ROIvolution – Processo alla multicanalità: opportunità o costo?
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ROIvolution – Processo alla multicanalità: opportunità o costo?
20/06/2016

Alessandra Marinello, Network di Brandforum.it
Un convegno-processo, organizzato da Liquid Communication e Franco Angeli Editore, ha esaminato e discusso punti di forza e di debolezza legati al fenomeno della Multicanalità.

Come inviata speciale per la redazione di Brandforum ho avuto modo di partecipare, presso il Politecnico di Milano (Campus Bovisa), ad un vero e proprio processo sul mondo del branding:  l’imputato era rappresentato dalla Multicanalità, ovvero quel cambiamento culturale (non solo tecnologico) iniziato oramai 10 anni fa – innescato dai consumatori e portato avanti dalle aziende che hanno dovuto necessariamente reagire, adattandosi alle nuove modalità di acquisto e di ricerca.

 

Come ogni mutamento presenta luci ed ombre, opportunità e minacce, punti di forza e di debolezza.

 

L’obiettivo di questo evento era quello di rispondere a quesiti fondamentali legati appunto alla Multicanalità, tematica di grande attualità nel mondo del marketing e della comunicazione aziendale; inoltre è stato occasione per presentare il volume “ROIvolution: gestire la multicanalità con l’Ecosistema di Comunicazione”, di Alessandro Santambrogio (edito da FrancoAngeli).


Visto l’interesse da parte della nostra Community, abbiamo deciso di enunciarvi i principali trend emersi durante il processo.

 

 

I CAPI D’ACCUSA
I capi d’accusa rivolti alla Multicanalità, presentati dal “giudice” Marisa Galbiati (Full Professor al Politecnico di Milano), sono i seguenti: la responsabilità di aver minato le certezze nella misurazione dei processi comunicativi, la maggiore complessità nella gestione della comunicazione e delle organizzazioni, maggiori investimenti senza possibilità di misurazione dei ritorni economici.


Per rispondere ai capi d’accusa, si sono alternati vari esperti del settore.

 

 

L’ACCUSA
A presiedere l’accusa Sergio Tonfi (Editor di Superbrands), che nella sua arringa ha illustrato come l’omnicanalità abbia portato ad una frammentazione dei mezzi comunicativi,  con una conseguente riduzione  dell’attenzione da parte dei consumatori nei confronti del brand, che implica di conseguenza un minore engagement.

Sono nati poi i “big data”, la cui trasformazione in dati utili risulta molto spesso difficile e complessa. Con l’aumento dei canali, quindi, si è assistito anche ad un incremento della complessità gestionale e ad una perdita di visione generale e strategica.

 


A sostenere questa tesi sono intervenuti anche alcuni testimoni: tra questi Maurizio Sala (Direttore Creativo e Partner Reply Group) che ha evidenziato come la multicanalità possa essere causa di una perdita di fedeltà alla marca da parte del consumatore; Giovanni Acerboni (linguista, L’Ink Scrittura Professionale) ha invece sottolineato come oggi la regola per un’azienda non debba più essere solamente quella del “the content is the king” ma come sia necessario, invece, un ritorno alla retorica e all’arte del racconto (storytelling) per far conoscere meglio il brand e permettere ai consumatori di fidelizzarsi, proprio perché hanno più occasioni di contatto con esso… un po’ quello che avviene con gli Slow Brand.

 


Sempre a favore dell’accusa, Federico Capeci (CEO TNS Italia) ha poi illustrato, tramite la propria testimonianza, le difficoltà odierne relative al campionamento e alla misurazione dei dati, oggi attività pressoché impossibili da svolgere vista la loro mole. Infatti, la multicanalità ha fatto sì che matematica e statistica fossero abbandonate, in favore di un approccio più vicino a competenze quali creatività ed imprenditorialità. Inoltre, come affermato da Alessandro Magnoni,  si sono verificati anche ad una sorta di pigrizia e di livellamento generale.

 

 

LA DIFESA
L’arringa della difesa, esposta da Andrea Cornelli (CEO e VP Ketchum Italia),  ha avuto come tema centrale la necessità sempre più imminente di un cambiamento complessivo, determinato da nuovi bisogni a cui non è possibile opporsi. Ad essi sembra rispondere in maniera esaustiva – non a caso- la multicanalità, che permette di coinvolgere il consumatore, costruendo sulla sua pelle esperienze totalizzanti, che lo coinvolgano quindi a 360°. Le parole chiave per questo processo si rivelano essere: strategia multimediale, misurazione, ascolto ed interpretazione, creatività e relazione.


A supporto della difesa sono intervenuti poi Giangiacomo Pierini (Direttore Comunicazione Coca Cola HBC) e Ramon Soranzo (Partner Core Analytics). Il primo ha evidenziato una peculiarità molto importante della multicanalità a livello di internal branding: ovvero la flessibilità, che permette di creare una comunicazione interna all’azienda capace di raggiungere target di lavoratori specifici; il secondo ha invece spezzato una lancia a favore del fenomeno oggetto del processo sottolineando come essa abbia contribuito ad innalzare il livello delle vendite, proprio per i diversi target che può raggiungere.

 

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Ciò che abbiamo potuto cogliere da queste numerose riflessioni è il fatto che per le aziende la multicanalità rappresenti un fenomeno tutt’altro che semplice da comprendere ed approcciare. Perché essa possa rivelarsi uno strumento utile ed efficace sono necessarie competenze, consapevolezza ed una grande capacità di gestione ed organizzazione.
L’idea di strutturare il convegno sotto forma di processo si è rivelata senza dubbio originale ed interessante in quanto ha permesso la discussione di tematiche estremamente attuali ed importanti e nello stesso tempo ha consentito la creazione di un clima più coinvolgente ed accattivante per i partecipanti.

 

 

Alessandra Marinello, neo-laureata in Scienze Linguistiche e Letterature Straniere (indirizzo Esperto Linguistico d’Impresa) presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con una tesi sull'impegno culturale nei luxury brand (curata dalla prof.ssa Patrizia Musso [alessandra.marinello@hotmail.it]

 

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