Brandforum compie 20 anni: interviste a People e Guests dell’Osservatorio
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Brandforum compie 20 anni: interviste a People e Guests dell’Osservatorio
23/07/2021

20 ANNI

Brandforum compie 20 anni: il nostro Osservatorio celebra l’evento con speciali interviste a chi negli anni ha collaborato con noi.

Brandforum compie 20 anni: per celebrare il 20esimo anniversario del nostro portale, abbiamo intervistato diverse persone che hanno collaborato con il nostro Osservatorio negli anni a vario titolo e che hanno arricchito il nostro sito con i loro presiosi contributi. Per scoprire la sezione dedicata ai 20 anni di Brandforum, CLICCA QUI!

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Qui di seguito le interviste integrali ai nostri People e Guests.

PEOPLE OF BRANDFORUM: MARVI SANTAMARIA

Intervista a Marvi Santamaria, Social Media Strategist, attivista e scrittrice.

Andando a leggere la tua bio, il tuo profilo LinkedIn, mi è subito parso evidente che tu sia una persona estremamente DIGITAL, infatti ti definisci sempre connessa. Perciò, che importanza ha per te oggi questa presenza online? Credi sia fondamentale per creare dinamiche relazionali efficaci e, soprattutto, quando hai capito che il mondo dei social era il tuo habitat naturale?

L’ho capito quando i social non c’erano ancora: sono sempre stata attratta dai mondi virtuali, dal genere fantasy e dai manga, e questo mi ha portata ad avvicinarmi e ad appassionarmi alle realtà dei forum e delle community fin dall’adolescenza. In particolare, è il mondo delle community online che mi affascina profondamente, e me ne sento parte sia in quanto fruitrice che in quanto content creator: la mia community, “Match and the city”, mi ha infatti permesso di gestire in prima persona questo tipo di realtà online. Ora, mi trovo in un nuovo step di questo percorso che ho intrapreso nel mondo dei social, ossia quello di aiutare i brand a creare a loro volta le proprie community di valore. Il mio motto è infatti “gli schermi non sono barriere, ma ponti” e ne sono profondamente convinta: sono elementi trasversali che consentono di mettere in relazione le persone in modo efficace e si configurano quindi come veri e propri ponti di accesso al fantastico mondo dell’online. In più, il concetto di ponte non fa solo riferimento alla sua funzione strutturale, e cioè di consentire il passaggio, ma trasmette anche un’idea edificante: un passaggio che permette di crescere.

Inoltre, appena ho visto il tuo profilo e la tua community, ti ho associato al cosiddetto “GIRL POWER”. Tu infatti tratti tematiche delicate, cercando di sdoganarle, e parli dei disagi delle app di dating, cercando proprio di creare contenuti di valore, che abbiano un significato per la tua community di riferimento e che la aiutino in modo concreto: ti consideri infatti anche attivista in un certo senso. Ti identifichi con questo concetto di empowerment femminile? Come tu ben sai, Brandforum è stato creato da Patrizia Musso ed è quindi emblema di una leadership femminile.

Quando ho saputo dell’intervista mi sono andata a rileggere un articolo che avevo scritto per la redazione di BF, ossia “La voce dei lovers” e mi sono resa conto che già allora parlavo di community, e, commossa, ho visto che in quel paper c’era già il seme del mio percorso. Un percorso che si, possiamo definire di imprenditoria femminile, come quello creato 20 anni fa dalla professoressa Musso che, a mio avviso, ha dato vita a un fantastico progetto. La professoressa ha dato e dà voce a giovani donne redattrici, fornendo uno spazio a studenti che non sono ancora nel mondo del lavoro e che hanno così la possibilità di sperimentare qualcosa di concreto magari per la prima volta. Questo significa dare fiducia alle nuove generazioni e ritengo che vent’anni fa sia stato un approccio estremamente lungimirante. Tra l’altro, mi ritrovo perfettamente allineata con questi valori e ritengo che sia fondamentale dare voce alle categorie che in certi ambiti sono marginali.

In questo momento della tua carriera hai raggiunto un importante traguardo: hai pubblicato un libro, “Tinder & the city”, perciò vorrei sapere se hai qualche consiglio da dare ai nostri giovani lettori che magari possono essere interessati a questo tipo di percorso.

Sicuramente trovare un percorso universitario adatto alla persona che sei, che valorizzi le tue personali inclinazioni, risulta vincente: nel mio caso, il master è stato un punto di svolta che mi ha permesso di inquadrare la mia carriera e di buttarmi nel mondo del lavoro fin da subito. Al di là dell’importanza di questo aspetto, mi sento di dire che, sulla base della mia esperienza, darsi da fare e creare progetti propri è fondamentale. Parallelamente al percorso di studio/lavoro è infatti importante ritagliarsi uno spazio per i progetti personali che ci stanno a cuore. Nel mio caso, questo progetto del cuore era una community online: l’ho coltivato e questo mi ha permesso di raggiungere importanti traguardi. Dalle community possono arrivare enormi opportunità! Lo riassumerei dicendo “il potere delle community”. Per questo motivo ritengo che saper comunicare sui social sia imprescindibile per il mio percorso.

