Philip Kotler Marketing Forum: le case histories – II puntata
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Philip Kotler Marketing Forum: le case histories – II puntata
19/06/2015

Alessandra Olietti, Redattore Senior di Brandforum.it
Una carrellata dei casi più significativi presentati al Philip Kotler Marketing Forum: da Unicredit a Barilla, fino a Technogym e Ford per scoprire come molti brand stanno facendo propri i principi teorizzati da Kotler attorno al Marketing 3.0.

Come vi abbiamo preannunciato qualche giorno fa a proposito degli interessanti spunti nati dalla partecipazione di Brandforum al Philip Kotler Marketing Forum (cfr. paper dedicato),  affronteremo ora in questa II puntata alcune delle case histories più interessanti che abbiamo avuto modo di conoscere.

 

 

Sono stati molti gli interventi delle aziende che hanno voluto portare la testimonianza delle loro azioni al pubblico degli esperti di marketing – e non solo – presenti all’evento; abbiamo scelto tra questi quelli più significativi che dimostrassero l’evoluzione delle singole realtà aziendali all’interno del panorama  del marketing, del retail, della comunicazione e della CSR (Corporate Social Responsibility).

 

 

In ciascuno dei casi che andremo ora ad illustrarvi abbiamo avuto modo di riscontrare le principali teorie e i filoni di ricerca che analizziamo all’interno del nostro Osservatorio, in particolare le dinamiche Slow – tematica a cui prestiamo molta attenzione e a cui abbiamo recentemente dedicato un Festival (#SBF15).
Slow non solo in termini di “lentezza”, ma anche e soprattutto in una diversa gestione del tempo da parte delle imprese da diversi punti di vista: come sapersi fermare per interrogarsi sulle azioni fatte – con relative conseguenze – e trovare degli approcci al business differenti , saper dilatare e rafforzare il rapporto con i propri stakeholder (nuovi spazi e nuovi tempi di contatto), saper portare valore aggiunto – non solo in termini di business – al territorio e alla comunità nella quale l’azienda si inserisce, mettere in campo azioni di Responsabilità Sociale che si protraggano nel tempo e avere il coraggio di porsi obiettivi a lungo termine.

 

 

Technogym: #LetsMoveforabetterWorld
Il primo caso che vogliamo raccontarvi è Technogym, presentato da Giuseppe Bonollo – Marketing Director Technogym – e focalizzato sulla campagna sociale “Let’s Move for a Better World” (#LetsMoveforabetterWorld).
L’azienda (http://www.technogym.com/it/), oltre ad essere uno dei brand leader nel settore delle tecnologie applicate ai prodotti, servizi e soluzioni per il fitness e il #wellness è anche Official Wellness Partner di Expo 2015.
Technogym è impegnata da oltre 20 anni nella promozione di uno stile di vita basato su una  regolare attività fisica, un’alimentazione equilibrata e un approccio mentale positivo: ovvero tradotto in una sola parola è impegnata in materia di Wellness. Technogym ha creato un vero e proprio “mondo” attorno a sé per permettere a chiunque – grazie all’utilizzo dei nuovi sistemi in materia di digital technology – di accedere al Wellness ovunque ognuno si trovi, non solo in palestra ma anche a casa, lavoro, scuola, viaggio e tempo libero. Un approccio nuovo che ha come obiettivo il coniugare l’aspetto di business con la responsabilità sociale.

 

 

È in questo scenario che nasce la campagna sociale “Let’s Move for a Better World” lanciata da Technogym nel 2014 e pensata per incentivare le persone a muoversi di più generando allo stesso tempo beneficio per la comunità, grazie alla causa sociale di sensibilizzazione all’esercizio fisico per combattere l’obesità infantile e la sedentarietà.

 

 

Come avviene? Ciascun Club sportivo legato a Technogym a livello mondiale è in competizione e invita per questo i suoi utenti ad allenarsi e produrre MOVES (unità di misura di movimento studiata dall’azienda e misurata sulle attrezzature connesse in tutto il mondo). Il Club che ha totalizzato più MOVES in ciascun Paese dona una palestra ad una scuola nella propria comunità locale.
Tra il 2014 e il 2015 i Club partecipanti sono passati da 180 a 357, i Paesi coinvolti da 10 a 17 per un totale di 80000 sportivi partecipanti e 315 (mln)  MOVES collezionati.

 

 

Questa campagna dimostra anche l’impegno del brand come “Official Wellness Partner” di Expo 2015, in grado di fornire un importante contributo all’esperienza dei visitatori attraverso lo sviluppo di un percorso tematico dedicato all’attività fisica, allo sport e alla salute: valori cardine del brand.

