Fake Moment. Acquisto di fan e follower (e altre pratiche scorrette) sui social media
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Fake Moment. Acquisto di fan e follower (e altre pratiche scorrette) sui social media
02/04/2013

Max Morales, Redattore Senior, Brandforum.it
In questi mesi abbiamo visto apparire sui blog ma anche sui mezzi di comunicazione di massa titoli di questo tenore: “l’80% degli amici e dei follower delle aziende sono falsi”. Ecco alcune coordinate di questo eclatante fenomeno da tener d’occhio.

Quello dei fan di facebook e dei follower di twitter falsi è un tema di cui si sono occupati tutti i mezzi di informazione, non solo i blogger e gli esperti del web 2.0. Abbiamo visto apparire titoli su Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore di questo tenore: “l’80% degli amici e dei follower delle aziende sono falsi”.

 

In un mondo dove la notorietà sul web è un fondamentale vantaggio competitivo per un’azienda c’è una rincorsa per risultare più noti e per mostrare al proprio pubblico una statistica migliore di quella che riguarda il concorrente. Ma di che fenomeno stiamo parlando?

 

Esistono siti web, facilmente reperibili, che con pochi euro promettono di far crescere fan, follower, visualizzazioni di you tube e altro ancora in modo esponenziale. Si possono comprare anche 5000 follower internazionali con il costo di una cena per 4 persone. Ancora più competitivo è il mercato delle visualizzazioni su youtube: con pochi euro se ne può acquistare una cifra difficile da ottenere con onesto lavoro di distribuzione.

 

Per chi usa il celebre portale legato al turismo Tripadvisor sarà un duro colpo sapere che anche le recensioni sul portale sono oggetto di mercimonio (circa 20 euro a recensione). A questo proposito esiste un provvedimento europeo che impedisce legalmente questa pratica e la identifica come reato, ma questo evidentemente non impedisce che ci siano siti internet che propongono e vendono questo servizio.

 

Questo scenario impone almeno due riflessioni:

– una riguarda l’operatore di marketing e, in particolare, l’utilità effettiva di questi espedienti e le conseguenze che hanno sull’operato on line di un’azienda;

– la seconda riguarda, invece, chiunque oggi guardi alla rete come luogo trasparente di libertà di informazione e comunicazione.

 

Sul primo versante, il fatto di acquistare follower e fan permette alle aziende di compilare statistiche esaltanti sulla crescita dei propri seguaci e di mostrarle a clienti e prospect per dare “fumo negli occhi” su una notorietà che di fatto non esiste. Il fatto è che, in questo senso, le bugie hanno le gambe corte. Per dirlo con le parole di Luca della Dora, social media strategist di We Are Social e blogger, “una fanpage – ad esempio – con 5 milioni di Like, ma un engagement rate nullo, ha senso quanto un annuncio 6×3 piazzato in mezzo al deserto del Nevada. A 5km dalla strada principale”. Eh sì, perché quello che paga delle nostre presenze sui social media sono le conversazioni tra fan, il fatto che i nostri fan diventino automaticamente dei brand ambassador spontanei. Quando abbiamo di fronte dati come quelli citati da Della Dora è fin troppo chiaro che ci troviamo di fronte a fan acquistati e la figura per l’azienda, in termini di reputazione, non è certo vantaggiosa…

 

Ma allora, cosa acquistiamo quando acquistiamo un fan o un follower? Sostanzialmente acquistiamo il tempo che un addetto, spesso dall’altra parte del mondo (India, Cina, etc…), ci mette a cliccare i “mi piace” da noi richiesti, utilizzando una serie di profili (spesso falsi) di proprietà dei soggetti a cui ci siamo rivolti. Ecco, ora capiamo anche perché è del tutto impossibile che fan falsi creino engagement: molto semplice, non esistono! Se non come numeri e falsi profili sulla nostra pagina.

 

Riguardo alla seconda riflessione, quella per così dire più sociologica, possiamo dire che siamo in un’era nella quale l’incanto per la rete pulita e trasparente sta finendo. Anche per la rete, come per tutti i mezzi di comunicazione di massa, stanno emergendo tecniche di seduzione della audience e pratiche più o meno corrette per la conquista di reputazione. Se prima l’informazione in rete era considerata un luogo per specialisti e per ragazzi (nativi digitali), oggi diventa più rilevante della carta stampata e più considerata di molta TV. E’ ovvio quindi che ci sia una rincorsa per ottenere potere e reputazione on line.

 

Tuttavia, più e meglio di altri media, la rete sembra avere gli anticorpi per difendersi dagli attacchi troppo aggressivi degli opportunisti. Il solo fatto che la moneta corrente della rete sia l’engagement, che è un bene che certamente non si può comprare, è garanzia di una trasparenza minima assicurata.

E’ necessario comunque spirito critico e competenze per discernere tra le varie informazioni.

In un ambiente così libero e aperto a tutti è evidente che ci sia una larga parte di soggetti che provino ad approfittarne.

 


 

A cura di

Max Morales

Responsabile relazioni esterne e comunicazione di un'azienda leader nel settore del direct email marketing e attiva nel social media management e nelle digital PR. Appassionato cultore di linguaggi della comunicazione e musicista, è titolare della rubrica musicale Blue sound per il bimestrale Blue Liguria ed è contributore per Assodigitale (la testata dell’Associazione italiana per l’Industria Digitale).

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