Tutti pazzi per Pokemon Go
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Tutti pazzi per Pokemon Go
05/08/2016

Mirko Cammalleri e Daniela Compassi, redattori di Brandforum.it
Pokemon Go è il fenomeno del momento ma pochi conoscono davvero la sua storia. Noi di Brandforum abbiamo voluto analizzarlo anche dal punto di vista delle aziende che, cavalcando l’onda, hanno fatto delle loro pagine social un ricettacolo di Pokemon.

La storia che ha portato allo sviluppo e al lancio di Pokémon Go è quantomeno curiosa.

 

14 Dicembre 2013: Niantic, società promettente controllata da Google, lancia Ingress, un’app rivoluzionaria per l’epoca (come se parlassimo di 10 anni fa, ma si sa, la l’app economy corre veloce).

 

E’ un gioco in tutto e per tutto simile a Pokémon Go, tranne per il fatto che l’ambientazione e i personaggi sono inventati di sana pianta e non appartengono ad un franchise rodato. Si fa un gran parlare nelle testate di settore ma a conti fatti gli utenti attivi rimarranno una nicchia, anche per via di limiti dei device di allora.


 

1° Aprile 2014: Uno dei pesce d’aprile dell’era digitale più riuscito, Google aggiunge una funzione a Maps che permette all’utente di andare a scovare i Pokémon. Uno scherzo che va a toccare corde sensibili. Molti pesci d’aprile delle tech company ricevono una certa risonanza, ma questo di Maps stimola la fantasia di osservatori ed appassionati al punto che in Mountain View iniziano a farci un pensierino. Certo non è facile, ma chissà un giorno…

 

 

10 Agosto 2015: I responsabili di Google annunciano gli ambiziosi piani di ristrutturazione societaria con la creazione della holding chiamata Alphabet. Durante questa colossale operazione passa quasi inosservata l’uscita dalla porta di servizio di Niantic che diventa indipendente pur mantenendo una certa sinergia con Big G.

 

15 Settembre 2015: Nintendo lancia un video trailer, in qualche modo, ad un certo punto del 2016, l’azienda giapponese lancerà per la prima volta nuovo titolo, in esclusiva su smartphone Android e iOS e non per consolle. Quel titolo è Pokémon Go. Online scoppia letteralmente il delirio. In poche ore le visualizzazioni del video diventano milioni. Come trarrà profitto Nintendo? L’applicazione sarà gratuita ma utilizzerà sistemi di in-app purchase e venderà anche un wearable per i più esigenti.

 

 

Ottobre 2015: Google, Nintendo e la controllata The Pokémon Company annunciano un investimento di 30 milioni di dollari su Niantic.

6 Luglio 2016: L’applicazione viene rilasciata in Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti e in seguito a poco a poco in altri Paesi (Giappone compreso!) ma molti appassionati hanno trovato il modo di ottenerla prima del rilascio ufficiale negli store del proprio Paese. E’ un nuovo delirio, i server impazziscono per giorni, rendendo, in certi momenti, inutilizzabile l’applicazione.

 

 

Seppure dietro le quinte, a livello di infrastruttura, sia stato fatto un grosso lavoro già dai tempi di Ingress, dal punto di vista della User Experience l’applicazione non è poi così impeccabile, la stessa Realtà Aumentata è un fenomeno a cui siamo abituati da tempo e che effettivamente eravamo portati a considerare sopravvalutato.

 


Ma è l’engagement che solo un grosso franchise riesce a garantire a rendere l’app una grande rivoluzione da un punto di vista tecnologico-culturale: per la prima volta un videogame di grande successo, anzichè causare sedentarietà, incoraggia ad alzarsi, uscire dalla cameretta e camminare all’aperto, anzi, macinare chilometri a piedi, o al massimo in bici, è l’unico modo per giocarci con efficacia. Al di là di ogni valutazione personale, un simile cambiamento di paradigma, non può che essere salutato positivamente.

