“McBarilla”: Una rilettura del concetto di McDonaldization
Brand in Italy
“McBarilla”: Una rilettura del concetto di McDonaldization
12/07/2013

Andrea Rizzo, Redattore Senior, Brandforum.it
L’ultimo espediente in casa Ronald McDonald, ovvero la joint venture con Barilla, alimenta le nostre analisi sulla dimensione di brand reloading in chiave 3.0 di questo colosso internazionale.

Introduzione
Del fenomeno Mc Donanld’s abbiamo parlato a più riprese (v. http://brandforum.it/papers/844/strategie-e-marketing-3-0-il-caso-mcdonald-s-uk-e-italia ).

 

Di certo, l’ultimo espediente in casa Ronald Mc Donald, ovvero la joint venture con Barilla e la relativa introduzione di un nuovo prodotto longitudinalmente distante dalla sua classica offerta di cibi, non può fare altro che alimentare le nostre analisi sulla dimensione di brand reloading in chiave 3.0 di questo colosso internazionale.

 

Retro-Macdonaldization o diversificazione?
Da qualche anno Mc Donald’s ha deciso di rivisitare i suoi classici menu (a base di panini da veloce consumazione) in chiave slow-food, proponendo varie insalate miste, un elemento al contempo distonico ed entropico rispetto alla sempre vincente product line di partenza.

 

Al costo di circa 4,90 euro è, dunque, possibile assaporare i gusti di una cucina mediterranea al 100% a scapito dei sapori di mamma America.

A un occhio più critico e attento non sfugge che tale espediente vada un po’ o, un po’ tanto, contro l’idealizzazione del modello di rapidità e uniformità su cui riposa gran parte del business model aziendale, modello che, a detta di Ritzer (Ritzer G.:1993), si caratterizzerebbe per le seguenti peculiarità:
efficienza: si tratterrebbe di un’efficienza al servizio del soddisfacimento dell’appetito del consumatore che, in pochi istanti, riuscirebbe a passare dalla status di “affamato” a quello di “sazio”, il tutto supportato anche da progettazioni strutturali che ne garantiscano la riuscita (vedi Mc Drive o i recenti pre-pagamenti ai totem automatici).
calcolabilità: riguarderebbe l’enfasi che il colosso riverserebbe sui vari aspetti quantitativi del business. Rapidità, esecuzione continua dei task e pronta somministrazione del prodotto sono solo alcuni dei dictat cui l’organizzazione deve attenersi in modo stringente.
predittività: è la garanzia di identicità e continuità dei prodotti in termini temporali e spaziali.
controllo: l’esecuzione delle attività è di importanza vitale alla riuscita del business e per tale motivo vi è la necessità di formare una forza lavoro standardizzata e uniforme deputata all’esecuzione di dati task per cui si potrebbe anche impiegare un’automazione.

 

Visto da questo punto di vista allora un piatto di pasta all’interno della catena di fast food per eccellenza, anche se in “modalità insalata fredda”, sembrerebbe remare contro almeno alcune delle caratteristiche sopra elencate o almeno getterebbe le basi per un fenomeno di diversificazione. Se il fronte del controllo non sembra essere compresso (la rapidità del servizio rimane tale), quello della calcolabilità, della predittività e, in una certa misura, dell’efficienza accusano degli indebolimenti. Analizziamoli punto per punto.

 

 

Calcolabilità: aspetti quantitativi e qualitativi a confronto
Tutti noi siamo abituati a identificare Mc Donald’s come il fast food dei menù. Lato azienda, l’idea di offrire dei bundle, in effetti, è stata una delle chiavi vincenti: grazie a strategie di marginalizzazione e profit-making è riuscita a raggiungere negli ultimi decenni un deciso vantaggio competitivo. Lato consumatore, acquistare item separati in questo store non solo non è tipico ma è addirittura, poco profittevole.


