Digital Disruption al Social Business Forum
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Digital Disruption al Social Business Forum
27/07/2015

Alessandra Olietti, Redattore Senior di Brandforum.it
L’avvento del digitale ha portato cambiamenti significativi e per certi versi irreversibili nel panorama aziendale (e non solo). Come stanno reagendo le imprese a questa nuova dimensione? Riescono a stare al passo con i tempi?

Come anticipato nella news post-evento (http://brandforum.it/news/2015/07/19/1082/si-%C3%A8-conclusa-con-successo-l-ottava-edizione-del-social-business-forum-2015), ecco un paper dedicato ad alcuni degli spunti più interessanti emersi durante il Social Business Forum, di cui Brandforum è stato media partner.
Tema principale di entrambe le giornate dell’evento è stata una sorta di slogan “From Social to Digital Disruption”, un cambiamento “caotico” che sta investendo la maggior parte delle aziende che si trova di fronte ad una nuova dimensione totalmente – o quasi – digitale.

 


La #DigitalDisruption
Ma da cosa è caratterizzata questa #DigitalDisruption? Sono tanti gli aspetti che concorrono a formare il fenomeno. Di seguito elencheremo i più significativi in un’ottica di presa di coscienza del mondo digital.

 

In primo luogo la #DigitalDisruption è #convergenza di nuove forme tecnologiche (social, mobile, big data, cloud e Internet of Things) che si traduce in un nuovo modello di business, responsabile dell’inserimento di nuovi attori sul mercato. Si tratta di presenze spesso inaspettate (per esempio molte PMI possono trovarsi ad avere come competitors Google o Amazon, per citarne un paio), che obbligano le stesse aziende a cambiare il loro approccio al business in generale e non solo al marketing per rimanere competitive sul mercato. Devono in un certo senso cambiare il loro DNA…

 

 

Questa del DNA è una delle immagini che ci ha particolarmente colpito, ovvero pensare all’organizzazione come un “ente vivente”:  l’intervento di Rosario Sicaco-founder & Chairman di OpenKnowledge  – si è infatti proposto di sviscerare il concetto di #DNA Digitale. Ogni impresa deve porsi come obiettivo la ridefinizione del business in ottica digital. Come fare?
Umanizzare le tecnologie digitali in elementi umani puntando alla condivisione, utilizzare un approccio “co-creativo” per passare da un’economia “service-dominat” verso la sharing economy formata da una rete di collaboratori”; creare quindi situazioni in cui l’azienda metta a disposizione del cliente il servizio che offre nel momento in cui ne ha bisogno, superare i confini del proprio settore di mercato per trarre beneficio da altri ambiti, seppur distanti.

 

 

Certo non è sempre facile affrontare il cambiamento e spesso si ha la sensazione di essere spaesati di fronte ai nuovi mutamenti, un po’ in stile “I feel like the world in starting right now” come teorizzato da Bill Johnson Founder di Structure3C – che ha fatto emergere un altro tassello responsabile di dare avvio alla #DigitalDisruption: l’impatto dei #social media.
Già, perché secondo il suo punto di vista grazie ai social le aziende hanno capito che le persone/consumatori parlavano di loro e potevano quindi condividere prodotti, idee e contenuti attraverso la nuova rete.

 

 

Altra immagine che ha particolarmente colpito il nostro Osservatorio, e che concorre a delineare maggiormente il quadro dentro il quale si muove la #DigitalDisruption, è quella proposta da Ivan OrtenziCEO di Ars et Inventio –  in cui propone un’interpretazione in chiave moderna di Cristoforo Colombo, ovvero una startup d’altri tempi con un business model vincente. La value proposition erano le spezie (per preservare la carne pregiata dei nobili), la tecnologia era invece il mare che avvicinava gli attori coinvolti e li metteva in contatto creando una rete d’impresa.
Un business model che ha resistito per anni finché non è stato utilizzato il ghiaccio per conservare i cibi e dopo ancora il frigorifero.
Il concetto di base è che ogni #BusinessModel vincente può essere potenzialmente distrutto da un’idea maggiormente innovativa e questo è ancor più evidente con le nuove tecnologie; da qui la necessità di trasformare l’#innovazione in un fenomeno collettivo in grado di abbracciare più aspetti.
Cosa vuol dire essere innovativi oggi? “Sapere immaginare e avere una visione nuova e chiara del futuro, essere in poche parole dei visionari”. L’impresa ha un ruolo fondamentale in questo processo perché deve essere in grado di distribuire valore, essere competitiva, creare community (#relationship centric), imparare dai competitors ma al tempo stesso uscire dal proprio settore di riferimento, e mettere quindi sul mercato nuovi business model vincenti. Il tutto sfruttando le potenzialità del digital, comprendendone le carenze e superandole.

