“The Touchpoint Evolution”: verso la #convergenza degli spazi di comunicazione e vendita
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“The Touchpoint Evolution”: verso la #convergenza degli spazi di comunicazione e vendita
22/10/2018

Rossella Monterisi, Network di Brandforum.it
Riflessioni sullo stato dell’arte della multicanalità, dove l’imperativo è rispondere ai trend attuali e alle esigenze – mutevoli – dei consumatori.

L’Osservatorio Multicanalità del Politecnico di Milano, in collaborazione con l’Istituto Nielsen, ha recentemente presentato i risultati della Ricerca 2018 condotta sul tema della multicanalità, del digital shopping e della fruizione mediale. Qui di seguito vi racconteremo i principali aspetti emersi con l’obiettivo di ottimizzarne la comprensione e rilasciare spunti di riflessione utili ai principali players del mercato.

 

L’evoluzione della multicanalità
Gli esiti dello studio, illustrati da Christian Centonze, FMCG Solution Leader dell’Istituto Nielsen, fanno trasparire una discontinuità rispetto all’anno scorso: se, infatti, nel 2017, il cluster sotto osservazione risultava particolarmente stabile rispetto al 2016 – sia nella sua entità numerica che nella sua composizione interna – quest’anno si assiste ad una forte crescita e ad una repentina trasformazione del fenomeno.

 

In particolare, il primo dato su cui riflettere riguarda un aumento di individui multicanale pari a +3,8 milioni: questi ultimi, infatti, salgono a 35,5 milioni a fronte dei 31,7 registrati lo scorso anno in una fascia della popolazione di età superiore ai quattordici anni. Entrando maggiormente nel dettaglio possiamo assistere ad un aumento di +1,3 mln, in riferimento agli individui classificati come infoshoppers, (coloro che utilizzano Internet per raccogliere informazioni su prodotti e/o brand ma che non effettuano acquisti on-line) e di + 2,5 mln di e-shoppers (individui che utilizzano la rete per ogni fase del processo di acquisto).

 

(Ph. Rossella Monterisi)


Il secondo dato, che si impone, di fatto, come elemento di discontinuità rispetto al passato, è la composizione demografica del campione: non si tratta più solamente di “giovani” – più affini al fenomeno per classe di età e stile di vita – ma soprattutto di individui appartenenti alle fasce più mature della popolazione – i cosiddetti baby-boomers – che possiedono un potere d’acquisto maggiore rispetto alle altre fasce demografiche. L’aspetto, per così dire, più sorprendente, spiega Centonze, “consiste nel fatto che i baby-boomers vanno a caratterizzare l’anima più evoluta del digital shopping, ovvero l’e-shopping”.

 


La spiegazione più consona, che giustifica tale realtà, deriva da un lato dalla crescita senza sosta del mobile, da intendersi sia in termini di intensità di utilizzo che di capacità dello stesso di far entrare le persone all’interno del digitale; dall’altro nella trasformazione mediale subita dalla tv, la quale, divenuta “on-demand”, ha modificato la percezione del suo utilizzo che, oggi, per l’appunto, si rivela essere molto più simile a quello di Internet, con un tasso di crescita di utilizzo pari al +33% rispetto al 2017.

 


Non ci dovremmo meravigliare se oggi, quindi, la multicanalità sia divenuta sinonimo di “everytime, anywhere e da qualsiasi device”, permettendo così di parlare di convergenza, ormai avanzata, tra on-line ed offline. Il digital shopping è un fenomeno che sta riducendo sempre di più il gap tra showrooming ed info-commerce, dimostrando, dunque, che l’utilizzo dei diversi canali, digitali e non, porti ad una progressiva integrazione del ruolo degli spazi di vendita e di comunicazione. Sebbene ciò consenta la diffusione di percorsi ibridi di acquisto, che frammentano il bisogno del consumatore e, di conseguenza la domanda sul mercato, si intuisce, però, che ogni canale di vendita diventa uno spazio di relazione e comunicazione tra cliente e brand. La crescita dello showrooming, conferma questo progressivo cambiamento del ruolo del punto vendita, che diventa sempre più uno spazio di interazione anziché un touchpoint di solo acquisto.

 


Internet, dunque, è da considerarsi ormai come il mezzo di informazione d’eccellenza, che riduce l’asimmetria informativa tra domanda e offerta, facilita il confronto dei prezzi e rende sempre più frequente la condivisione in rete della soddisfazione/insoddisfazione del cliente sulle sue esperienze d’acquisto.

 

Dunque, se questo è lo stato dell’arte della multicanalità, si comprende come oggi, alle aziende, si richieda uno sforzo di programmazione ed integrazione delle risorse a loro disposizione molto elevato, che sappia porsi al di là delle criticità e sappia dare una risposta semplice ma efficace alle esigenze dei nuovi consumatori, divenuti sempre più impazienti e always on-the-go.
Di seguito verranno presentate alcune case histories che spiegano i nuovi passi in avanti che gli attuali players del mercato stanno compiendo in ottica di integrazione multicanale di tutti i possibili touch-points marca/cliente.

 

 

Case histories
Il primo caso, illustrato da Marcella Minotti, Head of Media, Digital Italy and Greece per Reckitt Benkiser, si focalizza su come la pianificazione multicanale cerchi di integrare le competenze di business marketing, comunicazione e digital innovation. Il loro caso ha visto la collaborazione con Amazon, il noto leader delle vendite e-commerce, con l’obiettivo di generare traffico verso le proprie pagine-prodotto dei brand Durex, Scholl e Finish.

