La musica come leva di marketing: i sound logo più famosi, dal BA DA BA BA BAH di McDonald’s al TUDUM di Netflix
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La musica come leva di marketing: i sound logo più famosi, dal BA DA BA BA BAH di McDonald’s al TUDUM di Netflix
08/02/2022

MUSIC

Dalla scelta della giusta colonna sonora a jingle che rimangono nella testa dei consumatori per generazioni, la musica ha sempre rappresentato una componente importante della pubblicità. Analizziamo due “sound logo” così famosi da essere riconoscibili anche nella propria forma silenziosa.

Da sempre la musica accompagna la pubblicità o, come scriveva Jean-Rémy Julien, questo avviene almeno dai tempi dei gridi medievali. I sound logo sono il più recente “grido” di marketing, che accompagna la comparsa del logo dell’azienda alla fine di un filmato pubblicitario o che evoca il logo della mente degli ascoltatori degli annunci audio, accompagnando l’eventuale payoff. Due esempi tra tutti, McDonald’s con il proprio BA DA BA BA BAH e Netflix con il più recente TUDUM.

Da una parte ci sono le canzoni che diventano “tormentoni estivi” (come ad esempio il caso della hit di Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti “Mille”, di cui parliamo all’interno di un nostro recente paper) anche grazie alla frequente programmazione negli spazi promozionali, offerti dalla televisione, dalla radio e dalle piattaforme digitali. Scegliere la giusta colonna sonora è importante per trasmettere al pubblico emozioni legate a un determinato prodotto, o per rafforzare il messaggio che il brand vuole comunicare, aumentando anche il ricordo nella mente dello spettatore (o dell’ascoltatore).

Dall’altra parte ci sono i classici “jingle” che accompagnano, fin dai primi spot pubblicitari in televisione, la presentazione del prodotto. La musica, grande protagonista durante Carosello, ha continuato a caratterizzare la pubblicità anche negli Anni ’80 e ’90. Gli spot di quegli anni erano spesso caratterizzati da proposte in musica, che ancora adesso a molti risulterà difficile leggere senza canticchiare: «Ta-taa ta-tabu!» (liquirizia Tabù, 1986), «Malizia profumo d’Intesa!» (deodorante Malizia, 1986), «Alle morbide Fruit Joy, tu resistere non puoi…» (caramelle gommose Fruit Joy, 1988), «Con Crystal Ball ci puoi giocare – Crystal Ball – e tante forme puoi inventare…» (gioco Crystal Ball, 1989), «…con quel gusto di cacao che ti tira un po’ su, puoi partire alla grande anche tuuuu!» (Kinder Colazione Più, 1989), «Always Coca-Cola» (Coca-Cola, 1993).

Altri jingle sono invece più recenti, come la domanda retorica «Chi Chi Chi pulisce più di Chanteclair?» proposta negli spot del noto smacchiatore sulle note della “Danza delle sciabole” del compositore armeno Chačaturjan. Oppure sono rimasti ancora in uso dall’azienda, attraverso i decenni e le generazioni, come il celebre «Quante cose al mondo puoi fare?» cantato inizialmente da Mina per Cedrata Tassoni e poi inciso nuovamente con altre voci femminili.

La musica non serve solo a rafforzare un messaggio pubblicitario. Per sottolineare la brand identity alcune aziende hanno scelto particolari jingle, che aggiungono una sonorità al logo: possiamo quindi parlare a tutti gli effetti di sound logo (talvolta anche audio logo), ovvero marchi sonori. Il sound logo compare spesso nelle “outro” degli spot televisivi insieme al logo aziendale, rafforzandone la firma aziendale. Negli annunci radiofonici o trasmetti attraverso piattaforme di streaming musicale il suono del brand sostituisce a tutti gli effetti l’immagine grafica. Se nella mente dell’ascoltatore è già ben chiara l’identità della marca, il sound logo può rafforzare anche l’eventuale payoff.

Interessante è come nella mente delle persone un suono famoso diventi riconoscibile, ma lo è ancora di più comprendere come possa essere sfruttato come ulteriore leva di marketing dalle aziende perfino nella sua trascrizione “silenziosa”, come è avvenuto per il BA DA BA BA BAH di McDonald’s e il TUDUM di Netflix.

Che suono ha “I’m lovin’ it”?

Uno dei più famosi è quello di McDonald’s riconoscibile in tutto il mondo in qualsiasi arrangiamento proposto. Per un approfondimento sull’evoluzione del marchio, rimandiamo alla sezione Logo Tales.

Il sound logo “I’m lovin it” venne introdotto nel 2003, su suggerimento dell’agenzia tedesca “Heye & Partner” nella formulazione Ich liebe es (letteralmente: I love it, lo adoro) e successivamente arrangiato per la campagna internazionale dalla Mona Davis Music Company.
Per entrare nella testa dei consumatori, un jingle ha bisogno di essere ascoltato molte volte. Per questo, per supportare il lancio negli Stati Uniti e su scala mondiale di questi nuovissimi payoff e sound logo, venne chiesta la consulenza di Pharrell Williams, che suggerì il coinvolgimento di Justin Timberlake.