 

 

Technogym ha infatti pensato ad un vero e proprio “percorso di benessere” con 6 isole espositive allestite lungo l’asse principale di Expo (il decumano) ed un’arena (Technogym Arena) che ospita per tutto il periodo dell’esposizione eventi legati ai brand values citati poco sopra.
In questo modo Technogym permette ad Expo di allinearsi con la campagna #letsmoveforabetterworld (in linea con il tema principale “Feeding the Planet, Energy for Life”): i visitatori possono fare esercizio fisico negli spazi brandizzati attraverso una App dedicata  – Technogym App – e trasformarlo in pasti distribuiti nei Paesi  poveri grazie alla collaborazione con il World Food Programma delle Nazioni Unite (WFP).

 

 

Inoltre la Technogym App misura l’indice di movimento giornaliero e indica l’obiettivo wellness del giorno stimolando ciascun utente a migliorarsi e a passare da “slow” ad “active” fino a “sporty”; mette inoltre a disposizione programmi, esercizi e consigli alimentari per migliorare il proprio stile di vita non solo a livello fisico ma anche mentale. Il tutto attraverso lo smartphone, lo strumento che forse ciascuno di noi usa maggiormente ogni giorno.

 

 

Questo caso rappresenta un esempio perfettamente in linea con le riflessioni di Kotler sul Marketing 3.0 che si focalizza sempre di più sulla dimensione valoriale, in particolare sulla capacità dell’azienda di generare valore condiviso per le comunità nelle quali si inserisce in ottica di Corporate Social Responsibility. Rappresenta inoltre un nuovo modello di business che potremmo riassumere in B2B2C, ovvero un primo rapporto tra Technogym e i Club coinvolti ha permesso ad entrambi di  sviluppare nuovi obiettivi e nuovi strumenti per aumentare la brand awareness e gli introiti in termini di business, ma al tempo stesso ha permesso di mettere a disposizione del pubblico (consumer) i “saperi” conquistati  per portarne valore aggiunto nel lungo periodo (ottica slow).

 

Per questo motivo la case history in questione è stata inoltre inserita tra le nomination di Slow Brand Festival  per la categoria Slow Factory (CSR) e farà parte dei casi che saranno analizzato nel filone di ricerca sulle dinamiche Slow, in partenza a breve.

 

 

Unicredit: #TuttaUnAltraStoria
Un altro caso interessante è rappresentato a nostro parere da Unicredit, come illustrato nella presentazione di Remo Taricani – Direttore Sales&Marketing Retail Unicredit.
Unicredit è uno dei principali gruppi finanziari europei e banca tra le più famose in Italia che si è prefissata un obiettivo a cavallo tra l’internal e l’external branding per aumentare e rafforzare il tempo stesso l’engagement tra azienda e clienti.
Interrogandosi sul passato, è stato possibile per il brand notare come prima i clienti fossero “staticamente segmentati”, la loro interazione con la banca era fortemente guidata e avevano a diposizione una scarsa personalizzazione di prodotto e prezzo. Oggi questo scenario è profondamente cambiato in quanto ci troviamo di fronte – a vari livelli di business – ad un panorama complesso con consumatori/clienti che cambiano il loro comportamento ogni singolo giorno: il 30% (ATM Users) identifica la banca con lo sportello automatico, il 15% (Pure Digitals) con i servizi da pc e mobile, il 15% (Branch Lovers) sono coloro ancora fidelizzati alle filiali, il restante 40% nonché la maggioranza sono Multichannel e utilizzano tutti i canali sopra citati.

 

 


Visto lo scenario variegato e acquisita la consapevolezza che i servizi nascono da esigenze reali (come teorizzato anche da Kotler nella sua Lectio Magistralis), Unicredit ha deciso di lanciare nel 2014 il programma #Open (https://www.unicreditgroup.eu/it/pressandmedia/pressreleases-price-sensitive/2014/open–la-banca-e-del-cliente.html) per soddisfare le esigenze e i bisogni del consumatore.
Si è passati in questo modo da una visione in cui “Il cliente è della Banca” ad una dove “La Banca è del Cliente”: uno spostamento di prospettiva che mette al centro la persona con le sue esigenze e desideri, più che bisogni, e dove la tecnologia è al servizio dell’utente.
Unicredit si prefigge non solo di considerare il cliente in toto in quanto generatore di valore per l’azienda stessa e rivoluzionarne l’esperienza di acquisto (B2C), ma anche di creare nuove opportunità per le imprese attraverso la Community Unicredit (B2B).