Questa intervista è un emozionante salto nel passato: Brandforum è stato un tassello del mio percorso e sono felice di aver fatto parte di questo network.

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PEOPLE OF BRANDFORUM: CLAUDIA SANTORO

Intervista a Claudia Santoro, Head of Digital for Taboola.

Come le avevo anticipato quest’anno celebriamo i vent’anni di Brandforum, con il quale ha collaborato nel 2010, esattamente 10 anni fa. La mia idea si basa sul mettere in evidenza alcuni aspetti che lei come persona ha in comune con ciò che Brandforum rappresenta. Nel suo caso ho scelto “competenze” e “user engagement”.

Da quel che ho potuto leggere sulla sua bio di LinkedIn, lei si occupa di Digital Marketing, Digital Strategy e Digital Transformation, e si definisce competente soprattutto in relazione alla realtà digitale italiana. Perciò per lei avrei scelto proprio le “competenze”, che sono al tempo stesso parte integrante del network di Brandforum. Il suo percorso mostra infatti come le skills nel settore digital l’abbiano portata a occupare una posizione importante oggi. Ha qualche considerazione da fare in merito a questo concetto in relazione al suo percorso?

Nel mio caso, è stato il percorso del master universitario a fornirmi le basi per entrare nel mondo dei digital marketers: in questo ambito lavorativo la complessità è in constante evoluzione e le skills necessarie per affrontare i vari compiti con successo si devono evolvere di pari passo. Le competenze tecniche hanno quindi dato “boost” al mio percorso professionale: a queste si aggiunge una naturale propensione alle vendite, supportata sempre e comunque dalle competenze acquisite nell’ambito del selling, che mi hanno permesso di crescere ulteriormente. Inoltre, da quando sono entrata nel mondo del lavoro, e quindi da dieci anni a questa parte, il mercato digitale è stato sottoposto a un profondo cambiamento e il recente avvento del covid-19 ha accentuato ancora di più questa trasformazione già in atto. Nell’ultimo anno in particolare si è infatti riscontrato un aumento del digital del 40%, in virtù di un fiorente sviluppo di app ed e-commerce, di un crescente uso di Instagram stories, Snapchat e WhatsApp, insieme al boom della fruizione delle tecnologie di conversational marketing. In questo scenario figure professionali come la mia hanno dovuto saper dimostrare di avere una forte capacità di adattarsi al mutamento, per poter ideare strategie nuove e innovative che fossero efficaci. Questo è stato reso possibile non solo grazie alle solide competenze nel settore ma anche grazie al costante aggiornamento che chi opera in questo settore deve ricercare: bisogna guardare al futuro del mercato e anche dell’azienda in cui si lavora, e soprattutto stare molto attenti ai cambiamenti dei comportamenti delle buyer personas, in modo da risultare sempre capaci di ideare strategie efficaci rispetto al target di riferimento.

Oggi, lei è Head of Digital per Taboola, azienda che ha come scopo ultimo quello di accrescere i ricavi e lo user engagement. Oggi l’esperienza del consumatore è al centro della comunicazione e si cerca di ingaggiarlo in modi sempre più innovativi: Brandforum è testimone dell’impegno delle aziende che cercano di migliorare la costumer ed employee experience. Ritiene che questo obiettivo sia fondamentale nelle strategie odierne? Ha un’opinione personale da condividere?

Oggi giorno l’approccio dei brand nei confronti dei consumatori è completamente cambiato rispetto al passato: la proliferazione dei touch point ha trasformato quella che era un’attività monodirezionale in un flusso bidirezionale incessante dove il consumatore ha un ruolo attivo e cruciale nel definire il successo della marca stessa. L’utente è quindi diventato una fonte inesauribile di conoscenza e se i dati raccolti vengono interpretati nel modo corretto possono dare un grande contributo nel determinare le azioni dei brand e la loro visione nel medio-lungo periodo. Ovviamente i dipendenti hanno un ruolo molto importante nel supportare questo cambiamento nell’assetto aziendale, tanto importante quanto la digitalizzazione stessa delle aziende. In questo senso Taboola, che lavora proprio su user experience ed engagement, mostra ai brand, tramite un approccio consulenziale, come spingere e rafforzare le strategie digitali: il tutto per colmare il gap tra comunicazioni e vendite, rendendo ogni punto shoppable e cioè fornendo nuove modalità di acquisto e sviluppando e-commerce funzionali. Questo significa anche pensare al delivery dei prodotti e quindi stringere partnership che rendano la consegna fluida, ma soprattutto comprendere che i cambiamenti dei consumatori ci mettono di fronte alla necessità di riadattare le nostre strategie. Per esempio, oggi la tendenza è quella di comprare di più ma con minore frequenza, di conseguenza i clienti finali dovranno cercare di offrire dei bundle di prodotti con uno sconto, per adattarsi a questo cambiamento e riallineare gli equilibri di vendite.

Hai qualche suggerimento da dare a chi volesse intraprendere il tuo stesso tipo di percorso? Cosa crede che serva oggi per arrivare a ricoprire ruoli chiave?

