Co-creatività e logica visuale: un’analisi del modello MC nel gruppo Penguin UK
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Co-creatività e logica visuale: un’analisi del modello MC nel gruppo Penguin UK
21/09/2011

Andrea Rizzo, Network Brandforum.it
Il mercato editoriale negli ultimi anni si è indirizzato sempre più verso la realizzazione di progetti editoriali il cui principale elemento attrattivo si rintraccia al livello estetico della copertina. Come nel caso del gruppo Penguin UK, lanciatosi da poco anche nel mondo della co-creatività.

1. Introduzione
L’abito non fa il monaco o, con dovuta perizia, la copertina non fa il libro: sono detti che, sulla scorta delle attuali dinamiche editoriali di branding e identità generica devono obbligatoriamente essere rivisti. Ebbene sì, il mercato editoriale negli ultimi anni si è indirizzato sempre più verso la realizzazione di progetti editoriali il cui principale elemento attrattivo si rintraccia proprio al livello estetico della copertina.

 

2. Branding tra impatto differenziale e co-creatività
Il processo di branding, è ben risaputo, rappresenta una fase ancillare, essenziale e sussidiaria alla creazione di un valore distintivo rispetto alla pluralità dei prodotti in commercio. In particolare come afferma Keller “[…] Brands have a differential impact [and] can be powerful in specific situations, particularly during times when consumers face uncertainty in choice” (Keller:2003). Ne consegue che l’impatto differenziale è tanto efficiente quanto più generi una disomogeinizzazione dell’offerta, permettendo così al consumatore di scegliere il prodotto per le sue caratteristiche uniche e singolari.
 

 

Nella fattispecie dei cosiddetti “publishing brands” tale discorso si riflette soprattutto a livello iconico-estetico. In effetti, la scelta di una data copertina per un prodotto editoriale risponde principalmente a percorsi di senso che rendano patente il legame associativo tra libro, genere e audience. È sufficiente entrare all’interno di una libreria per rendersi conto di come l’aspetto visuale di un dato libro spesso sottaccia i predetti percorsi e, un esempio particolarmente calzante, sulla scorta del grande successo delle saghe vampiresche, viene spesso offerto dal ricorso “editorialmente” indiscriminato d’immagini evanescenti o colorazioni che rimandino al rosso, simulacro del sangue e nutriente dei protagonisti (v. foto carrellata).

 

Tuttavia, a tali strategie, oggigiorno, si aggiungono processi creativi che esulano dal canonico rispetto della triade autore-genere-audience.  Posta l’importanza dei singoli elementi costituenti la suddetta triade, molte case editrici supportate da nuove dinamiche di vendita hanno elaborato delle logiche visuali che avvicinino la domanda e, dunque, il lettore al punto da inserirlo all’interno della stessa filiera produttiva. In breve, da compagine passiva il lettore si dota di poteri decisionali che trascendono i tradizionali ruoli attanziali cui eravamo abituati. È il caso di Penguin UK.

 

3. My Penguin! We print the Worlds, You do the Covers

Noi stampiamo i Mondi e voi create le copertine: è questa la frase che troneggia all’interno della pagina MyPenguin del sito della casa editrice. Una pagina completamente dedicata all’incontro tra produzione e consumo, in cui il mondo narrato può trovare un’espressione personale e non più imposta.

 

Penguin, infatti, elabora un progetto in cui non si delineano più i classici ruoli attanziali della filiera produttiva, ma si gettano le basi per un rapporto simbiotico tra il lettore e il produttore. Di fronte a una scelta di circa 7 titoli classici, l’acquirente può avventurarsi nella creazione di una copertina ex-novo di propria produzione che, in una fase iniziale del progetto, avrebbe potuto concorrere al suo inserimento all’interno della sezione “gallery” della sezione MyPenguin. Ciò che desta maggiore attenzione non è tanto il processo “custom-made” che, in periodi recenti, ha toccato molte realtà aziendali, ma è la possibilità accordata all’acquirente di assurgere al ruolo di creativo per conto dell’azienda.

 

In breve, passando da una mera strategia di mass-customization, intesa come quell’attività di personalizzazione di prodotti di massa tramite procedimenti che coniughino manifestazione del bisogno e disponibilità del prodotto, si passa ad una vera e propria “produzione dal basso”.


