Made in Italy nel settore #food: sfide internazionali per i brand italiani
Brand in Italy
Made in Italy nel settore #food: sfide internazionali per i brand italiani
04/12/2018

Maddalena Esteri, Network di Brandforum.it
Il punto di vista di due noti brand italiani, Barilla e Lavazza, a proposito del legame tra brand, territorio e cultura.

"Il Made in italy è un’etichetta, spesso nel vero senso della parola, ma se parliamo di brand internazionali è un valore importante da maneggiare con cura". Ecco uno dei punti cardine dell’Italians Festival 2018, che si è recentemente tenuto al BASE di Milano.

 

Il tema di quest’anno? #HumanIntelligence: una provocazione che invita ad indagare la possibilità di affrontare le sfide della comunicazione ponendo la fiducia sull’umano, sul tangibile, in opposizione alle novità che arrivano dal mondo dell’Artificial Intelligence. E infatti, seduti sulle comode poltrone del Google Lab, nella seconda giornata del Festival della Comunicazione italiana, abbiamo trovato due colossi che rappresentano prodotti più che mai analogici: il caffè e la pasta. Stiamo parlando di Carlo Colpo, Global Head of Marketing Communication Lavazza, e Pierpaolo Susani VP Marketing Barilla e Voiello Italia.

 

 

E proprio il Made in Italy, non a caso, è il tema dal quale si parte in questo dialogo: quanti valori racchiude questa denominazione? Pierpaolo Susani sottolinea che l’intento di Barilla è quello di valorizzare non solo cosa c’è dietro ai prodotti, ma anche cosa c’è dentro ad essi. Questo è possibile solo creando un forte legame con il territorio e con il gusto italiano.
Gusto italiano presente anche nel modo di prendere il caffè che Lavazza vuole rappresentare: Made in Italy per l’azienda torinese è infatti sinonimo di creatività, quella attraverso la quale il brand è riuscito a rivoluzionare il momento del caffè in tutto il mondo, da gesto funzionale a momento di piacere e convivialità. Insomma, la comunicazione di Lavazza dona al caffè il ruolo di medium che favorisce l’incontro e il dialogo tra i consumatori. “Non a caso la recente campagna di comunicazione global (https://www.youtube.com/watch?v=BTuGE60hWwM) di Lavazza recitava: Born social in 1895 – spiega Carlo Colpo – perché in fondo consideriamo Lavazza come il primo social network della storia”.

 

 

La centralità della dimensione "glocal"

È quindi evidente il forte legame dei due brand con il territorio e la cultura italiana, un linguaggio local per le due aziende che devono però pensare in termini global: sembra una contraddizione, eppure il modello glocal si è ormai affermato da anni e oggi i brand seguono spesso quella che sembra ormai diventata una legge non scritta: “think and make local, act global”. Come si posizionano le due aziende in questa dinamica? Lavazza, nonostante sia riconosciuto come brand internazionale, vuole incontrare le esigenze locali e proprio per questo negli ultimi anni ha acquisito quelli che Carlo Colpo ha chiamato “local jewels” (come le aziende francesi Carte Noire ed ESP, la danese Merrild, la canadese Kicking Horse Coffe), brand locali che arricchiscono il portafoglio del gruppo customizzando l’offerta e il messaggio di Lavazza alle esigenze locali. Invece Barilla, animata dalla stessa filosofia, differenzia la comunicazione rivolta ai paesi in cui opera per aree geografiche: il messaggio dell’azienda italiana diventa così personalizzato per ogni cluster.

 

 

Strategia ibrida tra on e offline per una comunicazione efficace e di qualità

Se i paesi ai quali comunicare diventano tanti, pianificare la comunicazione tramite media strategici diventa essenziale: ecco che per i brand internazionali diventa fondamentale capire quanti e quali media scegliere per ogni paese, e trovare il giusto equilibrio tra i canali tradizionali (come la tv, che in Italia è ancora un mezzo di comunicazione indispensabile, mentre in tanti paesi è passata in secondo piano) e quelli offerti dalla diffusione del web. Tuttavia, per le due aziende sembra che la priorità rimanga la qualità del messaggio, al di là del supporto mediale su cui viene veicolato: “Spesso quando si parla di comunicazione digital si incorre in un equivoco: non si può dare troppa rilevanza ai dati quantitativi, ma piuttosto dobbiamo concentrarci ancora sul curare la qualità delle azioni comunicative”, ha affermato il Global Head of Marketing di Lavazza.

 

 

In effetti, da quello che emerge dall’intervento dei due Manager, “qualità” sembra essere la parola chiave per creare un rapporto autentico tra prodotto e consumatore: un valore aggiunto che parte dall’autenticità della materia prima e del messaggio intorno ad essa, essenziali per creare un dialogo genuino con le persone. Questo tipo di rapporto tra brand e target sembra proprio mettere l’uomo e le sue esigenze al centro degli obiettivi delle due aziende: un tema importante che è protagonista di #IF18, edizione del Festival checome abbiamo detto in precedenza vuole celebrare proprio la Human Intelligence e l’importanza dell’uomo nella comunicazione.
L’uomo e il suo pensiero sono al centro delle azioni di Barilla, per questo vorremmo parlare di big idea piuttosto che di big data” interviene Pierpaolo Susani. E anche Carlo Colpo si trova d’accordo con Barilla: “non voglio non sembrare calato nel contesto contemporaneo, ma non sono un grande fan dei big data,” – afferma – “certo questi dati sono importanti per capire i trend, ma sono informazioni da maneggiare con cura, perché non potranno mai creare da soli delle big idea delle quali parlava Pierpaolo Susani. In fondo, se Henry Ford avesse usato i big data avrebbe investito sui cavalli, non costruito macchine”.