L’avere tanta curiosità e voglia di apprendere costantemente sono secondo me due aspetti fondamentali: quello che si fa oggi è già vecchio domani, perciò leggere, studiare e misurarsi con realtà sempre nuove è la chiave per restare competenti e aggiornati nel proprio campo. A tutto ciò va aggiunta una buona capacità di adattamento e dunque una effettiva flessibilità, che definirei skill di base. Inoltre, riuscire a combinare empatia, preparazione e autorevolezza, risulta vincente, e se dovessi condividere con voi una mia frase motivazionale, vi direi “mai arrendersi!”. Fate valere la vostra tesi, siate positivi e cercate sempre nuove soluzioni.

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PEOPLE OF BRANDFORUM: FABIO TORNABENE

Intervista a Fabio Tornabene, Growth Marketing Lead at Buddyfit.

Come ti avevo anticipato quest’anno celebriamo i vent’anni di Brandforum, per il quale nel 2013 hai collaborato anche tu. La mia idea si basa proprio sul mettere in evidenza alcuni aspetti che tu come persona hai in comune con ciò che Brandforum rappresenta. Nel tuo caso ho scelto “passione per il marketing” e “crescita”.

Brandforum è frutto di una grande passione che da 20 anni unisce giovani studenti e professionisti al fine di creare contenuti di valore. Controllando le tue referenze su LinkedIn ho notato che vieni definito come “the most passioned person I have ever had the pleasure to work with”. Deduco quindi che tu abbia una grande passione per il tuo lavoro, che ti ha spinto e ti spinge ogni giorno a raggiungere nuovi traguardi. Quando hai capito che il marketing era la tua strada e quale aspetto ti affascina maggiormente? Ritieni che questa componente più motivazionale abbia dato un valore aggiunto alle tue conoscenze tecniche?

Il mio punto di ingresso nel mondo del marketing è stato il digitale: con l’esplosione dei social media, infatti, non solo le persone ma anche i brand hanno dovuto iniziare a presidiare queste nuove piattaforme, all’inizio timidamente, ma poi in modo sempre più distintivo e coerente. Questo nuovo contesto mi incuriosiva molto: volevo capire cosa succedeva dall’altra parte della “barricata”, e quali fossero le logiche e i meccanismi sottostanti alla presenza dei brand sui social, perciò si, mi sono appassionato al marketing proprio attraverso l’avvento del digitale. Se devo invece isolare un aspetto qualificante del marketing che mi affascina maggiormente, non ho dubbi: è il processo di creazione del valore che, oggi come agli esordi della mia carriera lavorativa, riesce sempre a lasciarmi stupefatto. Il modo in cui questa disciplina, partendo da prodotti e servizi che hanno un valore intrinseco meramente funzionale, riesce ad attribuire ai medesimi valore in termini simbolici e di conseguenza economici, è straordinario. Si potrebbe dire che il marketing, attraverso i brand e le aziende, dà quindi anima e personalità a prodotti e servizi, conferendo un quid pluris. Dunque si, nella formazione delle competenze ritengo che la passione, che poi si riflette nella motivazione, nella curiosità e nella voglia di migliorarsi ogni giorno sia importante, ma ci tengo a chiarire che, a mio avviso, le sfide che si decidono di abbracciare in quanto professionisti siano ancora più rilevanti per costruire il proprio percorso.

Brandforum è anche uno strumento di crescita per tutti gli studenti che abbiano interesse ad approfondire i temi del branding e i meccanismi di funzionamento di una redazione. Leggendo le tue esperienze passate, è evidente che il tuo è stato un vero e proprio percorso di crescita: da Yahoo a Exponential, Costa Crociere e oggi Buddyfit. Hai qualche considerazione/aneddoto in merito alla tua crescita professionale? Ritieni che ogni step ti abbia aiutato in qualche modo?

Uno dei miei capi, a cui sono immensamente grato, mi ha trasmesso un valore fondamentale, ossia quello del feedback: chiedere attivamente un riscontro alle persone con le quali si collabora e si lavora è infatti di cruciale importanza, perché costituisce un fattore determinante di crescita. Il mio percorso è stato infatti caratterizzato da un apprendimento costante proprio perché ho sempre lavorato su me stesso e sulle mie competenze, facendo tesoro dei feedback che ricevevo. Ogni step ha contribuito alla mia crescita personale, mi sentirei di dire, attraverso 3 livelli di apprendimento: in primo luogo la cultura aziendale, che forgia e determina l’attitude. Per esempio, adesso lavoro in una start up dove a dominare sono le idee, la velocità e la trasparenza, a fronte di una struttura aperta che incentiva lo scambio di opinioni a tutti i livelli: questo tipo di cultura influenza di conseguenza il mio approccio al lavoro. Il secondo livello poi è rappresentato dalle persone con cui si lavora, mentre il terzo e ultimo, è costituito dagli obiettivi e quindi dalle sfide di cui parlavo prima.

Brandforum si rivolge a un pubblico di giovani studenti, oltre che a professionisti del settore. Hai qualche consiglio da dare a chi sta per entrare nel mondo del lavoro o a chi ne fa già parte?