Con l’introduzione dell’insalata di pasta, la calcolabilità risente sia in termini quantitativi che qualitativi. In particolare, essa non si sposa con la predetta strategia di bundling: un serving di pasta ha un costo relativo superiore ai normali menù. Se dal lato del produttore è intuibile, ma non accertabile, la profittabilità del nuovo prodotto, dal fronte consumatore per una sola insalata (dunque, per un solo item) si parla di un acquisto che equivale al 70% del prezzo di un meal composto da panino+bevanda+bibita. L’offerta di pasta, quindi, promuove una valutazione qualitativa, piuttosto che quantitativa: non si venderebbe più, dunque, in termini di BigMac ma in termini di GoodMac? Si esaltano i suoi sapori, le sue origini, mentre si sottacciono le abbondanze, le esagerazioni (e con esse l’assioma del pay a little, eat a lot).


Gran parte di questa operazione è ovviamente garantita dall’autorevolezza del brand partner e fornitore (Barilla); quel brand che negli ultimi anni ha deciso di esportare il suo marchio oltreoceano e che nel breve periodo diversificherà la sua attività con apertura di ristoranti total-brand nel paese a stelle e strisce. In gergo tale strategia prende il nome di “brand alliance”, ovverosia un’alleanza tra due o più brand volta alla creazione di un prodotto “ricettore” che porti in sé le architetture valoriali dei brand “produttori”.

 

Un espediente non del tutto nuovo a Mc Donald’s (si veda l’impiego di ingredienti DOP nella preparazione dei panini), ma innovativo dal punto di vista dell’output. Non si ricorre più semplicemente all’utilizzo “spot” di singoli ingredienti della tradizione culinaria italiana, piuttosto si crea un nuovo prodotto in cui gran parte del conferimento valoriale – e, ovviamente, materiale –  sembra venire dal partner fornitore. Secondo una prospettiva di branding, si assiste, come in un’operazione fisica di diluizione di una sostanza ad alta concentrazione (ovvero l’idea di fast “junk” food) a un’attenuazione delle perception del brand Mc Donald’s per l’intervento di Barilla, la cui proposition recita “dove c’è Barilla, c’è casa”. Questa idea di casa, di famiglia, di bontà sembrano trapelare nelle parole di Ritzer (2008), il quale in riferimento all’idea di calcolabilità asserisce:
People also calculate how much time it will take to drive to McDonald’s, be served the food, eat it, and return home; they then compare that interval to the time required to prepare food at home. The often conclude, rightly or wrongly, that a trip to the fast-food restaurant will take less time than eating at home […]".


In altre parole, il tipico “cibo di casa” si fa breccia nel regno della rapidità dove ogni step è attentamente calcolato. Una vera e propria entropia nel modello di riferimento.

 

 

Predittività, ma non solo
Proprio così. Se è vero l’assunto secondo cui in una società razionale i consumatori vogliono sapere cosa aspettarsi sempre e ovunque (come afferma Ritzer, “the fast-food industry has perfected things such as replicated settings, scripted interactions with customers, predictable employeee behaviour”) il connubio con Barilla introduce  la possibilità di offrire prodotti stra-ordinari e non predittibili. Si vanifica, così, l’idea di base che il fast food non riservi alcuna sorpresa: la possibilità di entrare in un punto di ristoro “fast” e assaporare un’insalata fredda di pasta coglie tutti di sorpresa, facendo regredire, di conseguenza, quell’atteggiamento di acquisto subitaneo che contraddistingue il consumatore abituale. È interessante, per l’appunto, notare come lo stesso Mc Donald’s ne sottolinei l’eccezionalità, il carattere “sui-generis”, la non predittività, appunto.


