Presentazione del libro “TV-fai-da-WEB” di Giampaolo Colletti. Alla scoperta dei micro-trends del nostro Paese.
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Presentazione del libro “TV-fai-da-WEB” di Giampaolo Colletti. Alla scoperta dei micro-trends del nostro Paese.
10/03/2010

Rebecca Rabozzi, Redazione Brandforum.it
Le web tv nascono dall’esigenza della gente di sapere cosa succede nella propria città , nel proprio paesino di provincia, nel proprio quartiere. Colmano un profondo bisogno di informazioni, che non si trovano guardando la televisione generalista, ma nemmeno leggendo giornali locali.

Giampaolo Colletti dedica il suo ultimo libro, TV-fai-da-WEB. Storie italiane di micro Web tv, ai “moderni cantastorie digitali, testimoni delle micro-comunità, cantori degli angoli meravigliosi e spesso inesplorati del nostro Paese”. Le web tv, infatti, raccontano micro-storie che difficilmente troverebbero spazio nella programmazione della televisione generalista, ma che esprimono la spontaneità delle comunità locali. «Ad oggi si contano 219 canali iper-locali, dislocati su tutto il territorio nazionale» spiega Colletti «nel 2007 erano “soltanto” 42. Si stanno moltiplicando giorno per giorno, e questo è anche il segno che con poche centinaia di euro si riesce a creare la propria micro-web tv».
Le micro-web tv nascono dall’esigenza della gente di sapere cosa succede nella propria città, nel proprio paesino di provincia, nel proprio quartiere, e colmano un profondo bisogno di micro-informazioni; informazioni che non si trovano guardando la televisione generalista, ma nemmeno leggendo giornali locali: solo attraverso media iper-locali, come le web tv, possiamo capire davvero ciò che accade in uno specifico territorio.

 