Un consiglio spassionato? Non cercate le opportunità per “job description” ma per sfide, soprattutto all’inizio: se non avete tutti i requisiti per fare quello che viene richiesto, allora è il lavoro perfetto per voi! Personalmente non ho mai rispecchiato tutte quante le caratteristiche richieste, ed è stato proprio grazie ai contesti sfidanti e stimolanti nei quali mi sono trovato che ho potuto costruire le mie competenze. Innamoratevi delle sfide, della mission e della vision dell’azienda, ponetevi degli obiettivi e la motivazione e la passione saranno naturali conseguenze.

Un ultimo suggerimento che mi sento di darvi è quello di essere flessibili: studiate il contesto in cui opera l’azienda e adattatevi velocemente. Anche le vostre conoscenze, infatti, andranno declinate in modo diverso a seconda del luogo in cui lavorate: per intenderci, essere estremamente organizzati non è una priorità se poi si lavora in una start up dove hanno la precedenza altri aspetti.

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PEOPLE OF BRANDFORUM: CRISTINA VILLA

Intervista a Cristina Villa, Director of Marketing, PR and Communications at Eataly.

Come le avevo anticipato quest’anno celebriamo i vent’anni di Brandforum, con il quale ha collaborato dal 2007 al 2013. La mia idea si basa proprio sul mettere in evidenza alcuni aspetti che lei come persona ha in comune con ciò che Brandforum rappresenta. Nel suo caso ho scelto “community” e “italianità”.

La sua grande passione per la scrittura, evidente già al tempo della collaborazione con Brandforum, e per i viaggi, l’hanno portata a creare un blog diverso tempo fa. Il suo blog “iNewYork.it” le ha dato modo di creare una vera e propria community intorno a sé, al pari di Brandforum. Come è nata questa idea? È stato il suo trasferimento a NY a darle l’input o era un’idea che aveva già?

Mi sono trasferita a New York nel 2007: il blog l’ho aperto l’anno successivo perché c’erano tantissime persone dall’Italia che mi chiedevano informazioni e consigli su come organizzare viaggi a New York, cosa andare a vedere e che giri fare, perciò per stare al passo con le numerose richieste creare un blog all’interno del quale conservare tutti i suggerimenti mi è sembrato l’ideale. Questo blog, nato per necessità, si è poi trasformato in un vero e proprio lavoro: è nata così un’agenzia viaggi alternativa, che proponeva le attività più disparate, dai tour enogastronomici a quelli legati ai supereroi, ai Sunday Brunch. Questa stupenda avventura è durata per circa tre anni, dopodiché ho dovuto scegliere se dedicarmi completamente a questo hobby ormai divenuto un lavoro oppure prediligere la mia carriera lavorativa che conducevo parallelamente. Ho preferito puntare sulla mia carriera per diversi motivi, ma grazie a questo capitolo della mia vita ho incontrato molte persone con cui sono ancora in contatto e ho creato una vera e propria community di italiani oltreoceano: ci trovavamo tutti i martedì sera e ci siamo creati innumerevoli ricordi. Adesso è bello vedere come molti di loro siano cresciuti nel corso di questi anni.

Oggi, lei è una stimata professionista nel mondo del marketing e della comunicazione ed è Direttrice Marketing, PR e comunicazione per Eataly a New York. Possiamo dire che Eataly è emblema dell’eccellenza enogastronomica italiana nel mondo: lei rappresenta quindi un’italianità di cui andare fieri, così come Brandforum. Ritiene che il background di conoscenze create nel nostro paese le sia stato di fondamentale aiuto nel corso della sua carriera? Se sì, cosa pensa che il nostro paese abbia da offrire in più rispetto a una realtà come quella americana?

Sicuramente il mio percorso universitario mi ha preparata per entrare nel mondo del lavoro nel miglior modo possibile: ho studiato lingue in Cattolica e ho molto apprezzato i corsi, perché grazie alla presenza di tanti professionisti durante le lezioni ho compreso il valore della praticità nel mondo del lavoro, perciò per me è stato uno step fondamentale. Purtroppo, ho vissuto una sola esperienza lavorativa in Italia, prima di trasferirmi, ma posso dire con certezza che mi ha avvicinata molto al mondo della creatività: questa qualità è tipica di noi italiani e si potrebbe riassumere usando una tipica espressione americana “lemonade out of lemons” ad indicare proprio la nostra attitude a tirare fuori il meglio da tutto e a vedere le cose diversamente, trovando sempre nuove soluzioni creative. Questa per me è l’italianità. In più, lavorando ormai da diversi anni per Eataly, il mio essere europea e in primis italiana ha un peso rilevante, dovendo rappresentare il cosiddetto Made in Italy nel modo più autentico e completo possibile.

Ha qualche suggerimento da dare a chi volesse intraprendere il tuo stesso tipo di percorso?

Il mio consiglio personale, qualsiasi percorso si voglia andare ad intraprendere, è quello di essere innamorati dei valori dell’azienda per la quale si lavora. Senza questo interesse, infatti, è difficile resistere, soprattutto nel mondo del marketing: bisogna quindi credere al 100% in ciò che l’azienda rappresenta e sentirsi onorati a parlare di quel messaggio.