 

 

I dati e le statistiche suscitano quindi un modesto riserbo, ma anche quelli che riguardano le classifiche? Ora che è uscita la graduatoria Best Global Brand 2018 di Interbrand sappiamo che l’Italia è poco presente, con il primo brand made in Italy posizionato al 39° posto (Gucci). “Io non sono preoccupato che i brand italiani non siano tanto presenti in queste classifiche,” rivela Pierpaolo Susani, “oggi si richiede alle aziende di fare un lavoro impeccabile, siamo tutti chiamati all’eccellenza, ma quello che invece fa la differenza è la creazione riuscita di un rapporto sano e genuino con le persone”. E di rapporto con le persone parla anche Carlo Colpo: “L’unica classifica che conta è quella sulla reputation: mi piace l’idea di poter costruire un legend brand che riesca a costruire e mantenere valori che vadano oltre a quelli economici, che siano collegati al sociale ed alla cultura.” Con il patrimonio storico italiano, è in fondo inevitabile che i brand made in Italy dialoghino con la cultura. Ed è proprio per coltivare il legame con la cultura e con il consumatore che Lavazza ha costruito la sua nuova sede nel quartiere Aurora di Torino, frutto di un intervento di riqualificazione urbana: 30mila metri quadri dedicati all’azienda, ma anche e soprattutto ai cittadini, con punti di ritrovo e di condivisione, un museo ed un sito archeologico. Tutto costruito con materiale ecosostenibili, al passo con i cambiamenti socio-culturali.

 

 

Considerazioni conclusive

Eppure, il futuro va incontro a processi sempre più meccanizzati e digitali: se lo scopo è quello di tenere il passo dell’evoluzione della società, come far convivere uomo e macchina? Barilla coglie la sfida: “è il momento di essere game changers, chi lavora nella comunicazione e nel marketing non deve mai subire niente, ma deve piuttosto essere pronto a saper interpretare il mondo che cambia.” Anche Lavazza sembra in linea con il tema di questa edizione del festival: “Spero nel ritorno di un Umanesimo, il talento delle persone è più cool dell’intelligenza artificiale, in fondo la Cappella Sistina è la più grande pubblicità della storia ed è stata fatta da un uomo. Per questo preferisco correre il rischio e puntare sul talento umano”, chiude Carlo Colpo.

 

 

Leo Burnett, nel concepire la sua teoria dello HumanKind (http://www.leoburnett.com.tr/en/page/humankind), affermava che le decisioni di business e le strategie pubblicitarie devono prima di tutto partire dalle persone e dai loro bisogni, perché “ciò che fa bene alle persone, fa bene agli affari”. Ascoltando le parole del VP Marketing di Barilla e del Head of Marketing Communication di Lavazza, ed analizzando il percorso dei due brand iconici che hanno portato il Made in Italy nel mondo senza spogliarlo della sua autenticità, è evidente il fatto che anche loro la pensano così: Barilla e Lavazza fanno uso cioè di un linguaggio creativo e “umano”, che parte prima di tutto dal consumatore, dalle sue idee e dalle sue relazioni, perché, come diceva Burnett, “Ad agencies don’t create iconic brands, people do”.

 

Per approfondimenti:

Link post Instagram Barilla Italia: https://www.instagram.com/p/BpZpF10h4Bf/
Link post Instagram Lavazza Global: https://www.instagram.com/p/Bp9pY9ahLvf/

 

Maddalena Esteri, dopo aver conseguito nel 2017 la Laurea con lode nel Corso di Laurea triennale in Linguaggi dei Media, indirizzo Pubblicità, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, con una tesi sulla Comunicazione di eventi d’Arte contemporanea ed il caso Art Night di Londra, sta attualmente frequentando il Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse. Appassionata del mondo della comunicazione e dell'editoria da sempre, grazie ad esperienze lavorative, come lo stage presso il Maiarelli Studio di New York, ha avuto modo di approfondire il rapporto tra advertising e grafica, mentre svolge attualmente il ruolo di Caporedattrice presso la testata universitaria CIMOinfo.

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A cura di

Maddalena Esteri

Caporedattore CIMOinfo, Network di Brandforum.it

Dopo aver conseguito nel 2017 la Laurea con lode nel Corso di Laurea triennale in Linguaggi dei Media, indirizzo Pubblicità, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, con una tesi sulla Comunicazione di eventi d’Arte contemporanea ed il caso Art Night di Londra, sta attualmente frequentando il Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse. Appassionata del mondo della comunicazione e dell'editoria da sempre, grazie ad esperienze lavorative, come lo stage presso il Maiarelli Studio di New York, ha avuto modo di approfondire il rapporto tra advertising e grafica, mentre svolge attualmente il ruolo di Caporedattrice presso la testata universitaria CIMOinfo

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