Alla presentazione di TV-fai-da-WEB non si è parlato soltanto del libro: la polemica del televoto sanremese e i commenti sul decolté della Clerici hanno contagiato gli oratori e i loro interventi.
D'altronde la critica, tutta la critica, parla sempre della televisione generalista perché – nonostante l’avvento dei canali satellitari e digitali – rimane la più vista dagli Italiani.
«Se la tv generalista perde un milione di spettatori l’anno, come si spiegano gli ascolti di Sanremo 2010?». Si spiegano anche alla luce della mancanza di contro-programmazione sulle altre reti: gli Italiani sono stati ‘costretti’ a guardare Sanremo – per dirla con le parole di Mirella Poggialini, critico televisivo di “Avvenire” – «a subirlo, come uno fa con il morbillo».
Però a Saronno, comune della provincia di Varese, la micro-web tv di Piero ha battuto la Clerici!
La web tv PieroDaSaronno è una delle tante micro-realtà che dà spazio a personaggi ed eventi locali, che parla delle tradizioni della città, che documenta sport minori (dal tiro con l’arco al tchoukball), vantando una larga community di affezionati cyber-spettatori, che si collegano al sito web per tenersi aggiornati.
A Saronno, l’interesse per il Festival di Sanremo è stato superato proprio dall’interesse per il tchoukball, lo sport nazionale di Taiwan, conosciuto dagli appassionati che lo praticano (e seguono) nel comune varesotto. Tutta la community del tchoukball ha trovato un punto di riferimento irrinunciabile nella web tv di Piero, che documenta tutti gli incontri del Club locale.
Lo stesso Colletti riconosce: «io il tchoukball l’ho scoperto su PieroDaSaronno, non sul Tg1!».
Come ben spiegato dalla Poggialini, «la televisione generalista è qualcosa che arriva a un pubblico e deve suscitare interesse; una web tv è una televisione che rappresenta gli interessi e arriva soltanto a quelli che si interessano […] Sono due mondi diversi, che non si incontrano. Magari possono convivere, ma sono due esigenze diverse: da una parte, informazione che viene dall’altro; nella web tv, invece, […] si ha un momento soggettivo di fronte all’oggettività della televisione».
Le web tv, spiega sempre la Poggialini, possono avere un «ambito di riferimento talmente vasto da sovrastare le offerte, sempre parziali o settoriali, che dà la televisione generalista», perché documentano spazi e tempi vicini all’esistenza delle persone, con una tale possibilità di variazione da far moltiplicare “da solo” questo fenomeno su scala globale. D’altronde «quello che succede sotto casa nostra è sempre più interessante di quello che succede in Cina!».
Quindi «le web tv sono fieramente local o vorrebbero essere anche un po’ global ?».
A questa domanda Colletti risponde deciso: «Le web tv sono fieramente orgogliose del territorio, di essere ancorate al territorio». In qualche modo colmano un vuoto nella rete, una mancanza di informazioni “micro-territoriali” che la tv generalista non trasmette. Coletti le chiama “micro-web tv” perché sono «di immediata fruizione per quelli che sono i contenuti “sotto casa”».
Un esempio portato dall’autore, e contenuto in TV-fai-da-WEB, riguarda TeleTorre19, una delle prime micro-web tv, nata nel 2001 per unificare le 72 famiglie del condominio “Torre19” di Bologna. Come si legge sul sito web, questa è la prima web tv condominiale e la trasmissione che registra più ascolti è la situazione del traffico della tangenziale tra le 7 e le 8 del mattino.
Coletti parla anche di Disco Volante di Senigallia, una micro-web tv di denuncia che si è rifiutata di consegnare il materiale video richiesto da “Le Iene” sulle barriere architettoniche. Il loro obiettivo, infatti, non aveva l’ambizione di raggiungere il grande pubblico o la notorietà: erano già soddisfatti che il sindaco avesse fatto posizionare un saliscendi grazie alla loro denuncia.
Il professor Alberto Abbruzzese, docente di Sociologia della Comunicazione all’Università IULM di Milano, spiega che alla base del fenomeno delle web tv c’è «il piacere del fai-da-te», che non ha nulla a che vedere con un semplice “hobby”. Un hobby comporta l’adozione di qualcosa di già strutturato, mentre nel fai-da-te avviene una “creazione” e si sviluppa anche una tendenza all’auto-rappresentazione (si vuole, cioè, mostrare ciò che si è creato ad amici e conoscenti).
Nasce così una voglia di comunicare con gli abitanti del posto, una voglia di socializzare con persone che «prima magari si salutavano, ma non si conoscevano». Coletti parla di “terzo posto”, un terzo luogo immaginario, a metà tra il pubblico e il privato, in cui le persone si ritrovano a (voler) condividere le stesse esperienze legate a uno specifico territorio: nasce un nuovo luogo di prossimità rappresentato proprio dalle micro-web tv.
A questo punto della discussione, viene proposto il paragone tra le web tv e due “fenomeni storici” degli anni passati: le radio libere e la piccola editoria indipendente.
Le radio libere degli Anni ’70 volevano sovrapporsi al modello Rai, ma a quarant’anni di distanza le uniche radio sopravvissute sono quelle commerciali. Le radio locali sono state “polverizzate”, sconfitte dal mercato. «Potrebbe succedere lo stesso alle web tv?».
Secondo la Poggialini no, perché le motivazioni alla base dei due fenomeni sono diverse: «questa è un’individualità che viene recuperata!». Le radio libere erano tanti piccoli mondi che volevano essere ascoltati, volevano arrivare al grande pubblico e per questo hanno “usato il megafono”; ma illudendosi “di essere l’universo” hanno fallito. Le web tv, invece, sono piccoli mondi che vogliono soltanto avere dei contatti, reali o virtuali, e rimanendo coerentemente nella propria dimensione locale, sono spontanee, vere; e per questo saranno vincenti.
Il paragone tra web tv e piccola editoria risulta, invece, più calzante. Il prof. Abruzzese spiega come il periodo di vita – generalmente breve – della piccola editoria sia soggetto al numero degli interessati, che condividono la stessa passione per l’argomento trattato; lo stesso accade per le web tv, che nascono e si sviluppano proprio in risposta a un interesse condiviso.