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PEOPLE OF BRANDFORUM: GABRIELLA VIVALDI

Intervista a Gabriella Vivaldi, Marketing and Communications Manager at Moroso.

Come le avevo anticipato quest’anno celebriamo i vent’anni di Brandforum, con il quale non solo ha collaborato per circa sette anni, ma ha anche celebrato i 10 anni dalla creazione. La mia idea si basa proprio sul mettere in evidenza alcuni aspetti che lei come persona ha in comune con ciò che Brandforum rappresenta. Nel suo caso ho scelto “sfide” e “creatività”.

Controllando la sua bio su LinkedIn ho notato che la sua carriera si è costruita su una serie di scelte veramente sfidanti. Quindi, così come Brandforum mette i suoi collaboratori di fronte a piccole grandi sfide, anche la sua vita sembra essere un grande esempio di come le sfide (tra cui la scelta di lavorare e vivere all’estero) siano importanti per poter crescere: quali sono le sfide più importanti che ha dovuto affrontare e come l’hanno aiutata a crescere maggiormente come professionista nell’ambito marketing e comunicazione? E come mai ha deciso di intraprendere la sua carriera all’estero?

La decisione di lasciare l’Italia è stata senza dubbio una sfida a livello pratico ed emotivo: è stata però una scelta che mi ha portata ad avere tantissime opportunità di crescita lavorativa e personale. Anche se il mio trasferimento definitivo non era qualcosa di programmato, avendo diversi parenti che vivono negli Stati Uniti, sono cresciuta con l’ideale di New York e degli States, e alla fine è capitato: ero partita per uno stage di sei mesi ma poi ho trovato un lavoro e non sono più rientrata. Arrivata a New York è stato molto interessante misurarsi con la diversità negli approcci lavorativi tra i due paesi: il mio ambiente di lavoro mi ha portata a lavorare di più sul lato operativo (gestione di allestimenti, fiere) e questo salto dalla teoria alla pratica ha rappresentato un’ulteriore sfida. Tutte queste “prove” però mi hanno portata ad essere ciò che sono oggi: mi occupo di qualcosa che mi appassiona molto e comprende attività svariate, dagli allestimenti al training della forza vendita nei vari shop sparsi per gli USA. Ho quindi riscontrato differenze a livello di approccio e processo, ma soprattutto peculiarità a livello culturale: con il tempo si comprendono tutti i meccanismi e quelle sfide iniziali vengono superate con successo.

Come secondo aggettivo ho scelto “creatività”: ho notato che già all’epoca di Brandforum aveva un forte interesse per la scrittura applicata al settore moda/lusso e ormai da diversi anni lavora presso Moroso, nell’ambito quindi dell’architettura e del design. Tutti contesti dove la creatività regna sovrana. Ritiene che nel suo ambito lavorativo la creatività abbia un ruolo importante? Come la nutre?  

Si, come hai notato anche tu, la creatività è una componente intrinseca del mio essere ed è al tempo stesso una qualità fondamentale nel mio ambito di lavoro. Questa inclinazione personale mi ha portata sicuramente a spostarmi più sul lato operativo, dove si percepisce ancora di più la necessità di essere creativi ed ispirati per lavorare tutti i giorni con passione. Per nutrire questa creatività bisogna essere molto curiosi, anche su cose che non ci competono e che non si applicano alla pratica di tutti i giorni, per poter trovare idee sempre nuove. In più, essere a conoscenza dei nuovi trend e quindi essere aggiornati è sempre un fattore da tenere in considerazione.

Come sottolineavo prima, lei era parte della redazione quando sono stati celebrati i 20 anni di Brandforum: ha qualche particolare considerazione/aneddoto legato a quel periodo e a quello che rappresenta per lei Brandforum?

Ho cominciato a collaborare con Brandforum quando ero in Italia ma questa attività si è intensificata ancora di più quando mi sono trasferita a New York: grazie a Brandforum ho potuto ampliare le mie conoscenze sui temi del branding e della comunicazione aziendale, ma da un punto di vista più personale è stato un aiuto concreto per tenere la mente occupata in quei momenti difficili che ho vissuto all’inizio del mio trasferimento, dovuti alla lontananza e al nuovo ambiente. Brandforum per me ha rappresentato una connessione con il mondo lavorativo e con casa e dopo aver terminato lo stage, avevo deciso di lasciare la Grande Mela per tornare in Italia: poi ho conosciuto Cristina Villa, appena trasferitasi a New York e una serie di altre colleghe sempre di Brandforum. A loro si sono aggiunte altre conoscenze e si è così creata una community involontaria, che ha dato nuova linfa al mio morale. Da questa esperienza ho capito che non bisogna mai lasciarsi travolgere dalle difficoltà dal punto di vista lavorativo: un modo di sorpassarle si trova sempre. Basta essere creativi, curiosi e aperti mentalmente, perché più si vedono le cose fuori dalla cosiddetta scatola, più è facile trovare le soluzioni.

