Il nuovo marchio di Genova: dalla padella nella brace
Brand Naming
Il nuovo marchio di Genova: dalla padella nella brace
13/03/2003

Mario Morales
Quest’articolo di Mario Morales è tratto dal sito www.comunicazioneitaliana.it (17/11/2002). Si ringrazia l’autore a la redazione di ComunicazioneItaliana per aver concesso la pubblicazione su Brandfo […]

Quest’articolo di Mario Morales è tratto dal sito www.comunicazioneitaliana.it (17/11/2002). Si ringrazia l’autore a la redazione di ComunicazioneItaliana per aver concesso la pubblicazione su Brandforum.it.

Il marchio-immagine guida di Genova Capitale Europea della cultura 2004 va in pensione prima di aver iniziato a lavorare e viene sostituito da una lapidaria scritta. La verità  vera é che troppo spesso quelli che si occupano e si sono occupati della ‘questione immagine’ negli assessorati vari non sono sufficientemente qualificati per farlo ed ecco che inevitabilmente i risultati della loro ignoranza, nel senso più letterale e buono del termine, sono e saranno tristemente questi.
Risulta, infatti, difficile deliberare sulle sorti di un tema così vasto e profondo come l’immagine della cultura di una città , quando si mette sullo stesso piano un critico d’arte, un architetto, un grafico e un comunicatore.

La storia comincia, più o meno, un annetto fa, con una serie di marchi presentati da grafici di mezzo nord Italia. Ne scaturirono alcune immagini guida di livello qualitativo e comunicazionale medio-basso che, forse proprio per questo, vennero proposte al pubblico ludibrio per determinare, attraverso un ridicolo referendum, quale fosse il marchio preferito dai ‘genovesi della strada’. I poveri cittadini tra il marcio e la muffa, come si dice a Genova, scelsero il meno peggio (cosa che nei richiami alle urne capita fin troppo spesso) ed ecco il marchio ufficiale, con tanto di marce trionfali e poster giganti qua e la per la città . Il suddetto marchio, per la cronaca, é stato progettato dallo Studio Opera di Torino che ha vinto le ‘elezioni’ con un risultato quasi plebiscitario (3.528 voti).

Un marchio che, secondo il modesto parere dei miei 35 anni di carriera come comunicatore d’impresa, non era sufficientemente identificativo, per nulla innovativo e visivamente dispersivo. Di qui probabilmente la giustificata pressione dell’Assessore Anna Castellano che riteneva inadeguato e poco rappresentativo, il nastro svolazzante ‘Genova 2004’.
Un’immagine guida costata relativamente poco (25 milioni di vecchie lirette), diffusa relativamente poco e pertanto con impatti mnemonici ancora bassi. Un’immagine guida facilmente liquidabile senza gravi danni che é stata, infatti, comprensibilmente liquidata. Se poi, in sovrappiù, ci mettiamo l’effetto rilancio di un marchio nuovo che certamente contribuirà  a far parlare di Genova una volta in più…Tutto bene. Anzi benissimo.
Peccato che il nuovo marchio é troppo poco migliore del suo giustamente trombato predecessore.
Un’idea c’è: il gioco di lettere che unisce la targa di Genova GE, con NOVA, che rimanda ad un vissuto positivo d’innovazione espresso però in termini neo classici e stinoviani per caricarlo forse del ‘valore aggiunto cultura’.
Il lettering, molto roman, é certamente leggibile, regge le riduzioni e l’utilizzo nel merchandising; per questo é decisamente meglio del precedente, ma non é, almeno secondo il mio parere tecnico, all’altezza dell’avvenimento e delle aspettative che da esso scaturiscono; é freddo, schematico, privo di emozionalità  e di fascinazioni creative.
Un marchio che sembra pensato da un copywriter che lo ha condiviso con un art director troppo svogliato ed incapace di dargli quella spinta grafica che trasforma il segno in comunicazione. Non capisco invece il colore rosa antico e, come mio costume, non mi pronuncio su ciò che non posso capire.

Una storia per nulla nuova nella città  di Genova e non solo che testimonia un problema della pubblica amministrazione nel capire bene a chi chiedere le migliori soluzioni per comunicare al meglio (e potrei portare altri innumerevoli esempi). Il problema non é infatti tanto nel dove si cerca, ma certamente nel chi si coinvolge nella ricerca.

Ma forse la difficoltà  oggettiva nasce quando a scegliere il comunicatore non é un esperto di comunicazione, ma un famoso critico d’arte, o un prestigioso architetto, o un esimio e pubblicatissimo professore universitario. In questo caso, con tutto il rispetto per il dottor Germano Celant, eccellente critico d’arte, e per l’architetto Pier Luigi Cerri, l’immagine di Genova Capitale Europea della cultura, meritava qualcosa in più; anche perché il mio buon senso si rifiuta di credere che a Genova non ci sia nessuno capace di far meglio di così.

E allora mi chiedo dove sono Roberto Rossini, Giancarlo Brogi, il nuovo Studio Firma, Sergio Faragona, Bobo Barbieri e altri più giovani genovesi che hanno dentro esperienza, cultura e sensibilità  per non farci fare la figura di quelli che fanno la Capitale della Cultura senza averne a sufficienza; tanto da doversela comprare in altre città . A meno che qualche illuminato assessore alla cultura non pensi che progettare un marchio non abbia nulla a che fare con la stessa e in questo caso continueremo ad avere a Genova i marchi istituzionali più inadeguati d’Europa. Con questo non voglio dire che ci sia nulla di male nel trovare altrove da Genova le migliori soluzioni di comunicazione per la città : l’importante é sempre chi si sceglie di coinvolgere tra: ‘personaggi cool’ e di tendenza, amici degli amici o professionisti della comunicazione.

A proposito di questo; sono perfettamente allineato con la collega e amica AnnaMaria Testa di Milano, per quanto ha dichiarato al Secolo XIX. Lei é un vero direttore creativo, come peraltro ce ne sono anche a Genova e mi piacerebbe sapere quante volte é stata interpellata, non per dare un parere sul ‘dopo pateracchio’, ma per progettarlo il marchio. Quante domande. Chissà  se qualcuno darà  anche qualche risposta? Comunque sia tanti auguri a Genova e alla sua cultura; prima durante e dopo il 2004.

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