicizzare il celebre J’adore. Un viaggio alla scoperta della celebre frangranza per sottolinearne la parte più “materiale” (ingredienti), ripetto a quella più “glam” (testimonial).

La maggior parte delle campagne pubblicitarie dei profumi utilizza testimonial (viventi o del passato) per dar loro maggior appeal e risalto, nonché aumentare l’empatia con i prodotti in questione. Ultimamente però dobbiamo osservare che sempre di più si opta per strategie inconsuete: prendiamo ad esempio Chanel che per pubblicizzare uno dei profumi simbolo della femminilità – il suo celebre Chanel N.5 – ha scelto un uomo, Brad Pitt, come testimonial (certo di tutto rispetto per il pubblico femminile, ma che forse non facilita l’immedesimazione da parte di una donna).
Altra scelta inconsueta, che andiamo ad analizzare da vicino, è invece la decisione della Maison Dior di rinunciare al testimonial per il suo celebre J’adore.

 

 

Il passato di J’adore
Il profumo J’adore è nato nel 1999 dalle ricerche sulle fragranze floreali della casa di moda francese e per essere pubblicizzato è sempre stato affiancato da testimonial famosi. Per esempio nello spot del 2002 è la modella estone Carmen Kass che immergendosi in una piscina di acqua dorata sussurra per la prima volta l’ormai celebre “J’adore Dior”; oppure quello del 2004 con Charlize Theron avvolta in un lenzuolo dorato; fino all’ultimo in cui la bella attrice sfila indossando un abito – sempre in oro – fino a confondersi, allontanandosi, con il packaging del prodotto (per vedere lo spot http://www.youtube.com/watch?v=mXrWiJcmvBI).
Perché allora nel nuovo cortometraggio non c’è nessun testimonial?

 

 

Il nuovo spot
La nuova campagna racconta come nasce la famosa fragranza J’adore attraverso il viaggio che compiono i suoi ingredienti che la rendono unica e riconoscibile: dall’essere fiori a diventare gocce profumate. L’avventura è raccontata attraverso le parole di François Demachy – creatore di profumi per Dior – mentre viaggia attraverso vari ambienti alla ricerca delle materie prime più pregiate al mondo, materie che hanno dato vita all’iconica fragranza della Maison, ora riproposta con il nome “Le Parfum”, come se fosse “Il profumo” per eccellenza.

 

La campagna pubblicitaria ha differenti versioni: due short da 60 secondi e 3 minuti, e una in versione cortometraggio di una ventina di minuti.
Le prime immagini di tutte e tre le versioni trasportano lo spettatore in un mondo onirico e fiabesco, in una situazione difficile da collocare con precisione: paesaggi incantevoli, luce soffusa e suoni della natura incontaminata che fanno perdere per un istante la concezione della realtà a chi lo sta osservando. La luce debole, che va via-via aumentando, assomiglia ad un’anima creatrice che andrà ad illuminare di volta in volta quegli ingredienti che formano il celebre profumo.

 

La versione più breve è accompagnata da una voce fuori campo femminile che racconta, in modo sensuale, la storia del profumo quasi fosse una favola. La donna in questione non viene svelata al termine dello spot, quasi a voler aumentare l’alone di mistero che la avvolge (non ci è infatti dato di sapere chi sia). Il filmato si concentra in modo particolare sull’esperienza degli “artigiani” che grazie ai loro gesti sapienti contribuiscono alla nascita di J’adore: dalle mani delle lavoratrici indiane che raccolgono pazientemente i boccioli dei fiori, ai vetrai esperti di Murano (Venezia) che plasmano e soffiano il vetro dell’ampolla dorata che contiene il profumo.

 

J’adore infatti è celebre non solo per la fragranza, ma anche per la boccetta dalla forma sensuale che la contiene. Il flacone diventa oggetto d’arte, simbolo di eleganza, raffinatezza, purezza e rigore per i dettagli: una sorta di flacone gioiello che ricorda la silhouette di una donna dai fianchi pronunciati, un’esaltazione della femminilità.
L’avventura termina a Parigi, città natale della Maison, dove il motivo del viaggio si mostra totalmente: una goccia dorata che nel buio dà forma alla celebre boccetta tondeggiante e, per fugare ogni dubbio, viene pronunciata l’ormai celebre “J’adore Dior”.