 

 


#DisruptiveDictionary: neologismi digitali
Si sa il digital è veloce, immediato e in continuo cambiamento. Non sempre stare al suo passo è facile per le aziende, specialmente per  quelle che ancora faticano ad essere innovative e fluide. Gli esperti del settore – tra i quali Cosimo Accoto, Partner di Openknowledge – hanno deciso di rivedere alcuni concetti aziendali e creare quindi dei neologismi, in grado di riassumere i tanti cambiamenti nati dalla #DigitalDisruption.


Il primo è #Platfirm: ovvero un business model in cui gli attori uniti in un network digitale co-creano e scambiano valore (es. Apple, Uber, Honeybook), non quindi esclusivamente basato sul prodotto ma sulla forza della rete e dei contatti in grado di portare vantaggio competitivo.


#Algorhythm: parliamo in questo caso di Big Data e delle loro potenzialità, i tanti dati raccolti quotidianamente stanno diventando le interfacce con cui ci relazioniamo col mondo, dando un nuovo “ritmo” alla quotidianità.


#Leadershift: rivisitazione del concetto di leadership verso la sua accezione sociale, in grado di creare nuove relazioni non centrate sull’ego ma ancora una volta sulla condivisione.


Ultimo neologismo proposto: #markething, che ci permette di passare dal “media-oggetto” al “media-ambiente”. Questo cambiamento è possibile perché oggi i media fanno parte sempre di più dell’habitat sociale in cui ci muoviamo, ci permettono di creare nuove forme di esperienza e di guidarci verso un nuovo concetto, ovvero il considerare il “mondo come interfaccia”. La pervasione mediale ci porterà a non avere più un device come filtro per entrare in contatto col mondo, avremo al contrario dei contenuti sempre più liquidi.

 

 


Case histories aziendali
Molti dei concetti che abbiamo prima elencato sono riscontrabili all’atto pratico all’interno di case histories d’impresa, presentate durante l’evento.

 


Tra questi il caso di Intesa Sanpaolo, una realtà in grado di sfruttare le #potenzialità digital per prosperare attraverso la comunicazione. Il segreto sta nel saper stilare una lista di priorità quando si comunica sia internamente, sia esternamente: il primo passo è capire bene il target (analizzarlo) a cui si comunica (il digital amplia il bacino, ma ci aiuta al tempo stesso a segmentarlo); secondo step è avere chiari gli obiettivi e i contenuti da comunicare (#responsabilità verso i propri stakeholder), terzo ed ultimo punto riguarda lo  sviluppo degli #strumenti corretti per veicolare i contenuti. Ciascun topic ha il suo mezzo di comunicazione ideale, spesso realizzato anche in seguito ad un approccio collaborativo che permette di raggiungere il proprio scopo di comunicare in modo efficace, senza risultare noiosi o fuori tema.

 

 

Legato all’utilizzo consapevole dei mezzi a disposizione e delle potenzialità del mondo digital, si inserisce il caso del rebranding di Telecom Italia in TIM per racchiudere tutte le anime del gruppo in un solo brand.

Grazie al digital è possibile raggiungere gli obiettivi di #convergenza e di #semplificazione, dando un nuovo e competitivo posizionamento del marchio. Per fare questo Tim ha scelto di partire dall’analisi del suo prodotto (e delle sue sfaccettature), procedere poi con la valutazione delle attività di riposizionamento da svolgere e partire con il metterle in pratica e comunicarle in modo efficace. Il tutto supportato da attività a corollario e monitoraggio costante. Tra queste ha avuto un ruolo fondamentale l’utilizzo dei #social network in maniera integrata, per arrivare al target corretto (grazie ad analisi dei Big Data): hanno permesso di informare, ma al tempo stesso assicurare e indirizzare verso un rilancio del brand.

