Trend Naming. A colloquio con Beatrice Ferrari, General Manager Nomen Italia
Brand Naming
Trend Naming. A colloquio con Beatrice Ferrari, General Manager Nomen Italia
30/09/2002

Patrizia Musso
Per una nuova edizione di un dizionario anglosassone, è stato coniato un neologismo: il verbo to googleize (dal brand Google) per indicare l’attività  di ricerca nel web. Una mossa che ha sicuramente […]

Per una nuova edizione di un dizionario anglosassone, è stato coniato un neologismo: il verbo to googleize (dal brand Google) per indicare l’attività  di ricerca nel web. Una mossa che ha sicuramente dato scacco matto al primo noto motore di ricerca Yahoo!. Quali sono secondo lei le motivazioni che hanno reso possibile la nascita di un tale neologismo?

Sono varie le ragioni che hanno reso possibile la nascita di un tale neologismo: la prima, e fondamentale nel caso che stiamo considerando, è la capacità  della lingua inglese di evolvere molto rapidamente integrando a livello linguistico ogni nuova tendenza di tipo economico-culturale (pensiamo al linguaggio SMS [1], che si è diffuso oltre il telefonino).
Il termine googleize illustra bene questo fenomeno, perché risulta sicuramente più breve usare il verbo to googleize piuttosto che “to use a search engine on the Internet”. Adesso, perché Google e non Yahoo!? Al di là  di un fatto di notorietà , il termine google si presta sicuramente meglio ad una declinazione verbale. E questo non dà  “scacco matto” a Yahoo!, anzi!

L’entrata di una marca nel dizionario, così come l’uso comune di una marca come parola generica sono un’arma a doppio taglio: esprime sì il riconoscimento della superiorità  della marca rispetto alle concorrenti, però nello stesso tempo partecipa a banalizzare un’identità  nata per essere unica ed univoca rispetto a ciò che indica.

L’attenzione del produttore dovrebbe quindi essere sempre rivolta a proteggere la marca da tale situazione.
Va segnalato tuttavia che questa informazione è da prendere con le dovute cautele: da una mia ricerca su Google (si tratta della marca!), sono emersi soltanto 5 citazioni della suddetta parola. Una breve verifica dai nostri colleghi inglesi e americani mi ha poi confermato che l’uso di questo verbo non è così diffuso.

Quanto i brand name entrati nel gergo comune (es. passami lo Scotch, dove hai messo la Biro) si sono rivelati un boomerang per l’immagine di marca anziché essere un vantaggio in termini di awareness?

Questa domanda sottolinea in modo chiaro lo stretto legame esistente tra logica di marketing e proprietà  industriale: un brand name che entra nel linguaggio comune può significare per il proprietario la perdita totale dei suoi diritti di proprietà  sul marchio.
Il caso più clamoroso in questi ultimi anni, è stato quello di Walkman Sony: in Austria ad esempio, la corte suprema ha deciso che la parola “walkman”, essendo ormai diventata un termine generico, sarebbe diventata la voce ufficiale per indicare il registratore portatile. Il risultato di questa decisione è che Sony ha perso i suoi diritti sul nome in Austria, non potendo più utilizzarlo in modo esclusivo.
Da un punto di vista più strategico, l’immagine di marca può soffrire di una tale situazione perché il brand name viene attribuito a qualsiasi produttore, e quindi a qualsiasi qualità  di prodotto.
La genericità  significa anche “vendere il competitor”: se ho deciso di comprarmi un registratore portatile andrò sicuramente a chiedere al venditore di presentarmi i walkman disponibili! Quante persone mi mostreranno soltanto Sony?
Entrare nel gergo comune potrebbe riassumersi in “essere vittima del proprio successo”. Quindi prudenza e sorveglianza sono da seguire per che questo non accada. Il brand name non deve essere aggettivato, ma essere sempre usato come un nome proprio seguito dal simbolo ®:
– la bevanda Coca-Cola®
– la crema Nutella®
– la penna Bic®
– il costume Bikini®
– il ristorante Autogrill®
– l’automobile Jeep®
– ecc!

Quando un prodotto crea una merceologia come nel caso di Walkman®, sarebbe forse opportuno lanciare il brand name accompagnato da un termine generico breve e facile da memorizzare.

Nell’attribuire un nuovo brand naming, quali sono secondo lei i trend emergenti per i brand globali?