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GUESTS OF BRANDFORUM: PAOLA ABBIEZZI

Intervista a Paola Abbiezzi, Direttore didattico del Master Comunicare lo sport dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e docente, fra gli altri, del Corso Giornalismo radiofonico e televisivo, presso la stessa Università.

Da molti anni si occupa di comunicazione e sport, com’è cambiata, come si è trasformata la comunicazione in questo settore?

Lo sport negli ultimi dieci anni è passato da essere oggetto di una mediazione informativa a strumento comunicativo.

Se fino a qualche anno fa l’obiettivo era intercettare i media mainstream per ottenere la maggior copertura possibile, oggi grazie alla disintermediazione portata dai social media, gli stessi protagonisti dello sport, sono anche protagonisti del processo comunicativo, in quanto produttori e distributori di contenuti.

Questo avviene sia dal lato della società o della federazione sportiva, che da quello dell’atleta.

Le prime possiamo considerarle delle vere e proprie media company, dato che producono e diffondono contenuti. Aspetto che dovrebbe essere colto e sfruttato al massimo soprattutto dalle Federazioni e dalla Leghe meno coperte dai media tradizionali.

Per quello che riguarda gli atleti, se fino a pochi anni fa per avere successo mediatico, si dovevano necessariamente ottenere elevati risultati sportivi, oggi si può raggiungere un ampio bacino di utenza autonomamente, costruendo una propria comunità, tramite il corretto utilizzo dei social, che garantisce anche la possibilità di mantenere un contatto diretto e costante con il pubblico. Molti atleti che hanno intrapreso questo percorso, oltre ad aver ottenuto visibilità, sono riusciti anche ad intercettare sponsor.

Quella che abbiamo visto negli ultimi anni possiamo definirla come una vera e propria rivoluzione della comunicazione nell’ambito sportivo. Tale cambiamento ha naturalmente coinvolto anche gli addetti ai lavori. Come sono cambiate le professioni della comunicazione nel mondo dello sport e quali consigli si sente di dare ai giovani professionisti che si stanno affacciando a questa realtà.

Oggi è necessario avere uno sguardo convergente, ossia che tenga conto di una comunicazione multipiattaforma, quindi uscire dall’idea che la comunicazione sportiva sia solo informazione.

In passato chi voleva fare comunicazione nello sport poteva fare il giornalista sportivo, oggi invece c’è la necessità di una nuova figura professionale, una figura che sia in grado di produrre contenuti, comprendere la dimensione valoriale e avere dimestichezza con il mondo digital. Digital inteso sia come mondo comunicativo del multipiattaforma e della convergenza fra i diversi linguaggi, che come realtà legata alla raccolta e all’analisi dei dati.

Oggi la comunicazione sportiva intercetta in modo crescente il tema della salute e del benessere, che viene sempre più quantificato, motivo per cui il professionista deve assolutamente tenere conto di questa dimensione, in modo tale da cogliere non solo il bisogno del pubblico, ma anche quello delle aziende, che su questi dati costruiscono i loro progetti di marketing e di crescita.

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GUESTS OF BRANDFORUM: SIMONE FRULIO

Intervista a Simone Frulio, giovane imprenditore milanese, fondatore del brand Momo by Savigel.

Leggendo la tua bio ho notato 3 aspetti che mi hanno colpito: la passione per la musica e più in generale per lo spettacolo, l’attività imprenditoriale nel settore moda e un intessesse per le lingue, la comunicazione e i media. Per avere poco più di 20 anni è un ottimo biglietto da visita, ci puoi raccontare meglio la tua storia, il tuo percorso.

Fin da piccolo avevo una grande passione per la musica e a 10 anni ho cantato la sigla dell’Ambrogino d’oro. In quell’occasione sono stato notato e chiamato per la trasmissione Mediaset Io canto, dove ho partecipato a 3 edizioni. Qualche anno dopo, prendo parte a X Factor, con il gruppo FreeBoys, arrivando ai live. Dopo lo scioglimento della band, continuo come solista, facendo uscire diversi lavori, fra cui, a inizio 2020, il disco “Battito di mano”.

Durante il lockdown, insieme ad un gruppo di amici, creo il brand Momo e così inizio un nuovo percorso professionale.

In questa nuova avventura mi sono tornate molto utili tutte le nozioni apprese nel corso del mio percorso formativo, in modo particolare quelle relative alla comunicazione e alla pubblicità.

Nato da poco più di un anno, Momo si differenzia dagli altri brand di moda emergenti soprattutto per due aspetti: l’essere sbocciato durante i difficili mesi del primo lockdown e l’avere un team composto totalmente da giovani.

Esatto, questi sono due dei principali aspetti che caratterizzano Momo e, probabilmente, fra i punti di forza del progetto.

Momo nasce in un momento complicato, in cui pochi avevano voglia di investire e provare a fare cose nuove. Proprio questa situazione paradossale, buia e difficile ci ha spinti a fare qualcosa di bello. L’aver dovuto lavorare a distanza, soprattutto in una fase delicata come l’avviamento, non è stato facile, ma senza dubbio è stato molto stimolante.