4. Produzione dal basso: Un modello di MC
Se spesso si fa riferimento al modello di Mass-Customization, lo si fa in modo del tutto generico. La letteratura scientifica in tale campo, in realtà, risulta molto ampia e varia. Ne consegue che un unico modello di MC non possa esistere e che, dunque, venga solitamente adattato al contesto aziendale e secondo la natura del prodotto. A tale proposito è utile richiamare la tassonomia elaborata da Piller e Tseng (Frank T. Piller, Mitchell M. Tseng: 2010) secondo cui le discriminanti che possono interagire nella costruzione di un modello modulare di MC sono numerose: popularizing, adjusting, varietizing, accessorizing, configuring, monitoring, tailoring e collaboration. A seconda del fine da perseguire, l’azienda può decidere di attivare strategie più o meno composite al fine di stabilire un processo di personalizzazione che meglio realizzi un’esperienza effettiva del brand.

 


Nel caso particolare di Penguin UK si ravvisa un processo modulare di quella che, prendendo in prestito un’espressione molto diffusa nell’ambito della testualità televisiva, chiameremo “produzione dal basso”. Sebbene il prodotto sia fisicamente realizzato dall’azienda e, quindi, occupi ancora il suo classico posizionamento lungo la filiera produttiva, la copertina secondo un mix di tailoring-collaboration viene progettata in modo del tutto arbitrario dal lettore, che contro il pagamento di un corrispettivo di £ 5, può ricevere a casa un progetto editoriale unico e irripetibile.

 


Tuttavia se ci soffermassimo a queste dinamiche, il processo modulare di cui sopra non potrebbe delinearsi come una reale produzione dal basso se non fosse che, come già detto, almeno inizialmente, le creazioni “one-shot” dell’utenza potevano divenire prodotti “virtualmente” fruibili dall’intero parco clienti, essendo inseriti all’interno della sezione “Gallery” o nel caso di collaborazioni prestigiose in quella chiamata “Bands” . Tale cambiamento di rotta, ovvero l’interruzione dell’inserimento delle copertine custom-made all’interno delle predette sezioni farebbe riflettere su due dinamiche fondamentali che si sarebbero delineate nel corso della progettazione del presente modello. Da una parte si potrebbero ravvisare dei fenomeni entropici e fagocitanti rispetto al modello di business che, nel lungo termine, avrebbero potuto minare l’identità del brand, mentre, dall’altra, la parziale contrazione dell’innovativo progetto potrebbe riflettere l’insostenibilità della risposta creativa dell’utenza web. Ed è su quest’ultimo punto che le diverse congetture ci portano a postulare, a priori, le motivazioni per cui il gruppo Penguin UK abbia modificato il proprio modello MC in corso d’opera.

 

In effetti, come si nota dalle diverse copertine (v. foto carrellata), gli utenti che ad esse hanno lavorato, hanno seguito talvolta dei percorsi di senso e delle logiche visuale divergenti e per nulla assimilabili. Dalla rappresentazione concentrica di maiali, allo zoccolo di cavallo passando per un uovo infranto al suolo, la sezione Gallery della pagina MyPenguin fa da showcase ad una serie di prodotti il cui valore distintivo risiede nella libertà di espressione accordata al singolo lettore: Penguins ha reso disponibile il Mondo finzionale e il lettore lo ha rivestito sulla base delle sua natura esperienziale e creativa.

 

5. Conclusioni
In conclusione si può affermare, senza margine di errore, che la strategia di mercato cui il gruppo Penguin UK è ricorsa sembri declinare le attuali pratiche di produzione culturale che vedono l’intervento del fruitore nella produzione dei contenuti.

 

Ribattezzata come particolare espediente di produzione dal basso, la presente tecnica di MC, sulla scorta di un processo di tailoring e collaboration, ribalta i ruoli attanziali della creazione editoriale accogliendo all’interno della filiera produttiva il consumatore. Si ovvia al problema della segmentazione di mercato, s’irrobustisce il valore e l’impatto distintivo del Brand a rischio zero, in quanto è lo stesso lettore che ne genera la configurazione, ed infine si gettano le basi per un’accresciuta fidelizzazione e customer-involvement al management del marchio.

 

Sebbene il modello sia stato rivisitato, con l’interruzione della pubblicazione delle copertine custom-made all’interno del sito, è indubbio il fatto che tale espediente si configuri come “un approccio sviluppato per coinvolgere i clienti attraverso la Brand Experience [aiutandoli] a raggiungere i loro obiettivi […]” (Musso P.:2007) abbattendo, così, i confini tra ribalta e retroscena, tra comparto creativo e fruitivo.

 

 

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