Francesca Gritti, Network di Brandforum.it
Porre al centro il lettore e scrivere per informare, e non solamente per esigenze di business, sono i punti cardini del giornalismo contemporaneo.
Cosa significa fare community management? E come si definisce, oggi, il successo di un’impresa giornalistica?
Ne abbiamo discusso a Glocal2018, recentemente svoltosi a Varese, con Liliana Di Donato (caporedattore di Donna Moderna), Daniele Arghittu (fondatore di L’Ora del Pellice) e Barbara Schiavulli (corrispondente per gli esteri e fondatrice di Radio Bullets) con la moderazione di Alberto Puliafito.
L’avvento del digitale ha cambiato notevolmente sia il mondo aziendale, sia il modo di fare giornalismo, moltiplicando i canali di comunicazione e rivoluzionando il rapporto fra autore e lettore. In questo nuovo scenario risulta essere sempre più cruciale la capacità di gestire i contenuti ed emerge, a sua volta, l’importanza del community manager come figura chiave all’interno di un’impresa giornalistica. Ma si tratta davvero di un ruolo nuovo?
Community management
In verità le comunità di lettori esistono da sempre (fortunatamente, ndr) e giocano un ruolo chiave per l’impresa giornalistica: alla stregua di un editore, è proprio dal giudizio del pubblico e dalla sua approvazione che dipende il lavoro del giornale. “La tua comunità di lettori è la migliore per farti condizionare, dalla quale farti approvare” afferma Daniele Arghittu.
Come community manager risulta essere una competenza fondamentale, dunque, la capacità di ascolto del proprio pubblico di riferimento: grazie alla vicinanza e all’attenzione al lettore si evita di correre il rischio di deludere le aspettative, nonché di peccare di presunzione nella convinzione di sapere a priori ciò che il proprio pubblico vorrebbe leggere. Emerge così sempre più chiaramente la necessità di una figura in grado di sapersi fermare, saper valutare e ascoltare.
Parola chiave: coinvolgimento
L’era digitale ha contribuito ad acuire questo aspetto, posizionando la figura del lettore-utente entro una nuova logica di co-creazione e una relazione bidirezionale fra autore e pubblico.
Il rischio vero del digitale è rappresentato dalla perdita di fiducia da parte dei lettori. Per questo motivo compito primo del giornalista è quello di coinvolgere il lettore in modo responsabile – afferma Liliana Di Donato. Come? Considerandolo non come un numero, bensì come una risorsa grazie alla quale con il suo contributo può arricchire il lavoro del giornalista stesso. Ed è proprio grazie a questa relazione di fiducia che si può assicurare un futuro al giornalismo.
Secondo Daniele Arghittu, l’approvazione di fondo arriva dalla comunità di lettori ai quali ci si rivolge. Quattro sono i valori fondamentali perché il giornalismo sopravviva: la comunità, l’indipendenza dell’informazione, la qualità e il rispetto. Esso si esplicita nel rispetto delle fonti, rispetto della verità e rispetto per le persone – offrendo loro notizie veritiere.
Un vantaggio fondamentale offerto dal digitale, secondo Arghittu, è la possibilità di interazione diretta. A livello aziendale i brand interagiscono con più facilità con i consumatori, a livello giornalistico, le testate riducono le distanze con la propria audience: ascoltando la sua voce si ha la possibilità di scoprire le vere esigenze del pubblico e offrire così un servizio che è molto più vicino a ciò che il lettore vuole trovare.
Imprese giornalistiche: le richieste dall’audience
Alta qualità dei contenuti, competenza e verità costituiscono ancora il cuore di ciò che le persone si aspettano dal giornalismo e assicurano il vantaggio competitivo a quelle imprese che si prepongono di offrire un servizio ai lettori anziché rispondere a regole commerciali – questo il pensiero di Barbara Schiavulli.
Tornare a mettere al centro il lettore è dunque l’elemento cruciale del giornalismo – 2.0 e tradizionale, un po' come avviene con i brand che pongono i consumatori al centro. “Mostra il tuo lavoro. Se io ti dichiaro ciò che faccio e come lo faccio compio un atto di trasparenza e potrebbe essere più semplice anche per il lettore comprendere e affezionarsi” sostiene Liliana Di Donato. Non si tratta d’altro che di lealtà e di trasparenza nei confronti del proprio pubblico.
Non ultimo, considerando il giornalismo un servizio – più che un prodotto – sarà più facile ritenere il lavoro di un giornalista in un’ottica di etica e business profondamente intrecciate. In altre parole, un mestiere che porta con sé una grande responsabilità.
Una deontologia che ponga in primo piano la trasparenza e la correttezza dell’informazione e la responsabilità del proprio agire costituisce dunque un atto di fede nei confronti del lettore e del giornalismo stesso, assicurando il futuro a questa professione e di conseguenza all’informazione di qualità.
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Francesca Gritti
24 anni, studentessa di Media Management presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Alle spalle una laurea triennale in Lingue e letterature straniere presso la stessa Università, durante la quale ho vissuto l’Erasmus in Germania – esperienza che ha fatto crescere in me la voglia di viaggiare e conoscere il mondo.
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