L’altro elemento vincente è sicuramente l’essere un team composto totalmente da giovani.  Addirittura la prerogativa iniziale era che, per tutti i membri del gruppo, questa dovesse essere la prima esperienza.

La cosa bella è ognuno di noi ha conoscenze diverse e impariamo tanto guardandoci.

Uno dei nostri prossimi obiettivi sarà quello di allargare il team, inglobando nuovi giovani talenti.

Nonostante la giovane età, del brand e del team, avete raggiunto ottimi risultati, siglando importanti collaborazioni e registrando una crescita di visibilità costante.

L’essere composto da soli giovani e l’essere nato in un momento difficile come quello del lockdown, assieme alla nostra tenacia e determinazione, sono aspetti che hanno colpito molto e a hanno attirato i riflettori su di noi, anche a livello nazionale.

Abbiamo avuto il piacere di realizzare gli abiti per alcuni protagonisti di programmi Mediaset, fra questi Cristiano Malgioglio durante il Grande Fratello Vip e tutti i cantanti dell’ultima edizione di Amici. Inoltre, abbiamo in calendario una collaborazione per la prossima edizione di Temptation island, che andrà in onda su Canale 5 durante l’estate. (Temptation island si può lasciare solo se intervista esce a fine giugno)

Un’altra collaborazione di cui siamo molto orgogliosi, che prenderà vita nei prossimi mesi è quella con un’importante fondazione che sostiene la ricerca contro il cancro. Teniamo tantissimo a questo progetto, perché siamo fieri di poter avvicinare i giovani, tramite il nostro brand, a tematiche così delicate e importanti.

Quale consiglio vuoi lasciare ai giovani lettori di Brandforum?

Collaborare, non avere paura di confrontarsi con gli altri. Molto spesso fra noi giovani c’è la paura di esporsi, oppure di condividere un’idea per il timore che qualcuno possa “rubarla” o copiarla.

Una delle prerogative del nostro gruppo è quella di mettere in circolo le idee, perché con il lavoro di squadra, anche una posposta non ottima o magari solo formulata male, può essere ripresa, rielaborata e diventare vincente. Non aver paura di esporsi e confronto, portano sempre a qualcosa di buono.

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GUESTS OF BRANDFORUM: RICCARDO CATAGNANO E MATTEO SBARRA

Intervista a Riccardo Catagnano, Creative Director e Head of Branded Content e Matteo Sbarra, Business Strategy Director di Connexia.

Inizio chiedendovi di parlarci del vostro percorso formativo e professionale.

Riccardo Catagnano. Il mio percorso di studi e formazione professionale è poco canonico. Ho iniziato da ingegneria, poi mi sono trasferito a lettere straniere e, infine, ho scelto il settore della comunicazione, come creativo. Ho lavorato in varie agenzie, fra cui BGSDarcy, Y&R e Saatchi & Saatchi, nella quale ho trascorso degli anni pieni di adrenalina: con questa “dote” sono arrivato nel 2019 in Connexia.

Considero tutte le grandi realtà aziendali per le quali ho avuto modo di lavorare una grande palestra formativa. Sono cresciuto molto grazie alle Academy organizzate dai network, ma soprattutto grazie alla possibilità di imparare lavorando, avendo così modo di sperimentare, sbagliare, guardare e apprendere dai colleghi senior, i veri maestri di ogni creativo.

Oggi mi sono spostato dall’altro lato della cattedra, perché sono anche docente. Quindi, come direbbe Seneca: “Continuo ad imparare, insegnando”.

Matteo Sbarra. Ho frequentato un percorso universitario triennale e magistrale in Scienze della Comunicazione all’Università di Padova e un Master in Marketing e Comunicazione a Milano. Dal 2011 lavoro in Connexia nell’area strategy. Nel mentre, ho avuto una parentesi come Communication Manager in una start up.

Messi alle spalle i mesi più bui e duri del lockdown, alla luce di quello che è accaduto, come si immagina di poter utilizzare una strategia di comunicazione nella fase post Covid? Quali sono le strategie e i linguaggi attuati durante la fase più acuta della pandemia che si sono rivelati vincenti e quali sono le tendenze?

Riccardo Catagnano. Le campagne che parlavano di Covid, on-air principalmente durante il periodo del lockdown, sono state messe da parte. Quei mesi sono stati caratterizzati da messaggi di comunicazione che stressavano soprattutto il lato empatico e umano: in quei giorni aveva più senso questo approccio per molte industry, più che la comunicazione di prodotto.

Oggi queste campagne sono finite e possiamo tracciare un bilancio a posteriori di quelle che hanno colpito di più. Sicuramente quelle che sono arrivate dritto al cuore delle persone sono state le prime, dato che, progressivamente, tutti i brand hanno percorso la medesima strada, dando l’idea, con il passare del tempo, di trasmettere un messaggio che sapeva, in parte, di già sentito e quindi meno rilevante. Possiamo dire, inoltre, che hanno colpito di più e rafforzato l’immagine dell’azienda i messaggi che non hanno storpiato carattere e tone of voice del brand.

Se e com’è cambiato il ruolo dell’agenzia di comunicazione durante la pandemia: questi cambiamenti rimarranno nei prossimi mesi?