Uno dei trend più salienti del brand naming in questi ultimi anni è la differenza sempre più sottile tra prodotto, servizio, società , ecc! Tutti oggi hanno bisogno di nomi unici, forti, riconoscibili e globali.
Un tempo lo sforzo di marketing e di comunicazione era centrato essenzialmente sul mondo dei prodotti stricto sensus, oggi l’insieme del mercato segue la logica del prodotto. Tutto è prodotto.
Per quello che riguarda più precisamente le tipologie di brand name emergenti, si possono segnalare le seguenti tendenze:
– composti da 2 o 3 sillabe
– connotativi-simbolici più che denotativi-descrittivi
– lessico inglese, latino/greco

Esempi di giovani nomi globali: Swiffer, Yaris, Aventis, Vivendi, Altria, Avantime, Wind, Orange…

______________________________
(1) Riportiamo di seguito alcuni esempi di SMS:
PCM: Please call me; Fwd: forward; RUOK: Are you OK?; BTDT: Been there, done that; GAL: Get a life; HHOJ: Ha, ha, only joking; BCNU: Be seeing you; F2T: Free to talk?; OTH: on the other hand; SWDYT: So what do you think?; XLNT: excellent; 2MORO: tomorrow; ATB: All the best.

Allegati

A cura di

Patrizia Musso

Fondatrice di brandforum nel 2000

Direttore Responsabile del sito dal 2001

Professore incaricato del corso annuale di Storia e linguaggi della pubblicità (Facoltà di Scienze Linguistiche, indirizzo in Lingue, comunicazione e media) presso l'Università Cattolica di Milano dove insegna sin dal 1997 (temi: Comunicazione d'impresa interna ed esterna, corsi di laurea Triennali e Magistrali, Fac. Scienze Linguistiche, Fac.Sociologia, Fac. di Economia e Commercio). Presso il medesimo Ateneo sin dal 1993 svolge altresì attività  di ricerca. Dal 2009 insegna altresì Forme e strategie della comunicazione digitale presso il Master in 'Comunicazione, marketing digitale e pubblicità  interattiva' promosso in collaborazione con IAB Italia.

Dal 2014 è Direttore Didattico del Master in Account & Sales Management, Università Cattolica di Milano.

Dal 1998 al 2017 ha collaborato con varie Università ed Enti di formazione ( docenza di Promozione della marca all'Università  IULM di Milano, docenza di Brand communication presso Master IED - area Comunicazione, Marketing & Pubblicità (sede Milano), docenza di Branding e Fenomenologia dei media presso la sede IED di Torino).

Vanta altresì una consolidata esperienza nel settore della consulenza strategica applicata alla comunicazione di marca e d'impresa (esterna e interna) e in quello della formazione aziendale. Dal 1998 al 2004 è stata ricercatore e senior trainer presso la società internazionale Arkema con sede a Parigi di Andrea Semprini, occupandosi di formazione strategica e di ricerche semiotiche applicate al brand  (tra i clienti Barilla, MaxMara, Manzoni ADV).

Dal 2005 opera come free-lance per realtà aziendali prestigiose, collaborando al contempo su specifici progetti di consulenza e formazione strategica con quotati enti e società del settore. Ha collaborato in varie occasioni con l'istituto di ricerca S3Studium come esperto in una serie di indagini Delphi, tra cui 2010: IL VOLTO DELL’ITALIA. Come evolverà il valore intangibile del “made in Italy” e della “Marca Italia” (Coordinamento scientifico Domenico De Masi e Innocenzo Cipolletta, ottobre 2006).

Dal 1993 è autrice di numerosi volumi e saggi dedicati alla comunicazione d'impresa e alla brand communication, tra i più recenti: 
nel gennaio 2017 ha pubblicato la nuova edizione aggiornata e ampliata Slow brand. Vincere imparando a correre più lentamente

Nel 2018, con Alessandra Olietti, ha scritto il volume per FrancoAngeli Turismo digitale. In viaggio tra i click

Nel 2020, con Maria Luisa Bionda, ha curato il volume per FrancoAngeli Brand Renaissance. Nuove tecniche per rivoluzionare la comunicazione organizzativa

Da gennaio 2014 a settembre 2015 è stata membro dell'Advisory Board dell'OBE - Osservatorio Branded Entertainment.

Dal 2017 è Direttore Scientifico di OBE, e cura la rubrica sul Branded Entertainment sulla testata NC-Nuova Comunicazione

Dal 2016 è membro del Council SuperBrands Italia

Nel giugno 2015 ha dato vita alla I edizione dell'evento Slow Brand Festival, in collaborazione con l'Associazione Vivere con Lentezza e la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Dal giugno 2018 l'evento si tiene con la collaborazione anche di ALMED - Alta Scuola in Media, Comuncazione e Spettacolo - dell'Università Cattolica di Milano.

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