Le espressioni “Ancora?” o “Non te l’aspettavi!”, che fanno da leit motif alle campagne pubblicitarie web e video, lo testimoniano a tal punto da eleggersi a manifesto di un cambiamento profondo. Se analizzate da un punto di vista semiotico, le diverse istanze comunicative sottacciono una narrazione profonda dell’imprevisto. I soggetti enunciatari, simulacri del consumatore, si stupiscono dell’invito a ritornare in un fast-food o si compiacciono dell’intesa con i propri pari nell’idea di mangiare ancora da Mc Donald’s.  Lo schema comunicativo dominante sembra fondarsi su dinamiche di carattere sanzionatorio entro cui la comunicazione si articola in una lotta contro le comuni proiezioni che, del colosso americano, spesso si hanno; il bambino sa che le mamme non amano i cibi dei fast-food come la ragazza non si aspetta che la sua amica, dedita allo sport, la inviti a ritornare in un posto famoso per i panini e le patatine fritte, ma, ancora una volta, ricostruire l’agito e, nello specifico, l’agibile attanziale di questi personaggi permette di restituire al brand una percezione più leggera e svuotata, anche se in parte, dall’idea di fast e junk food.

Nel presente reloading di marca – perché l’eccezionalità dell’evento è di tale magnitudo – il ruolo del “testimonial-divulgatore” assume un aspetto patente: la madre di famiglia, il lavoratore “white-collar” o la sportiva sono tre esempi di rappresentazioni assiologiche positive contro la consapevole percezione della catena americana. In particolare si noti come la figura della mamma, spesso utilizzata dal partner Barilla nei suoi numerosi spot, permetta un value-stretching peraltro apertamente dichiarato dall’AD Roberto Masi:
Il lancio dell'insalata di pasta rappresenta per McDonald's un punto fondamentale nel percorso di avvicinamento ai gusti, ai sapori e alle abitudini italiane […]".

 

 

Controllo, efficienza e iperseduzione
Come accennato precedentemente, i caratteri del controllo e dell’efficienza sembrano essere stati risparmiati dal lancio di questo nuovo prodotto. Il perché è facilmente rintracciabile nella loro natura di dominanti organizzative all’interno di Mc Donald’s. Entrambe le caratteristiche, in effetti, descrivono procedure e percorsi di efficientamento e standardizzazione di processi. Dalla preparazione alla vendita del prodotto finale, tutto è studiato perché si realizzi un risparmio economico e di tempo. Certo, un’insalata di pasta in un fast-food può infrangere il pilastro della predittività o quello della calcolabilità, ma poco scalfisce i restanti due, anzi, a dirla tutta, ne fa un più che discreto uso.


Così nasce una pasta, ma fredda (forse in virtù della stagione o forse, e con più senso critico e operativo, in ragione della più lunga conservazione e, dunque, maggiore e subitanea disponibilità per il cliente finale). L’idea di fast-food, è chiaro, a tale livello non può essere eclissata: in questo store non si ordina e si attende, ma si ordina, si ritira, si mangia e si esce dal locale nel giro di una manciata di minuti.  Se qualcosa è cambiato è avvenuto a un livello meno strutturale e più emotivo. Il nuovo prodotto si vende ancora in modo “controllato” ed efficiente, tuttavia si acuisce l’assetto valoriale mediante cui viene comunicato.

 


In conclusione…
Il dilemma in apertura di analisi vedeva contrapposte le idee di retro-mcdonaldization e di business diversification, una diade che, in virtù di quanto detto nel corso del paper, sembra avere una natura sinergica. In effetti, è fuori da ogni dubbio il fatto che Mc Donald’s non sia più un’azienda completamente votata alla calcolabilità e alla prevedibilità. Al contrario, nell’ultimo decennio, è ricorsa più volte a dei veri e propri reloading che nel lungo periodo, ormai, hanno minato, seppur in parte, la durezza del costrutto di Ritzer.

Per anni il claim della multinazionale americana del fast food è stato “Succede solo da Mc Donald’s”, uno slogan tanto semplice e diretto che racchiudeva in sé l’idea di esclusività e unicità a servizio del cliente. Vero, i recenti avvicendamenti in tema di branding hanno riguardato proprio questo posto e sembrano essere inarrestabili, ma la domanda nasce spontanea: quante stelle e strisce rimarranno in questi continui sbiancamenti e localizzazioni del brand?

 

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