 

Per ottenere dei risultati in linea con il loro target, hanno declinato la loro strategia di target audience in tre attività principali: incremento dell’awareness sulle loro pagine prodotto, partecipazione agli eventi più noti organizzati da Amazon e in ultimo l’impiego di una strategia di branded content. Per raggiungere gli obiettivi di awareness sono state effettuate azioni ad hoc, comunicate direttamente al cluster di clienti interessati e creando, di fatto, occasioni d’uso che potessero incrementare le visualizzazioni del prodotto sulla pagina; per l’aumento delle vendite, invece, sono state effettuate delle call to action specifiche per la propria target audience.

 

Il risultato è stato un aumento di queste ultime del più 30% rispetto allo scorso anno. Nell’ambito degli eventi organizzati da Amazon, come il Prime Day o il Black Friday, si è cercato, invece, di comunicare in maniera chiara il risparmio che di fatto è il movente principale degli acquisti effettuati in tali occasioni. Con Finish, durante l’ultimo prime day, è stato raggiunto un buon risultato per la terza volta consecutiva, essendo stato il prodotto più venduto.
In ultimo, con la strategia di branded content si è deciso di adottare un utilizzo strategico delle customer review rilasciate su Amazon nelle loro pagine prodotti per creare, poi, uno spot televisivo che le contenesse tutte e che illustrasse tutti e 5 i prodotti presenti sulle pagine del sito di e-shopping. Lo spot è diventato il contenuto di una pagina dedicata, che ha permesso, dunque, di registrare un aumento delle vendite del più 30% rispetto allo scorso anno.

 

 

Sulla stessa lunghezza d’onda, si riporta l’esperienza di marketing e comunicazione multicanale avviata da un altro grande player sul mercato internazionale rappresentato da Davide Ticconi, Head of Business Development Strategy for Western Europe di Mastercard.
Anche questa case history presenta una collaborazione con Amazon volta a “sfruttare” l’ampia customer base del colossal, per trasmettere a quanti più users possibili i loro valori/obiettivi di sicurezza, protezione e affidabilità delle carte MasterCard.

 


Il primo circuito, con cui hanno declinato concretamente tali valori, è denominato ‘card-on-file’, sistema attraverso il quale è possibile registrare il codice della propria carta, nell’ambito del primo acquisto su Amazon, e poi riconfermarlo per tutti gli acquisti successivi. La praticità, per il gruppo, è sinonimo di precisione ma anche di sicurezza e garanzia di protezione delle carte che vogliono dare a tutti i loro clienti, sia attuali che potenziali. A tal proposito, infatti, alla fine del 2017, lanciano uno spot di 30 secondi che illustra in modo molto semplice una loro feature detta “global-liability” che si presenta come strumento di garanzia totale per gli acquisti on-line e che rimborsa dell’intera somma dalla quale eventualmente si potrebbe essere frodati tramite gli stessi. L’awareness e la consideration verso le loro carte, dopo lo spot, ha riscontrato una notevole comprensione del messaggio tant’è che è pari al 70% la percentuale di individui, che dopo aver visto il video, sarebbero interessati ad acquisire una loro carta.

 

 

Chiude il ciclo delle case histories Giuseppe Di Franco, Group Executive Vice President, CEO Central Western Europe & Italy di Atos.
Il suo contributo getta uno spotlight importante sul tema della multicanalità e della trasformazione digitale del mercato in relazione ai grandi eventi sportivi di cui Atos è partner dal 1992, ovvero il Comitato Olimpico. Proprio perché l’evento “Olimpiadi” ha una risonanza mediatica molto forte, e una complessità organizzativa altrettanto elevata, si richiede massima precisione e attenzione nel programmare e poi presidiare la sicurezza sotto tutti i punti di vista, primo tra tutti quello digitale in ottica multicanale tenendo dunque conto della connessione e integrazione di tutti i touchpoint che l’evento presenta.

 


Se si pensa infatti che, per ogni olimpiade, si ricevono circa 400 incursioni hacker al secondo, 300mila accreditamenti da tutto il mondo, 4 miliardi di viewers, 25 mila media coinvolti nonché commenti istantanei sui social come twitter, si comprende come il tema della pianificazione di marketing, comunicazione e digital diventi importante in un contesto aziendale molto complesso, dove appunto l’enorme quantità di dati presenti devono essere elaborati e ritrasformati in modo comprensibile per tutti.

 

 

Riflessioni conclusive

Il professor Giuliano Noci, ordinario di Strategia e Marketing del Politecnico, in chiusura dell’incontro ha sottolineato come oggi sia necessario per le aziende agire in ottica di precisione e di efficienza, in un contesto frammentato e con consumatori sempre più impazienti. L’obiettivo diventa saper trasformare le informazioni sui clienti in conoscenza. Il vantaggio competitivo parte, dunque, dall’osservazione in-store del comportamento d’acquisto e le tecnologie altro non devono fare che semplificare il processo d’acquisto ottimizzando i tempi del cliente.

 

(Ph. Rossella Monterisi)

 

 

L’azione diventa strategica soprattutto per i retailers, che devono saper raccogliere le informazioni rilasciate dal cliente nel fisico e saperle trasformare in conoscenza dello stesso; bisogna andare direttamente nello showroom perché è lì che si concentra l’attenzione massima, migliorando il layout e la sistemazione a scaffale di quel prodotto. Il punto fisico diventa un medium potentissimo, un vero e proprio spazio di comunicazione e relazione perché in grado di trasformare l’attenzione da bene scarso a risorsa strategica competitiva.

 

Rossella Monterisi, 26 anni studentessa in Marketing e Comunicazione aziendale presso la facoltà Cimo dell’Università Cattolica di Milano. Laureanda in sociologia e antropologia dei media con una tesi in comunicazione interculturale, ama conoscere l’arte, la cultura e la comunicazione in tutte le sue forme e linguaggi. 

Contatti: monterisirossella@libero.it e LinkedIn
 

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