Slow spot: storytelling by brands
Slow Brand
Slow spot: storytelling by brands
15/06/2016

Roberto Grandicelli Network di Brandforum.it
Uno sguardo del nostro osservatorio al fenomeno dello storytelling by brands, visto con due esempi di eccezione

Spesso vi abbiamo dato conto, attraverso diversi articoli pubblicati sul nostro osservatorio, di come sia andato progressivamente diffondendosi, anche in Italia, quello che Patrizia Musso, nel testo Slow Brand – La gestione socio-economica della marca contemporanea, ha definito lo “Slow Advertising”, ovvero quella particolare strategia di comunicazione che permette di dilatare i tempi di contatto fra brand e stakeholder.

 


L’introduzione di “elementi di lentezza” nella pubblicità trova la sua ragion d’essere nell’assecondare l’esigenza di rallentamento dei ritmi di vita che la società ha manifestato con forza in questi ultimi anni in diversi ambiti, primo su tutti nel settore della ristorazione e recepito attraverso la nascita, e la rapida diffusione, del fenomeno dello slow food.

 


Ma torniamo allo slow advertising; uno dei casi di slow spot più analizzati dalla letteratura è sicuramente lo storytelling che vede ancor oggi protagonista l’attore Antonio Banderas nella nota campagna Advertising lanciata, nell’ormai lontano 2012, dalla Mulino Bianco (http://www.brandforum.it/papers/1275/elogio-della-lentezza).
Altro caso, efficacemente illustrato per Brandforum da Alessandra Olietti nell’articolo “Chanel ha scelto uno #slowspot per il suo profumo-icona”, l’impiego degli slow spot come strategia di marketing da parte di Chanel.

 


Ebbene, fino ad oggi, grazie alla lucida analisi di Patrizia Musso, avevamo imparato a riconoscere le modalità con le quali il linguaggio pubblicitario ha fatto propria l’esigenza di lentezza manifestata dalla società.
Come uno slow spot riesce a mantenere l’attenzione su di se per tempi così prolungati? Come detto, ad esempio mediante l’utilizzo della tecnica dello storytelling; lo spot non più come un’icona, isolata e autoportante, rappresentativa del brand, bensì come tessera di un puzzle più ampio. L’osservatore viene preso per mano e condotto, attraverso il filo conduttore di una trama narrativa, nei differenti slow spot i quali, tutti insieme, costruiscono la brand communication.
Per far sì che lo stakeholder si ritrovi all’interno del puzzle, pur osservando una singola tessera, è necessario mantenere invariata l’ambientazione e i personaggi. A variare sarà, per l’appunto, la storia o parte di questa.

 


Dunque per prolungare i tempi di contatto ed attrarre maggiormente gli stakeholder sono necessari più spot, legati fra loro da elementi caratterizzanti che li accomunino.
Partendo da questo assioma, proviamo ad analizzare insieme a voi gli spot Apple e Zeiss, ambedue usciti sui media italiani nella primavera 2016.

 


iPhone 6s – Live Photos

Apple pubblicizza il nuovo iPhone mettendo in evidenza una particolare caratteristica del nuovo prodotto: le “live Photos”. Benché questa funzione sia frutto di una elevatissima definizione dell’immagine, dal punto di vista della funzione, in realtà altro non è che un fermo immagine il quale, una volta riavviato, mostra per intero il video che abbiamo registrato. Vero è che, presentare il fermo immagine come “live Photos”, è assolutamente e straordinariamente accattivante! Una foto che si anima. In quel touch c’è racchiusa tutta la magia e lo stupore per un qualcosa di inanimato che prende vita. Geniale.

 


Lenti Zeiss- We make it visible

Lo spot Zeiss 2016, lanciato in concomitanza allo spot iPhone6s, ci mostra le nuove lenti le quali, secondo lo spot, riusciranno a regalarci un effetto davvero particolare: le immagini prenderanno vita! Lo spot ci mostra come, attraverso queste lenti di nuova generazione, ci sembrerà quasi che le immagini, tipicamente fisse come i dipinti in un museo o l’ADV off-line, prendano vita.

 

Con questa operazione di marketing, Zeiss sembrerebbe voler trasporre, a proprio vantaggio, l’impattante brand equity di Apple. Ma, attenzione, in questi ADV possiamo riconoscere tutti gli elementi tipici di uno slow spot:

 

• la serialità – “…le strategie di comunicazione aziendale, sono accomunate dalla scelta di una precisa articolazione temporale dei messaggi, declinati attraverso l’approccio narrativo della fiction pubblicitaria seriale.”


• la durata – “Ciascuno spot, di per se, è di breve durata, ma in concreto è sempre meno vissuto in modo isolato…”


• la trama – “…la logica di intreccio narrativo lega uno spot all’altro, in un’unica lunga storia televisiva.”

 

Questi incisi, estratti dal testo Slow brand qui preso a riferimento, sembrano calzare perfettamente al caso in esame. Non sembra, dunque, azzardato attribuire loro la definizione di slow spot.


Ma cosa, oltre a questo, ha catturato la nostra attenzione? Quale aspetto inedito?
Si è dimostrata la possibilità di creare serialità ed intreccio narrativo attivando sinergie fra differenti brand. Attorno al concetto astratto di visione è stata costruita una serialità che vede protagonisti due prodotti, altrimenti appartenenti a segmenti di mercato differenti ma che qui efficacemente coesistono.

 

Questa tecnica di comunicazione, mai vista prima e che possiamo qui definire storytelling by brands, rende, di fatto, possibile utilizzare la strategia slow spot pur producendo un unico RVM. Vuoi per strategia di branding condivisa, vuoi per sole ragioni di opportunità, è possibile implementare sinergie fra diversi brand attraverso spot che utilizzino il medesimo linguaggio comunicativo.


Vantaggi? Questa tecnica ha l’indubbio vantaggio di ridurre i costi di produzione, raggiungendo un bacino d’utenza maggiore "colpito" dal medesimo concetto da brand diversi, nello stesso arco temporale.


Svantaggi? Sicuramente si può incorrere nel medio termine ad una perdita di riconoscibilità del brand, pur se in minima parte dato che si tratterebbe di aziende non competitor


Possiamo, allora, ipotizzare che i due casi qui analizzati idealmente facciano parte di questa tecnica nascente di storytelling by brands (una sintonia quindi casuale, non voluta o cercata). Per questo vi invitiamo a prestare attenzione e provare a riconoscere, insieme a noi, altri casi che possano essere ascritti a questo filone nascente (potete mandare le vostre osservazioni e casi in Redazione al recapito mail info@brandforum.it )

 

A cura di

Roberto Grandicelli

Si occupa di Comunicazione e Media ADV on e off-line presso l'Istituto Italiano della Saldatura (IIS).

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