 

Il cortometraggio, chiaramente più lungo, arricchisce la storia di particolari: si presenta come un documentario con inizio a Grasse nel sud della Francia dove François Demachy spiega dove e come nasce l’essenza J’adore. Demachy è anche la voce narrante, una sorta di “garante” delle varie tappe che sostituisce la sensuale voce femminile della versione più breve.

 

Sono state inoltre inserite immagini di paesaggi dove la natura regna sovrana: rumore delle fronde degli alberi al vento, acqua che scorre incontaminata.
Nella long version troviamo anche delle interviste alle persone che grazie alla loro professionalità e passione hanno permesso al profumo di diventare un’icona, come ad esempio Jean-Michel Othoniel, artigiano del vetro, che ha dato forma al celebre flacone.

 

Riflessioni
Spot molto distante da quelli a cui ci aveva abituato Dior in precedenza: oro, palazzi storici, modelle seducenti. In questi nuovi video il brand sembra volersi “purificare” per fare un passo indietro e tornare alle origini, far comprendere a tutti come nasce il famoso profumo. Rimane, solo alla fine, la presenza del colore oro, un colore che rimanda alla preziosità e al lusso.
Il legame con le versioni precedenti è dato dal famoso claimJ’adore Dior”, inserito anche per ricordare al pubblico – magari perso nei paesaggi onirici – di quale profumo si sta parlando.

 

È da sottolineare inoltre che l’assonanza “or” all’interno del claim viene tradotta dal francese come “oro” e quindi rimanda a tutta quella sfera di significati appena citati in riferimento al colore, seppur scarsamente presente nel cortometraggio.
Sempre in riferimento al claim, si noti come rappresenti un’esclamazione di approvazione e stima nei confronti della maison, volutamente posta al termine dello spot per portare lo spettatore all’apice della tensione razionale ed emotiva.

 

L’emozione è una delle chiavi di successo degli spot, infatti – soprattutto negli ultimi tempi – c’è una tendenza a raccontare storie emozionanti ed emozionali che coinvolgano il consumatore e che attivino in lui delle sensazioni. Queste ultime sono il risultato di impulsi emotivi che passano sapientemente attraverso le immagini pubblicitarie, in particolare negli spot dei profumi sono presenti stimoli intensi rivolti a tutti i sensi del corpo.

 

Dobbiamo però ricordare che il senso principe a cui si rivolgono è l’olfatto, chiaramente non stimolabile attraverso un filmato. Nello spot di J’adore per esempio viene attuata una “strategia sinestetica” (Codeluppi:2010), che consiste nell’attivare gli altri sensi affinché questi possano stimolare indirettamente l’olfatto.
Lo spettatore si sente quindi appagato, seppur inconsciamente, ed è spinto ad acquistare il prodotto per avere un appagamento reale.

 

In questi spot, come in molti dedicati ai profumi, il prodotto è il vero protagonista e diventa una vera e propria star: in questo modo, come sostenuto da Jacques Séguéla nella sua teoria sulla “Star strategy”, vengono posti al centro il prodotto e il suo acquirente aumentando di conseguenza la brand identity. La donna che indosserà J’adore sarà lei stessa una star, fondendosi nel prodotto stesso.
 


Il celebre profumo in questo caso è un prodotto in grado di convincere della sua unicità, che sa resistere al tempo che scorre e che sa sedurre agendo in primis sui sensi.
Ogni star che si rispetti ha una storia alle spalle, una storia che l’ha saputa rendere celebre. È per questo che Dior – forse – ha deciso di fare un passo indietro e raccontare attraverso immagini e interviste come nasce la sua celebre fragranza. Un racconto (storytelling) che va a sopperire il bisogno innato di ognuno di noi di raccontare e ascoltare storie. In questo modo aumenta l’empatia con lo spettatore, che si avvicina maggiormente al prodotto e che sarà facilitato nel ricordare storia e profumo in questione.