 

Non mancano le aziende che in maniera più o meno improvvisata cercano di sfruttare il fenomeno per attirare gente nei negozi, creare eventi, farsi pubblicità.
Intanto i titoli in borsa si impennano, i Media si scatenano, avendo centinaia di aneddoti e congetture su cui scrivere per giorni, spesso alimentati dallo stesso geniale ufficio stampa Nintendo e facilitati dalla maggior voglia di leggerezza durante le letture estive.

 

Navigando in rete e tra i social network più utilizzati dalle aziende possiamo vedere come le pagine ufficiali di alcuni famosi brand siano state letteralmente invase, in alcuni casi da Pikachu&Co in altri casi dal prodotto trasformatosi per l'occasione in "esserino" da catturare, e come questi stessi brand invitino all'azione i propri follower secondo le logiche che muovono Pokemon Go.

 

E' interessante vedere come il fenomeno abbia influenzato in così poco tempo non solo la vita di tutti noi ma anche le aziende e come abbia fatto scatenare la fantasia dei pubblicitari che, contagiati anch'essi dalla Pokemon Mania (o avendo semplicemente fiutato l'affare, chi può dirlo), abbiano creato immagini e testi accattivanti postati sui social network in tempo zero.

 

Facendo leva su una massiccia operazione nostalgia, cavalcando l'onda del momento e dei ricordi legati all'adolescenza della mia generazione impegnata, 20 anni fa, ad "acchiappare" queste strane creature sullo schermo del Game Boy, ecco che alcune aziende fanno di tutto per coivolgere l'utente trasformando in alcuni casi il loro prodotto di punta in un alter ego virtuale e animato da catturare attraveso il proprio smatphone. Sono Plasmon, Mulino Bianco, Kinder, Carta Sì, Coop, Stabilo, Brioschi e Post-It solo per citarne alcuni. 

 

 

 

 

Divesamente hanno fatto Max&Co e Peugeot che hanno inserito un Pokemon all'interno della loro quotidianità invitando il consumatore ad interagire con la marca e il gioco in una dinamica bidirezionale. Mentre nel primo caso è stato creato per l'occasione una comunicazione ad hoc che prendesse spunto dal gioco ma che si concretizzasse nella marca nel secondo caso i brand hanno voluto mettersi nel panni del giocatore medio alla caccia continua di Pokemon, sia in macchina che tra la nuova collezione di abiti presenti in negozio.

 

 

 

Due strategie di marketing diverse accomunate dalla stessa idea di engage dell'utente ai fini di promuovere se stessi facendo leva sul fenomeno del momento…quello che si dice: "essere sul pezzo!"


Alcune famose testate giornalistiche suggeriscono che certi manager in Google si stiano mangiando le mani per essersi lasciati scappare la costola Niantic, ma suvvia, voi credete veramente che Big G non si stia avvantaggiando da una situazione simile? Certo che no! Anche se i portavoce delle aziende coinvolte per ora non si sbottonano. Forse sono troppo impegnati a gongolare tutti assieme.
 

A cura di

Mirko Cammalleri

Redattore Junior
Social Media Manager Assistant

Collabora con Brandforum.it dal 2012

Dopo la laurea in Comunicazione e Nuovi Media presso l'Università degli Studi di Bergamo, approfondisce le proprie competenze in ambito Digital grazie al Master in Marketing Digitale presso l'Università Cattolica di Milano in collaborazione con IAB.

Dopo varie esperienze in ambito Media & Advertising decide di cercare nuovi stimoli al Politecnico di Milano studiando le basi per lo sviluppo di applicazioni mobile. Grazie a questa svolta approda in Samsung Electronics Italia esplorando diversi ambiti. Attualmente lavora in un team che gestisce servizi a valore aggiunto per i prodotti connessi destinati ai consumatori finali. È un lavoro difficile da descrivere a parole ma è molto stimolante.

A parte la passione per la tecnologia e i Nuovi Media, che poi non sono più tanto nuovi ma si possono semplicemente chiamare Media; è fissato col Motorsport e la Musica.


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