 

 

L’#integrazione dei supporti è uno dei cardini cari ad altri progetti aziendali che hanno coinvolto Enel e Hearst Magazines. Entrambe le aziende, seppur appartenenti a mercati di diversi, si sono proposte di offrire servizi in modo semplice e mirato attraverso l’#innovazione digitale: da un lato Enel che ha lanciato un progetto in grado di controllare i parchi eolici sul territorio direttamente dalla propria scrivania, attraverso un dispositivo digital portatile (verificarne il funzionamento, la produttività, intervenire in caso di guasti).

 


Dall’altro Hearst che invece ha creato una piattaforma digitale, Hairadvisor (http://www.hairadvisor.com/it), che si prefigge di unire le richieste del cliente e dei brand coinvolti. In questo modo viene offerto un servizio di #contenuto (ricerca del miglior parrucchiere), ripensando al processo di costruzione dello stesso che si sviluppa sempre di più con logiche di co-creazione.
Benefici per tutti gli attori coinvolti quindi, i clienti possono trovare in modo facile le informazioni di cui hanno bisogno e soddisfare i loro bisogni, i brand invece possono ampliare il loro business e al tempo stesso il loro network, avvicinarsi ai consumatori 2.0 e sfruttare le potenzialità del “buzz digitale” per migliorare la loro immagine e reputazione.

 

 

Oltre al contenuto, la case histories di Sky e Widiba, ci hanno permesso di comprendere quanto sia fondamentale nell’era della #DigitalDisruption anche saper puntare sulle #emozioni dei clienti. Emozioni che nascono dal vedere i propri desideri soddisfatti.
Ma come intercettare allora le esigenze dei propri clienti? Attraverso l’analisi sapiente dei Big Data che permettono di costruire messaggi rilevanti e di significato in ogni interazione con l’utente, monitorando costantemente le sue attività in rete.
Tutto ciò per fare in modo che sia il consumatore a scegliere il brand, grazie all’insieme delle attività mirate che quest’ultimo (il marchio) ha messo in pratica.

 

 

Riassumendo
Tutti questi esempi sono in qualche modo legati e ci fanno comprendere in modo palese come con la #DigitalDisruption sia necessario monitorare il mercato a 360° e considerare tutti come potenziali competitors, non tanto per il settore di appartenenza ma per le modalità e gli strumenti utilizzati per realizzare i business plan.

 

Obiettivo delle aziende coinvolte nel vortice della #DigitalDisruption  è pertanto trasformare le aziende in digital companies: offrire servizi digitali, comunicarli in modo digital e rendere gli attori coinvolti dei “digital people” a tutti gli effetti. Benvenuta quindi #DigitalDisruption!

 

A cura di

Alessandra Olietti

Redattore Senior 

Project Manager Eventi

Collabora con Brandforum da gennaio 2012

Forte interesse per la scrittura sul web e sui social, nonché per il mondo del brand, in particolare per le strategie comunicative applicate al business turistico. Su questa tematica nel 2018 ha scritto un libro per FrancoAngeli - "Turismo digitale. In viaggio tra i click" - con Patrizia Musso.

Dal giugno 2015 collabora nell'organizzazione di Slow Brand Festival, un appuntamento annuale - ideato dal Direttore di Brandforum - dedicato alle riflessioni sul fenomeno Slow in Italia. 

Si è laureata con lode presso l’Università Cattolica di Milano con una tesi magistrale sulla comunicazione aziendale attraverso gli spazi, riletta alla luce delle teorie dei media digitali e del marketing esperienziale. Attualmente è Docente a contratto presso il medesimo ateneo, nonché formatore e consulente aziendale

In Università Cattolica è inoltre Career Adviser (CIMO. Comunicazione per le imprese,i media e le organizzazioni complesse) e Coordinatore dell'International Master in Cultural Diplomacy.

Oltre alle attività accademiche, si occupa di Coordinamento Media e Marketing per Alchemilla Cooperativa Sociale  in relazione al progetto "Artoo. L'arte raccontata dai bambini", una start up innovativa che propone un modo nuovo di avvicinarsi all’arte, promuovendo l'autoralità e il protagonismo culturale dei bambini anche in età prescolare.

Nel tempo libero cucina, legge e appena può scappa tra i monti.

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