Matteo Sbarra. Per capire com’è cambiata l’agenzia, dobbiamo partire da com’è cambiata l’azienda. Quest’ultima è stata investita da un aumento di aspettative da parte del pubblico, che cerca un’impresa più vicina a tutti gli stakeholder, dipendenti in primis, e che prenda posizione su tematiche altre rispetto all’area in cui opera. Si parla, quindi, sempre più di purpose, ossia del ruolo che l’azienda deve avere al di là della generazione del profitto. In questa nuova realtà, l’agenzia ha dovuto rafforzare la propria funzione di interprete del contesto sociale e del cambiamento, per accompagnare le aziende nel percorso di definizione del proprio ruolo.

Per rendere possibile il tutto, il dato e la strategia sono stati messi al centro e affiancati alla creatività.

Oggi l’agenzia non è solo partner della sfera comunicativa ma, in maniera sempre più decisa, è anche partner strategica che affianca l’impresa in un contesto di cambiamento continuo. Forse proprio questo aspetto è destinato a durare nel prossimo futuro e caratterizzare il rapporto azienda-agenzia.

Un esempio di campagna internazionale che risulta essere particolarmente emblematico per quella che sarà la “nuova normalità”?

Riccardo Catagnano. La campagna “Confusing times” di Burger King perché, mediante il tratteggio di prototipi di persone visibilmente confuse e turbate, descrive a pieno il periodo storico che stiamo vivendo e che, probabilmente, continueremo a vivere anche nei prossimi mesi. Tra i protagonisti dello spot c’è chi sta andando al lavoro in autobus e indossa sciarpa e cappotto, abbinati a pigiama e pantofole. O chi, coinvolto in una chiacchiera vis-a-vis, è in imbarazzo perché non ha una telecamera da spegnere o un microfono da mettere in muto. Sono più che insight: sono affreschi di una umanità destabilizzata da mesi di vita più o meno smart…

Matteo Sbarra. La campagna “Fortune Favours the Frugal” lanciata da IKEA a gennaio 2021, legata al tema del purpose. Si vede un asteroide interamente composto d’immondizia che si avvicina minaccioso alla Terra e, man mano che le persone mettono in atto piccoli gesti di sostenibilità, si dissolve. Con questa campagna, IKEA ha lanciato un messaggio di responsabilità, ispirando le persone, spronandole ad adottare uno stile di vita fatto di semplici azioni sostenibili e ponendo i propri prodotti come alleati di questo stile di vita.

Nel prossimo futuro, sempre più vedremo aziende che, oltre a promuovere il prodotto, lanceranno un messaggio di responsabilità.

Forse ancor più di quanto ci si aspettasse, anche a causa dell’esplosione della pandemia, le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale saranno sempre più protagoniste. Se e come stanno impattando e impatteranno nei vostri rispettivi ambiti professionali?

Riccardo Catagnano. Sono in constante aumento gli esempi di creatività che, appoggiandosi allo sviluppo tecnologico e alle innovazioni continue, fra cui realtà aumentata e Intelligenza Artificiale, performano al meglio. All’interno di Connexia abbiamo dato vita a un team dedicato, che si occupa esclusivamente di tecnologia e innovazione. Sempre più spesso i nostri creativi lavorano a braccetto con gli esperti di tecnologia e innovazione, perché crediamo che questo connubio sia la chiave per veicolare messaggi sempre più originali e puntuali rispetto al target di riferimento.

Matteo Sbarra. Ancora una volta voglio tornare sul tema del dato, perché ha un ruolo sempre più centrale all’interno dell’agenzia. La divisione strategy si avvale delle nuove tecnologie per elaborare al meglio l’enorme mole di dati che produce. Le nuove tecnologie oggi sono le migliori alleate dello strategist, in quanto forniscono un supporto nella visualizzazione e nell’elaborazione di tutti i dati e rappresentano, quindi, un importante supporto all’attività di intelligence.

Un consiglio per i giovani lettori di Brandforum.

Riccardo Catagnano. Oltre a continuare a leggere Brandforum -MESSAGGIO PROMOZIONALE-, consiglierei di essere estremamente curiosi rispetto a tutto ciò che accade intorno a noi. Essere pronti all’ascolto e a interiorizzare tutte gli stimoli esterni, traducendoli in azioni e idee, avendo coraggio e investendo ogni energia disponibile, per alzare gli standard. Qualunque sia il nostro ambito di pertinenza.

Matteo Sbarra. Non smettere mai di fare domande e non vergognarsi di farne tante. Esiste un detto Zen, Shoshin, che vuol dire “adottare la mente del principiante”, perché i principianti per definizione sono i bambini, che fanno sempre molte domande. Quindi il consiglio che vi voglio lasciare è quello di fare domande, anche sulle cose che sembrano ovvie, perché è mettendo in dubbio ciò che appare ovvio che nascono le idee migliori.


Grazie a Letizia Milanesi e a Federico Giorgilli, studenti della Facoltà di CIMO – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Network di brandforum.it, per la collaborazione prestata durante la fase di realizzazione delle interviste con i nostri People e Guests.

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