 

 

Considerazioni conclusive
Idea nuova e sicuramente originale
quella proposta da Dior nel far vedere ciò che “sta dietro” alla creazione di un profumo, seppur in modo romanzato, tenendo come filo conduttore della storia gli elementi costitutivi della fragranza.

 

Interessante anche il considerare la realizzazione di un profumo come un viaggio: un climax ascendens in cui non mostrare subito il prodotto finale, ma ripercorrere tutte le tappe che fanno di J’adore un’arte che coinvolge più persone. Il “tributo” a questo viaggio conoscitivo è – come abbiamo visto – la realizzazione di un filmato, presentato in versioni differenti, che sottolinei la parte “esperienziale” e spesso nascosta che forma i tasselli costitutivi della fragranza di Dior, più che acclamarne il testimonial.

 

I vari spot non sono andati on air, nonostante la versione più breve (circa un minuto) fosse adatta ai format televisivi. I filmati in questione sono visibili sul web, sia sul sito ufficiale della Maison sia sul canale Dior di YouTube.
Questa scelta è probabilmente data dal fatto che i filmati siano stati pensati per gli “appassionati” del brand che sono soliti consultare le due piattaforme su cui sono stati lanciati gli spot e vogliono conoscere le curiosità del brand stesso, nonché essere maggiormente informati sui suoi prodotti.

 

Video per consumatori “informati” quindi, che vogliono sapere di più su J’adore e che si concentrano pertanto sugli elementi che lo costituiscono piuttosto che sul volto famoso che lo accompagna, che potrebbe forse distogliere l’attenzione dal lavoro puntiglioso degli “artigiani del profumo” che si vuole invece far emergere.

 

Le scelte che hanno portato in questo caso Dior a rinunciare al testimonial famoso per pubblicizzare un suo prodotto potrebbero essere molte.
Sicuramente possiamo affermare che la Maison ha deciso di focalizzarsi maggiormente sull’esperienza di chi crea la fragranza, piuttosto che sulla notorietà di chi presta il suo volto per pubblicizzarla (di certo una scelta che consente anche di limitare il budget, in un periodo come questo gravato dalla crisi e dall’aumento di un consumo “critico” anche nel mondo del lusso).

 

Vista la complessità narrativa scelta e il peso dei contenuti volti a rafforzare l’identità stessa del brand, a nostro parere questo prodotto audiovisivo ben si presterebbe ad un uso in chiave internal branding: uno storytelling, quindi, rivolto ai dipendenti della Maison focalizzato sul celebre profumo J’adore, dove l’accento verrebbe posto sulla componente più “materiale” della fragranza (ingredienti costitutivi), rispetto a quella più “glam” (testimonial).

 

 

A cura di

Alessandra Olietti

Redattore Senior 

Project Manager Eventi

Collabora con Brandforum da gennaio 2012

Forte interesse per la scrittura sul web e sui social, nonché per il mondo del brand, in particolare per le strategie comunicative applicate al business turistico. Su questa tematica nel 2018 ha scritto un libro per FrancoAngeli - "Turismo digitale. In viaggio tra i click" - con Patrizia Musso.

Dal giugno 2015 collabora nell'organizzazione di Slow Brand Festival, un appuntamento annuale - ideato dal Direttore di Brandforum - dedicato alle riflessioni sul fenomeno Slow in Italia. 

Si è laureata con lode presso l’Università Cattolica di Milano con una tesi magistrale sulla comunicazione aziendale attraverso gli spazi, riletta alla luce delle teorie dei media digitali e del marketing esperienziale. Attualmente è Docente a contratto presso il medesimo ateneo, nonché formatore e consulente aziendale

In Università Cattolica è inoltre Career Adviser (CIMO. Comunicazione per le imprese,i media e le organizzazioni complesse) e Coordinatore dell'International Master in Cultural Diplomacy.

Oltre alle attività accademiche, si occupa di Coordinamento Media e Marketing per Alchemilla Cooperativa Sociale  in relazione al progetto "Artoo. L'arte raccontata dai bambini", una start up innovativa che propone un modo nuovo di avvicinarsi all’arte, promuovendo l'autoralità e il protagonismo culturale dei bambini anche in età prescolare.

Nel tempo libero cucina, legge e appena può scappa tra i monti.

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