La piccola editoria è stata stracciata dalla grande distribuzione, con la nascita di grandi catene come Mondadori, Feltrinelli e Fnac, e la rete potrebbe presto essere messa in crisi dal problema del copyright. Sopravviveranno solo i canali che trasmettono materiale proprio, come le web tv.
«Se paradossalmente capovolgessimo un po’ la situazione?» propone Colletti.
L’autore sottolinea come la televisione generalista utilizzi sempre più un linguaggio tipico della web tv, a partire dal tipo di inquadrature. Quando un tempo la qualità video della televisione era un valore, le interviste erano girate con due telecamere (campo e controcampo), che oltre a eleganza denotavano anche ricchezza di linguaggio; adesso, invece, si punta di più ai contenuti e i telegiornali propongono anche filmati con inquadrature traballanti, girati con il telefono cellulare. L’effetto ottenuto è straniante, come – al contrario – lo sarebbe «un documentario su Zagarolo girato da Steven Spielberg», dice Francesco Specchia di “Libero”.
Quel che pare evidente, però, è che i “dilettanti” (termine che non è da intendersi in modo negativo, spiega la Poggialini: «essere dilettante vuol dire avere un interesse in più di qualcun altro»), saranno sempre più utilizzati dalla televisione generalista, soprattutto per poter arrivare ‘presto’ sul posto, ancor prima dei giornalisti professionisti.
Un caso per tutti è quello di From Zero, la web tv delle tendopoli aquilane: i suoi filmati sono stati trasmessi a “Witness”, programma di Al Jazeera English, con tanto di sottotitoli in inglese, per testimoniare direttamente cosa fosse successo dopo il terremoto.
Bisogna certamente tenere in considerazione anche la particolarità dei codici visivi tipici del mezzo utilizzato. Per quanto «il corpo della Clerici a Sanremo è stato un colpo di genio», Massimo Bernardini – autore e conduttore di “Tv-talk” su Raitre, e moderatore della conferenza – propone come più adeguata la figura della “figlia del macellaio” che appare sulla web tv struccata, nella sua spontaneità. Si trova d’accordo con lui la Poggialini: «Uno dei pregi della web tv, uno di quelli che dovrà conservare, è quello della spontaneità, della verità che viene espressa senza recitare». Nelle web tv le persone appaiono struccate, naturali: non c’è il “trucco e parrucco”, simbolo della trasformazione della tv generalista («al Grande Fratello sono in mutande, ma sono truccati!»), che allontana dalla verità delle cose. Il prof. Abruzzese ammette che, però, anche in una web tv – nel tempo – si potrebbero sviluppare meccanismi che portano agli stessi stereotipi, tipici della televisione generalista.
Nonostante molte web tv siano strutturate in ottica di “palinsesto”, attualmente ciò che importa agli autori e fruitori delle micro-web tv non è la durata del girato (come accade nella tv generalista), ma la qualità del contenuto, che deve corrispondere agli interessi di chi guarda.
Continuando il discorso, Specchia fa notare che anche le grandi aziende televisive si stanno organizzando per promuovere e diffondere delle web tv. Il problema, però, sta nell’individuazione di un modello pubblicitario adatto a questa nuova forma di comunicazione. E prima ancora di scegliere il modello pubblicitario, bisogna trovare il giusto modello di business.
Le micro-web tv di cui parla Colletti, però, sono ciò che di più lontano ci può essere dai modelli di business perché – a differenza delle tv commerciale – il loro scopo non è il profitto, ma suscitare interesse. La pubblicità più adatta a questo tipo di trasmissioni sembra essere quella in “stile locale” (la farmacia di quartiere, il macellaio all’angolo, il nuovo panettiere…).
Spiega l’autore: «Le micro-web tv non hanno individuato un preciso modello di business, ma esiste un modello di business condiviso, un autofinanziamento degli ideatori».
È il caso di AstutaTv di Castelbuono in provincia di Palermo, una micro-web tv che fa una feroce critica contro la televisione generalista («il tg regionale della Rai non è mai arrivato a raccontare Castelbuono»). Per finanziarla, ogni mese viene organizzata una tombola: le cartelle vengono vendute agli abitanti e l’estrazione viene trasmesse in diretta.
Ancora più singolare è il caso di Sardinia Farm, la web tv di un consorzio di pastori della Sardegna, che per finanziarsi ha promosso l’iniziativa “Adotta una pecora”: con 390 euro all’anno si può mantenere la propria pecora (le si può anche dare un nome) e si ricevono 8 forme di pecorino e un manufatto di lana. C’è anche la possibilità di diventare “Fattori a distanza” ricevendo un cesto di prodotti tipici della regione. «Questo è certamente un modello di business insolito, ma è ciò che permette a 60 famiglie di sopravvivere».
Conclude l’autore: «Le micro-web tv sono il cuore pulsante di ciò che accade in un territorio […] Quello che mi auguro è che io non possa vedere i reality di Vespa, mi auguro di non vedere “L’Isola dei famosi”, mi auguro di non vedere quella televisione generalista, che magari ha stancato il pubblico. Mi auguro sempre di vedere il tchoukball, mi auguro di vedere l’evento cittadino, mi auguro di vedere il museo aperto la domenica. Ecco, questo mi aspetto di vedere, e non lo vedo in altri media. Il mio vuoto informativo viene colmato grazie alla micro-web tv, che hanno come obiettivo sempre le storie con la “s” minuscola, rispetto alla Storia che troviamo su altri media».
C’è un’altra tv, in rete, oltre a quella (generalista) che ci vogliono far vedere, e Giampaolo Colletti l’ha raccontata in un libro.

Allegati

A cura di

Rebecca Rabozzi

Redattore Senior
Collabora con Brandforum.it dal 2009

Docente di Content Marketing, Digital Communication & Social Selling e cultore della materia per il corso di "Storia e linguaggi della pubblicità" della Prof.ssa Patrizia Musso presso l'Università Cattolica di Milano, dopo una lunga esperienza in agenzie pubblicitarie di calibro internazionale (tra cui Dentsu Aegis Network e Publicis Groupe), attualmente si occupa di Retail Marketing.

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