Il lato digital del brand Obama: tra big data, Twitter e Gangnam style
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Il lato digital del brand Obama: tra big data, Twitter e Gangnam style
18/12/2012

Mirko Cammalleri, Redattore Junior, Brandforum.it
L’ultima corsa alla Casa Bianca è stato un evento di grande importanza storica, ma non solo per i risvolti politici: ecco alcune riflessioni tra coda lunga, mobile app, George Clooney e tweet da Guinness World Record.

Oltre alle interessanti valutazioni politiche e statistiche che si possono trarre dalla corsa alle ultime presidenziali statunitensi è possibile farne anche una serie legata all’impiego di comunicazione, tecnologia e social media.

 

La parte di pianificazione, per il "brand Obama", è stata molto delicata, visto il contesto di crisi generale ma anche personale, col progressivo indebolimento di immagine di cui stava soffrendo.


E’ interessante notare come i suoi strateghi si fossero fissati degli obiettivi completamente opposti a quelli di quattro anni prima e in assoluto non immediatamente comprensibili: focalizzare la campagna sugli Stati in bilico secondo i sondaggi e, in questi, mirare principalmente a convincere quelle che fino ad allora venivano chiamate minoranze, quindi gli ispanici e tutte le altre comunità etniche differenti da Stato a Stato. Alla base, un insight strategico decisivo: le categorie normalmente trascurate nelle campagne elettorali sono cresciute numericamente e se fossero riusciti a raggiungerle efficacemente, potevano essere decisive; rivolgersi a ispanici e altre comunità, donne, operai dell’automotive e famiglie militari, voleva dire, ormai, entrare in contatto con una quota maggioritaria di americani. Una nuova dimostrazione pratica alla teoria della coda lunga.

 

Nel frattempo, la campagna attivata per il "brand Romney" si concentrava principalmente sugli americani bianchi e benestanti.

 

Arrivare a questa decisione è stato possibile grazie al mastodontico apparato di ricerca organizzato per l’occasione, che ha raccolto e analizzato una quantità di dati notevole, ha individuato i target con grande precisione per poter studiare i modi più adatti di volta in volta a raggiungerli.

 

David Plouffe, Jim Messina, Rayid Ghani: nomi che potrebbero suonare nuovi al lettore, sono gli uomini chiave dell’operazione “Obama for America”, dei veri e propri leader nel settore dell’elaborazione dei big data; sono stati talmente meticolosi da riuscire a determinare con precisione che le fan di George Clooney si concentrano soprattutto nelle fasce d’età tra i 40 e i 49 anni.

 

Individuati i target, quali i modi più efficaci per rivolgersi a loro?

 

Naturalmente impossibile prescindere dai grandi mezzi tradizionali, ma al digital è stato assegnato un ruolo di grande rilevanza. Solo quattro anni prima Youtube, Twitter e Facebook erano stati adottati in via sperimentale e sembrava più che altro un modo per sfruttare a proprio favore una moda di passaggio.


Per queste elezioni è stato, invece, scontato considerare i social media un mezzo imprescindibile, d’altra parte il Presidente in carica aveva certamente rallentato il ritmo dopo le elezioni di quattro anni prima, ma mai trascurato completamente le proprie pagine, dando alle sue audience pensieri, resoconti, foto, materiale rilevante con cadenze più o meno regolari; il tutto senza farsi intimorire da piattaforme minori o moderne, quindi account aperti anche su Instagram, Tumblr, Storify e Flickr (senza mai dimenticare comunque l’uso dell’e-mail), sempre con presenza attiva e materiale pertinente. 


Alcuni dei possibili motivi determinanti del successo digital di Obama possono essere stati proprio questi: la continuità nel tempo e la diffusione di contenuti di valore, credibili perché studiati ad hoc per ogni mezzo anziché semplici trasposizioni da comunicati stampa o interviste, oltre al coinvolgimento in queste piattaforme anche dei suoi collaboratori, e non solamente la First Lady e il candidato vicepresidente.

 

Così come avviene per molti brand, la scelta di sviluppare e lanciare una app per smartphone iOS e Android è stata di importanza strategica notevole: lungi dall’essere mero sfoggio di prestigiosità, piacere estetico e sensoriale fini a sé, è stata sviluppata col preciso intento di raggiungere il macro-obiettivo originale, raccogliere consensi tra gli indecisi. Per questo la sua progettazione è stata molto curata: ha permesso agli utenti di mandare messaggi personalizzati agli amici indecisi; grazie alla geolocalizzazione è stato possibile conoscere gli eventi organizzati nelle vicinanze, fare donazioni; infine è stato possibile rimanere aggiornati grazie a una serie di informazioni, statistiche e notizie (aspetto, quest’ultimo, che presumibilmente indurrà molti utenti a mantenere installata l’app anche ora, a campagna terminata).

 

All’origine di queste iniziative, uno dei paradigmi prìncipi della comunicazione: niente è più efficace del passaparola, dell’opinione disinteressata di una persona conosciuta in maniera diretta e giudicata affidabile. E il digital si sta rapidamente affermando come l’ambito maggiormente in grado di innescarlo.