 

 

 

Ed è su questo filone della nuova visione della Customer Experience che è stata lanciata dal gruppo bancario –  a maggio 2015 – la campagna multipiattaforma #TuttaUnAltraStoria (realizzata da M&C Saatchi). Quattro soggetti e un linguaggio in stile tutorial (cfr. uno dei video) per raccontare l’approccio a 360° della banca al mondo della casa: un esempio di come un brand appartenente al settore delle utilities si avvicina ai suoi clienti partendo dalle loro domande e rispondendo con soluzioni concrete. Una filiale che si trasforma il punto vendita in perfetto stile Slow Place per dilatare il rapporto tra cliente e azienda e aumentarne l’awareness.

 

 

 


Barilla: #GuardaTuStesso e #ShareTheTable
Il successivo caso che vi vogliamo presentare è quello di Barilla, azienda multinazionale italiana attiva nel settore food,  illustrato da Giuseppe Morici – Presidente Regione Europa Barilla. Nel suo speech Morici si è soffermato sul concetto di “marketing come portatore di valore aggiunto per il territorio” facendo emergere come negli anni il brand sia stato in grado non solo “di vendere la pasta ma anche di narrare l’Italia”.  Un brand che ha costruito la sua storia attraverso i prodotti per fidelizzare i clienti e penetrare nei mercati  mondiali.

 

 


Questo è stato possibile grazie all’orientamento di Pietro Barilla al marketing fondato sui valori e non solo sul profitto, un’anticipazione di quello che Kotler chiama oggi Marketing 3.0: un approccio basato sull’ottimismo dell’imprenditore, sul coraggio di pensare al futuro e al passaggio di consegne e non solo sull’introito immediato, sulla capacità di investire in ricerca e sviluppo con obiettivi di sostenibilità nutrizionale e valoriale (CSR).

 


Uno dei programmi presentati è #GuardaTuStesso (http://guardatustesso.barilla.it/) in cui il brand ha deciso di aprire le porte del suo stabilimento attraverso un viaggio nel mondo dei sughi Barilla per scoprire i segreti delle ricette, passeggiare nei campi dove vengono coltivate le materie prime, vistare lo stabilimento dove vengono prodotti.
Un esempio di trasparenza dell’azienda verso i suoi consumatori, di desiderio di narrare la storia che c’è dietro ad ogni prodotto (storytelling) per farne uscire il valore; #GuardaTuStesso rappresenta anche la volontà dell’aziende di rafforzare e dilatare nel tempo il rapporto con i suoi stakeholder in perfetta ottica slow.

 

 

Altro programma è #ShareTheTable (http://www.sharethetable.com/) , che si basa sulla Corporate Social Responsibility per condividere in ottica globale il momento del pasto a tavola con la famiglia: una grande comunità costruita attorno ai valori di nutrizione sana, convivialità e condivisione.
L’idea si basa infatti sul dare valore al momento del pasto quando – come vuole la tradizione italiana –  la famiglia si raduna attorno al tavolo trasformando il semplice atto del mangiare in un momento di convivialità, come mostra la maggior parte degli gli spot firmati Barilla.

 

 

Nel suo intervento Morici ha più volte sottolineato l’importanza – che possiamo tradurre anche come necessità ormai imminente – per i brand di non avere come fine ultimo il profitto a tutti i costi ma il prodotto (produzione) e le persone (marketing): partire quindi dai “desideri” delle individui più che dai loro “bisogni” come ha affermato anche Taricani di Unicredit nel suo intervento.

 


Una frase emblematica che riassume questa visione – e citata durante lo speech – è quella pronunciata da Adriano Olivetti: “Può l'industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell'indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica? La nostra società crede perciò nei valori spirituali, nei valori della scienza, crede nei valori dell'arte, crede nei valori della cultura, crede, infine, che gli ideali di giustizia non possano essere estraniati dalle contese ancora ineliminate tra capitale e lavoro. Crede soprattutto nell'uomo, nella sua fiamma divina, nella sua possibilità di elevazione e di riscatto”.

 

 


Native ADV: #ilpiùbelviaggio di Ford
Ultimo, ma non per questo meno interessante, è il caso di Ford #ilpiùbelviaggio che abbiamo voluto inserire in questa sorta di short list per puntare l’attenzione sul concetto di Native Advertising, un formato adv che sta prendendo sempre più piede sul principali siti web e che si stima nel 2018 potrà portare a incassi oltre i 20 mln di dollari (dalla combinazione di native, sponsorizzazioni associate e attività social).