Fu così realizzato un insolito product placement nel singolo “I’m lovin it”, inserito nell’album dell’artista come un normale brano in playlist. Non solo il payoff dell’azienda era stato utilizzato come titolo della canzone, ma tra un verso e l’altro – si riescono a riconoscere chiaramente le note del BA DA BA BA BAH di McDonald’s. Il brano doveva volutamente sembrare una normale hit di Timberlake. Solo dopo essere entrato nella testa degli ascoltatori, è stato collegato alla campagna di comunicazione del colosso del fast food.

Questo non è il primo caso nella storia di sound placement. Risale agli Anni ’70 un “imprevisto inaspettato” che segnò la storia della comunicazione di Coca-Cola (come riportato sul sito web dell’azienda).

La storia (pubblicitaria) racconta che migliaia di affezionati spettatori contattarono le emittenti radiofoniche chiedendo di poter ascoltare la canzone “I’d Like to Buy the World a Coke”, scritta e utilizzata per la campagna pubblicitaria. Recentemente tornato argomento di conversazione perché utilizzato nella scena finale della Serie TV “Mad Men”, lo spot (noto come “Hilltop”) è certamente annoverabile tra quelli più iconici mai realizzati.

Tornando a McDonald’s, la canzone di Timberlake non sembrava del tutto adatta a coinvolgere il pubblico (adolescente) abituato a sonorità diverse. Pharrell Williams propose quindi in una versione dal ritmo hip hop con la voce del rapper Pusha T, che recentemente ha risollevato la questione attraverso i propri canali social rivendicando la “paternità” del famoso jingle.

I più attenti osservatori sicuramente scorgeranno nelle scene dello spot anche il cantante Justin Timberlake.

I sound logo sono diventati di uso comune per comunicare la brand identity soprattutto nel settore automotive (rimandiamo alla sezione Logo Tales per un approfondimento su Volkswagen e su Hyundai) o nell’informatica (si veda l’approfondimento sul logo di Intel). I branded sound possono coinvolgere anche altri aspetti della comunicazione del brand, non solo il logo. Ad esempio, siamo in grado di distinguere un sistema operativo in base al suono delle schermate di accensione o a quello dei messaggi di errore.

TUDUM, il suono delle emozioni

Passando all’attualità, è interessante parlare dell’ultimo spot di Netflix “Tudum Stories”, programmato in Italia durante il Festival di Sanremo 2022.

A tutti gli utilizzatori della piattaforma in streaming è certamente noto il caratteristico suono che accompagna la formazione del marchio sullo schermo, dalla prima N rossa al logo completo “NETFLIX”. A dire il vero, l’onomatopea TUDUM era già utilizzata dall’azienda, ma non era ancora nota al (grande) pubblico. “Tudum” è infatti anche il nome del blog di Netflix, lo spazio dedicato ai fan di film e serie, in cui l’azienda pubblica notizie e aggiornamenti a livello internazionale: www.netflix.com/tudum

Nello spot firmato Publicis Italia/LePub, il regista Alex Feil presenta normali slice of life, scene di vita quotidiana, che i protagonisti rileggono come incipit di un’avvincente serie o di un film che terrà tutti col fiato sospeso. TUDUM: basta una sola parola per aprire un mondo di emozioni, per richiamare alla memoria le volte in cui abbiamo riso, o ci siamo commossi o ci siamo semplicemente lasciati coinvolgere dalle storie raccontate dai nostri attori preferiti.

L’originale “Sounds like a good story is about to start” in italiano diventa “Quando una grande storia sta per iniziare, lo senti”, cercando di mantenere lo stesso gioco di parole con il richiamo sonoro e ponendo ancora più attenzione sul percepito dello spettatore.

“Ci sono storie, e poi ci sono storie così originali da essere capaci di sorprenderci. Perché non le abbiamo mai sentite prima, perché ci vengono raccontate in un modo diverso o anche perché pensavamo che nessuno le avrebbe mai raccontate. Solo queste vengono riconosciute dagli stessi spettatori in modo inequivocabile come Storie Netflix”

Netflix, comunicato stampa italiano.

Basta un rapido sguardo al feed dei canali social per rendersi conto del crescente successo della parola TUDUM: molti utenti la utilizzano nei propri discorsi per sottolineare – proprio come vuole il brand – momenti che stanno per diventare eccezionali, memorabili. Interessante sarà osservare se nel tempo questo sound logo verrà utilizzato anche in forma verbale in tutte le comunicazioni dell’azienda e se, a distanza di anni, questa onomatopea entrerà nel gergo comune o se si tratta solo di una moda del momento.

A cura di

Rebecca Rabozzi

Redattore Senior
Collabora con Brandforum.it dal 2009

Docente di Content Marketing, Digital Communication & Social Selling e cultore della materia per il corso di "Storia e linguaggi della pubblicità" della Prof.ssa Patrizia Musso presso l'Università Cattolica di Milano, dopo una lunga esperienza in agenzie pubblicitarie di calibro internazionale (tra cui Dentsu Aegis Network e Publicis Groupe), attualmente si occupa di Retail Marketing.

Vai al profilo LinkedIn: Rebecca Rabozzi

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