 

Ancora una volta, Twitter si propone come metro del livello di coinvolgimento ottenuto, che ha raggiunto livelli altissimi; durante le notti dei dibattiti politici prima, e dell’election day poi, sono stati battuti diversi record: 31 milioni di tweet riferiti alle elezioni, 20 milioni solo nel giorno decisivo e oltre 327mila tweet al minuto al momento dell’annuncio del vincitore. E ancora, l’immediatamente celebre foto “Four more years” dell’abbraccio con la moglie retwittata quasi 800.000 volte nelle prime 24ore, diventato l’elemento più retwittato della storia (con certificazione Guinness World Record) nonché l’elemento con più like nella storia di Facebook.

 

Numerose le iniziative che raccolgono le statistiche e restituiscono report, per esempio segnaliamo questo: https://election.twitter.com/map/ un motore di ricerca di tweet che fornisce informazione sulla popolarità per candidato, per singolo tweet e da Stato a Stato.

 

Migliaia le persone che dichiaravano in tempo reale il proprio voto, l’emozione di dare il proprio contributo alla storia era palpabile anche dall’Italia grazie ad hashtag come #electionday, al punto da spuntarne altri come #goodluckobamafromitaly. Tendenze che fanno ben sperare anche per l’interattività in Italia, e, a giudicare da quanto si è visto durante le recenti primarie del centrosinistra, ci sono alcuni segnali incoraggianti.

 

Di certo molto impegno è stato profuso anche da parte della squadra di Mitt Romney: significativo, per esempio, che entrambi i candidati avessero una pagina Wikipedia (nella versione anglosassone) premiata dalla stellina che si assegna solo alla stretta cerchia delle voci particolarmente curate, ma per Obama la competenza e la cura dei dettagli messi in atto per presidiare ogni mezzo digitale in maniera rilevante, credibile e sfruttando ogni opportunità che ciascuno di essi offriva, sono decisamente lodevoli.


I risultati parlano chiaro: su 10 Stati in bilico, 9 sono andati ad Obama.

 

Naturalmente al Presidente in carica, seppur dotato di grande spirito di iniziativa, non può andare ogni merito di una campagna così curata e vincente perché, come già detto, ha lavorato e lavora con una squadra di professionisti di tutto rispetto che certamente ringrazierà, così come ringrazierà la First Lady, Michelle Obama, che con i suoi elevati indici di popolarità è stata senza dubbio un importante valore aggiunto, e nel complesso la sua famiglia, il vicepresidente Biden, ognuno dei suoi collaboratori, senza dimenticare Hillary Clinton, grazie ai quali vuole dare un messaggio agli americani: nella vita privata, così come nel lavoro e nella società, non si può procedere individualmente, a maggior ragione in mesi pregni di difficoltà come questi, ma si avanza e si vince grazie ad un vero e proprio lavoro di squadra.

 

Noi attenti osservatori di Brandforum non possiamo che rimanere colpiti da un simile risultato finale -finale si fa per dire, perché la comunicazione continua-.

 

Intanto, non è mai tempo per rilassarsi neppure un attimo: oltre ai numerosi provvedimenti a cui il Presidente deve lavorare senza sosta, c’è stata anche la spinosa questione del rischio di incidente diplomatico con la Corea del sud, innescato dal fenomeno mondiale del momento Psy che con la sua Gangnam style (per l’occasione Christmas style) si è esibito a Washington, ma che era stato pizzicato in un esibizione pesantemente e violentemente antiamericana risalente quasi 10 anni fa. La questione è stata archiviata con le scuse in un’intervista al perfomer.

 


Una curiosità: si è trattato della campagna elettorale più costosa della storia degli Stati Uniti, circa 6 miliardi di dollari in totale ma tutti provenienti da privati. Romney ha potuto contare sul sostegno di alcuni soggetti dell’alta finanza mentre Obama ha ricevuto un grande aiuto anche da 4 milioni di piccoli sostenitori opportunamente attivati soprattutto, neanche a dirlo, online.

 

 

A cura di

Mirko Cammalleri

Redattore Junior
Social Media Manager Assistant

Collabora con Brandforum.it dal 2012

Dopo la laurea in Comunicazione e Nuovi Media presso l'Università degli Studi di Bergamo, approfondisce le proprie competenze in ambito Digital grazie al Master in Marketing Digitale presso l'Università Cattolica di Milano in collaborazione con IAB.

Dopo varie esperienze in ambito Media & Advertising decide di cercare nuovi stimoli al Politecnico di Milano studiando le basi per lo sviluppo di applicazioni mobile. Grazie a questa svolta approda in Samsung Electronics Italia esplorando diversi ambiti. Attualmente lavora in un team che gestisce servizi a valore aggiunto per i prodotti connessi destinati ai consumatori finali. È un lavoro difficile da descrivere a parole ma è molto stimolante.

A parte la passione per la tecnologia e i Nuovi Media, che poi non sono più tanto nuovi ma si possono semplicemente chiamare Media; è fissato col Motorsport e la Musica.


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