 

Il native si presenta come forma di advertising online che assume l’aspetto dei contenuti del sito che la ospita per attrarre e generare interesse negli utenti, senza distrarli. Spesso si inserisce in modo non intrusivo nell’attività degli utenti proprio perché assume le stesse caratteristiche del contenuto diventandone parte e ampliandone il significato in una sorta di ibridazione.
Il native si basa molto sullo storytelling, sulla capacità quindi di saper raccontare una storia che coinvolga l’utente senza necessariamente promuovere il prodotto in primis.

 


L’esempio portato al PKMF è appunto Ford con #ilpiùbelviaggio, il video dal forte impatto emotivo che racconta uno dei momenti forse più belli ed unici nella vita di una donna: la maternità.

 

Ford ha raccolto in un cortometraggio dal formato slow (2.32”) la vera storia di sette donne di età e professioni diverse che stanno per diventare madri, riuscendo a trasmettere emozioni in modo suggestivo e toccante.
Una comunicazione fuori dagli schemi, considerando che le protagoniste sono donne e il brand in questione appartiene al settore dell’automotive (legato stereotipicamente all’universo maschile).
#ilpiùbelviaggio è una sorta di tributo alla gratitudine verso l’atto di mettere al mondo una nuova vita, risultato di una produzione durata più di un mese che ha coinvolto 4 quadre di operatori per oltre 70 ore di girato.
Sapientemente costruito su continui parallelismi tra le storie, diverse ma con finale comune – il parto -, nel video in perfetto stile native adv, non vediamo mai il prodotto, solo alla fine compare il brand Ford in modo non intrusivo e se vogliamo del tutto inaspettato.
Ford infatti ha utilizzato questo slow spot per lanciare Ford B-MAX, l’automobile che ha accompagnato alcune donne in questo incredibile viaggio. Il legame con il prodotto è la comodità dell’autovettura associata alla gratitudine: “Perché chi ha dato così tanto merita il massimo della comodità”.

 

 

Un esempio di contenuto sponsorizzato, quindi, non invasivo e di valore che si inserisce in un contesto editoriale in modo naturale e positivo per l’utente.

 

 

 

Verso il marketing umanistico
Tutti questi casi si inseriscono all’interno del mutato panorama del marketing che sta diventando come ha sottolineato Marzio Bonferroni  – Research & Marketing Communication Consultant  – un marketing sempre più “umanistico” ovvero una disciplina con un approccio multidisciplinare che mette in campo non solo principi economici ma anche comunicativi e sociali, mettendo al centro la persona e i suoi valori.

 


Oggi più che mai è necessario partire dall’ascolto delle necessità dei consumatori/utenti e darsi in un secondo momento degli obiettivi in linea con le loro esigenze. Fondamentale è poi pensare a programmi in grado di sviluppare una “comunità di marca” sia a livello B2B che B2C in cui il profitto in termini monetari non deve più essere l’unico obiettivo.
La nuova mission aziendale alla quale molti brand sono chiamati non è quindi solo basata sul business, ma deve anche veicolare valori etici e responsabili, e migliorare la qualità della vita a livello di bilancio sociale.

 

 

A cura di

Alessandra Olietti

Redattore Senior 

Project Manager Eventi

Collabora con Brandforum da gennaio 2012

Forte interesse per la scrittura sul web e sui social, nonché per il mondo del brand, in particolare per le strategie comunicative applicate al business turistico. Su questa tematica nel 2018 ha scritto un libro per FrancoAngeli - "Turismo digitale. In viaggio tra i click" - con Patrizia Musso.

Dal giugno 2015 collabora nell'organizzazione di Slow Brand Festival, un appuntamento annuale - ideato dal Direttore di Brandforum - dedicato alle riflessioni sul fenomeno Slow in Italia. 

Si è laureata con lode presso l’Università Cattolica di Milano con una tesi magistrale sulla comunicazione aziendale attraverso gli spazi, riletta alla luce delle teorie dei media digitali e del marketing esperienziale. Attualmente è Docente a contratto presso il medesimo ateneo, nonché formatore e consulente aziendale

In Università Cattolica è inoltre Career Adviser (CIMO. Comunicazione per le imprese,i media e le organizzazioni complesse) e Coordinatore dell'International Master in Cultural Diplomacy.

Oltre alle attività accademiche, si occupa di Coordinamento Media e Marketing per Alchemilla Cooperativa Sociale  in relazione al progetto "Artoo. L'arte raccontata dai bambini", una start up innovativa che propone un modo nuovo di avvicinarsi all’arte, promuovendo l'autoralità e il protagonismo culturale dei bambini anche in età prescolare.

Nel tempo libero cucina, legge e appena può scappa tra i monti.

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